Che i Chrome Cranks siano stati una delle band essenziali del punk-blues americano degli anni 90 non mi stancherò mai di sottolinearlo.
La notizia della loro ricostituzione, fornitami da Peter Aaron, lead singer e frontman del gruppo e avvenuta nel primo scorcio dei 2000, mi ha riempito di gioia, alla stregua di un teenager.
Contemporaneamente ad alcune esibizioni, i Chrome Cranks hanno dato alle stampe "The Murder Of Time (1993-1996)", album antologico ad opera della piccola etichetta spagnola Bang Records.
Nel 2007 era uscito "Diabolical Boogie (1992-1998)", una doppia raccolta curata da Peter Aaron di singles, demos e rarities davvero molto esaustiva: per fortuna "The Murder Of Time" scava nell'archivio Cranks in altre direzioni, senza doppiare le scelte della precedente raccolta.
Ad esempio, tra i diciannove brani del disco sono compresi quattro live inediti: "Lost Woman", cover degli Yardbirds, e le incendiarie "Some Kinda Crime", "Burn Baby Burn" e "Hit The Sand" che li riconfermano in quegli anni al massimo di una forma brutale e feroce.
Peter Aaron geme, guaisce, strapazza le corde vocali e distorce le parole quasi ogni brano fosse l'ultimo della sua vita e volesse elargire le ultime energie rimastegli, sempre ricalcando i vocalismi dissonanti e sopra le righe di un Jeffrey Lee Pierce.
William Weber lancia le sue corde in una tempesta noise, sfiorando a più riprese le battute blues, ma abbandonandole sempre fatalmente. Jerry Teel e Bob Bert assicurano una ritmica oppressiva e lucida.
Attendendo un loro nuovo lavoro ci si può lasciare avvolgere dalla disperazione strascicata di "Heaven (Take Me Now)", esaltarsi agli estremismi emozionali di "Desperate Friend", stordirsi ai singhiozzi di "We're Going Down" e alla furia cieca di "Driving Bad".
10/09/2009