Svezia, terra di caldo torpore ambientale, soffici distese di neve e freddo pungente. L’avventura di Sally Shapiro prende il via da Göteborg, città natale di lei e del suo collaboratore e compositore Johan Agebjörn. A tre anni di distanza dal discreto successo del singolo “I’ll Be By Your Side” e del conseguente album “Disco Romance”, l’attesa per un seguito tanto succoso era salita a dismisura. L’uscita di “My Guilty Pleasure” è rimasta in sordina, perché prodotto di nicchia e desueto dal punto di vista stilistico. Chi vuole ancora ascoltare arabeschi italo-disco, plastica synth-etica d’epoca e ardenti profumi house-pop? Nonostante tutto ciò, siamo di fronte a un solido progetto musicale palpitante, la cui passione trasuda da ogni frangente, a prescindere da gusti, giudizi o considerazioni extra-musicali.
L’atmosfera quasi angelica dell’opera riflette il carattere dell’artista, estremamente timido e riservato.
A tal proposito vale la pena citare l’aneddoto riguardo la ritrosia dell'artista nel rilasciare interviste e presentarsi davanti al pubblico. La sua musica è un bocciolo colorato sfavillante, mai completamente dischiuso, tremante di folgore incontenibile. Melodie dolciastre e martellanti, ritmi al limite del techno-pop, dolcezza e profusione di grazia. Il contrasto fra l’aspetto ritmico e passionale e la misura elegiaca di “My Guilty Pleasure” genera una sensazione di piacevole straniamento, al punto da non riuscire a definire una decisa presa di posizione nei confronti di canzoni che paiono sfuggire e riconciliarsi senza freno.
Una commistione d’intenti dancefloor vellutata e mai invasiva. E’ tutta una danza mielosa di colorazioni sbarazzine al synth (“Looking At The Stars”), fantasiose sinapsi con il beat a salire su giostrine metropolitane (“My Fantasy“), impalpabili fraseggi sintetici rigorosamente anni Ottanta (“Moonlight Dance”).
Le tiepide effusioni vocali della Saphiro indurrebbero in apparenza a un ascolto fugace, ma è proprio nella morbida simbiosi voce-ritmo che il disco espande la sua candida seduzione. “Save Your Love” potrebbe sostare nei juke-box di Tokyo, così come in quelli della vecchia riviera. Fra balzi gommosi con tastiere caracollanti ad accompagnare (“Love In July”) e divagazioni deep-house (“Let It Snow”), la giostra continua a girare splendendo rigogliosa.
L‘inebriante giretto armonico di “Dying In Africa” aggiunge altro zucchero nella tazza, prima che la conclusiva “Miracle” non induca la nostra fantasia e il nostro ricordo a una Diana Est in escursione nordica. Applåder!
08/02/2010