Babybird

Nomen omen vien da insinuare, in maniera forse un po' galeotta, al cospetto di un ritorno maldestro come quello dell'inglese Stephen Jones, più noto al pubblico come leader dei Babybird, marchio attivo ormai, tra alterne fortune, da quasi un ventennio.

Nato artisticamente in quel di Sheffield come una sorta di Ariel Pink ante litteram, artigiano naif dell'home-recording più incallito, il nostro uomo conobbe poi (complice anche una bottiglia di acqua minerale) un successo non trascurabile, in pieno giubileo britpop, grazie alla smash hit "You're Georgeous", contenuta nell'album campione d'incassi del 1996 "Ugly Beautiful" (da recuperare).
Da allora: vendite in calo, licenziamenti da parte di etichette in bancarotta, scioglimenti livorosi, colonne sonore, reunion a tre (nel 2006) e un piacere tutto speciale per l'autodistruzione che mai, in fondo, ha smarrito completamente il dono di sublimarsi in canzonette serene e gentili come la summenzionata.

Forte di una voce da crooner naturale, un po' Richard Hawley senza spleen ("Beautiful Haze"), un po' vecchio zio di certo Chris Martin meno imbolsito (sentite "Not Love", dalle parti anche dell'emulo Cherry Ghost), Jones perde tuttavia il guizzo vincente in un disco troppo lungo e monocorde, con la pancia piena di canzoni indigeste fino a scoppiare, enfatico e colloso oltre ogni più lecito sentimentalismo (che cos'è "Can't Love You Anymore"?), anche e soprattutto quando cerca vecchi barlumi di madchester ballereccia che sbiadiscono ben presto in parodia col fiatone dei Kasabian ("I'm Not A Killer").
Gli anni Novanta, questo si sa, sono ormai più lontani da noi della fine del mondo. Qualcuno lo vada a spiegare anche a Stephen Jones, per cortesia.

Nell'iniziale "The Jesus Stag Night Club" si ritrova la chitarra elettrica del fan d'eccezione Johnny Depp, se può consolarvi.  

01/12/2011