Maria W Horn

Epistasis

2019 (Hallow Ground)
modern classical, sperimentale

Un anno fa era ancora decisamente troppo presto per inquadrare appieno una figura enigmatica come quella della sound artist svedese Maria W Horn. Non che l’esordio “Kontrapoetik” (Portals Editions, 2018) mancasse di delinearne le sinistre predilezioni tematiche e musicali: ma la successiva esibizione al LOST Festival, presso il Labirinto della Masone, ne ha disvelato un potenziale molto più diretto e soverchiante nel raggiungere saturazioni elettroniche ai limiti dell’assordante.
In questo senso “Epistasis” – passaggio alla già affermata Hallow Ground – non sembra completare il quadro quanto piuttosto aprire un ulteriore orizzonte possibile, che si allinea idealmente al versante più umbratile della corrente modern classical, sfiorando in certi casi il minimalismo drone.

Ma non c’è esercizio più arduo dell’apparire semplici: dietro l’esile impalcatura delle quattro tracce si celano infatti un concettualismo e un modus operandi all’avanguardia che, pur confluendo in un Lp d’assoluta coerenza, in origine traggono la loro ispirazione da ambiti diametralmente opposti. Ne sono la dimostrazione i due brani fulcrali: da un lato la title track, composta per doppio quartetto d’archi, segue una progressione lenta e graduale progressione armonica derivata dalle grevi tonalità del primo black metal, sottocultura che negli anni Novanta marchiò a fuoco (in senso non soltanto figurato) la società scandinava; la lunga partitura per due organi ed elettronica “Konvektion”, d’altro canto, si rifà al tintinnabuli teorizzato e magnificamente messo in pratica da Arvo Pärt con un alterno sovrapporsi di accordi tetradici il cui tempo è scandito dalla naturale respirazione dei due esecutori, e cui risponde in sottofondo un’esile onda corta che avvicina ulteriormente il brano alle liturgie immote della rampante Sarah Davachi.

I due brani complementari che racchiudono i summenzionati – “Interlocked Cycles”, parte prima e seconda – ne rappresentano la controparte “disumanizzata”: l’esecuzione è infatti affidata al Disklavier, pianoforte classico con l’aggiunta di parti elettromeccaniche che, attraverso una pre-programmazione, “agiscono” in autonomia la partitura; lo si avverte nel netto e distaccato susseguirsi dei tasti premuti, la cui risonanza si spegne improvvisamente al rilascio degli stessi per via dell’assenza di sustain col pedale.
Anche qui lo strumento è accompagnato da una flebile traccia realizzata con il software di sintesi audio SuperCollider, dove Horn opera una impercettibile modulazione di fase per intervenire sull’ampiezza delle frequenze. Si viene a creare, insomma, un interessante scarto fra la matrice melanconica della composizione e il suo compimento puramente artificiale, uno scollamento che vanifica ogni possibilità di apporto creativo e sentimentale che ne proverrebbero da un interprete in carne e ossa.

Le atmosfere, in verità, nel complesso non si discostano molto dall’immaginario para-sacrale del predecessore: evidentemente, al netto della curiosa partecipazione alle sedute di una setta anticlericale e ultra-femminista, Horn intrattiene una relazione fortemente interessata con i tropi sonori della tradizione sacra, benché il suo peculiare anelito alla trascendenza derivi soltanto dal potere evocativo dell’esito musicale nella sua forma compiuta.
Pur offrendo suggestioni di apprezzabile introspettività, “Epistasis” si profila come uno di quei progetti che assumono spessore conoscendone la genesi, ma che altrimenti poco aggiungono al discorso strettamente “linguistico” della composizione contemporanea. È piuttosto, questo sì, il segnale di una sete di sperimentazione che porterebbe Maria W Horn molto lontano, qualora lavorasse a una più ardita controtendenza espressiva sulla scia dell’ancor fresco debutto.

29/10/2019

Tracklist

  1. Interlocked Cycles I
  2. Epistasis
  3. Konvektion
  4. Interlocked Cycles II

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