Minimal Man

La poetica della disgregazione

Nati tra le brume della San Francisco post-punk di fine anni 70-inizio 80, i Minimal Man di Patrick Miller hanno attraversato per intero la stagione della new wave percorrendo strade impervie, raramente accompagnati dall'attenzione di pubblico e critica. È giunta l'ora di riscoprirli

di Antonio Ciarletta

È persino troppo semplice dissertare della scena post-punk di San Francisco, che tra la fine degli anni 70 e l'inizio degli anni 80 partorì alcune delle formazioni più rivoluzionare della new wave tutta. Quei suoni e quegli immaginari hanno subito un processo di rapida storicizzazione, analizzati con dovizia di particolari da riviste, siti e pubblicazioni di vario genere. Di più, le formazioni che hanno scosso le viscere della scena - per inciso uno dei punti di non ritorno della cultura alternativa americana - sono citate un giorno sì e l'altro pure da chi a torto o ragione crede d'essere legittimo depositario di quelle istanze. Se in Inghilterra la sperimentazione post-punk vedeva impegnati corazzieri del calibro di Cabaret Voltaire e Throbbing Gristle, meno illuminata dai riflettori della stampa, nonostante le trovate da cortocircuito informativo dei Residents, l'avanguardia rumorista d'Oltreoceano sviluppò i propri linguaggi sincretici prevalentemente nella Bay Area. Collaboratore di Throbbing Gristle e Factrix, e artisticamente attivo a San Francisco in quegli anni, il performer Monte Cazazza rappresentò la liaison tra questi due mondi animati dalle medesime fascinazioni artistoidi e controculturali. Sommariamente: derive proto-situazioniste, repulsione per il sistema, complottismo d'accatto, arte performativa, teorie sul controllo mentale, multimedialità, comunicazione deviata, quando non necrofilia, e ovviamente nichilismo estremo.

Favorita dall'atmosfera cupa e decadente di alcuni quartieri del centro cittadino, la scena post-punk di San Francisco poteva contare su un buon numero di teste pensanti in azione al momento giusto nei posti giusti. Locali come il Cafè Flor, il Deaf Club, il Mabuhay e il Temple Beautiful rappresentarono un contesto ideale per lo scambio di cultura, diventando ritrovo di musicisti, cineasti, attori e performer di vario tipo. Ralph e Subterranean Records raccolsero quel fermento agendo da cassa di risonanza.
Se nell'altra capitale della musica alternativa americana, New York, i musicisti si muovevano tra loft e locali rock di bassa lega, abbeverandosi contemporaneamente da subculture e culture alte, sviluppando così quell'originale commistione di codici che costituirà uno di cubi di Rubik del rock statunitense del dopo new wave, la scena post-punk di San Francisco veleggiava, anzi sprofondava, nei liquami di linguaggi oscuri e devoluti, a volte provocatoriamente osceni. La freakeria elevata a essenza, stile di vita e musica. I retaggi della stagione psichedelica, il proliferare di fanzine musicali (RE/Search, Search And Destroy, Damage), la relativa permissività dell'amministrazione locale, costituivano indicatori incontrovertibili del grado di fermento artistico che si respirava in città. Coeva, su circuiti paralleli e solo occasionalmente intersecanti, agiva la comunità punk e hardcore della Bay Area, anche qui animata da band importanti come Dead Kennedys, Avengers, Nuns. In mezzo i Crime.

In questa San Francisco d'altroquando, abitata da un manipolo di disadattati e eretici dell'arte, Patrick Miller diventò uno degli eroi più influenti, rispettati, per quanto misconosciuti della scena. Miller nacque a Glendale nel 1952. Studente d'arte e design alla Sonoma State University, si spostò a San Francisco nei tardi anni 70, dove trovò l'atmosfera adatta per dare concretezza alle sue visioni anti-artistiche. Con un nome ispirato dai residenti a basso reddito del distretto di Fillmore, Minimal Man fu un progetto inizialmente concepito come strumento per produrre colonne sonore destinate ai film amatoriali di Miller.
In città  Miller entrò in contatto con i tipi della Subterranean, con i Tuxedomoon e con i futuri Factrix Bond Bergland, Cole Palme and Joseph T. Jacobs. I quattro suonarono insieme per un periodo sotto la sigla Minimal Man. Si dice avesse un carattere difficile, Miller, da alcuni descritto come un uomo solitario, animato da un profondo spirito antagonista. A parziale conferma del fatto, la divergenza di opinioni avuta con Palme, Bergland e Jacobs, che portò alla nascita dei Factrix da una parte, e dall'altra definì il progetto Minimal Man come il prodotto solitario e misantropico dello stesso Miller.

Antimusica. Dopo le prime leggendarie esibizioni al Deaf Club, un critico musicale definì antimusica le allucinanti e fredde pastoie post-punk dei Minimal Man, costituite da un coacervo di urla, synth e suoni catramosi provenienti da montaggi di nastri preregistrati. E c'è da crederci, vista la qualità delle registrazioni in studio. Ecco, nonostante la scena di San Francisco abbia ricevuto ampia trattazione, nonostante la ristampa di qualcuno dei loro dischi e l'onnipresenza del web, i Minimal Man ancora faticano a trovare il giusto riconoscimento (postumo), oltre la ristretta sfera di appassionati. Forse è anche normale sia così, vista la forte connotazione "dark industrial" (con molte virgolette) del loro suono. Non sarebbe giusto se alla base di ciò vi fosse una scarsa considerazione della proposta di Miller, almeno dei primi album. L'oblio silenzioso che ha ammantato la sua figura è stato per certi versi il medesimo che ha colpito un altro personaggio cruciale della San Francisco di fine anni 70, quel Ricky Williams fondatore di Sleepers e Toiling Mindgets, oltre che membro delle nelle prime incarnazioni di Crime e Flipper. A dire il vero nel caso di Wiliams il tempo si è dimostrato galantuomo.

Meno influenti dei Chrome, meno geniali dei Residents, meno trascinanti e tracimanti dei Flipper, meno estremi dei Factrix, non sufficientemente artistoidi come i Tuxedomoon, i Minimal Man coniarono un suono mediano, capace di coniugare le istanze sperimentali delle avanguardie del rumore estremo (Monte Cazazza, Factrix) con un appeal melodico non di poco conto, che emergerà soprattutto nel periodo europeo di Miller.
La sfibrante cupezza dei Minimal Man degli esordi strizzava l'occhio alla New York negativa dei Teenage Jesus And The Jerks. Ancor di più, The Shroud Of preconizza alcune caratteristiche del suono dei primi Swans, e di più, la sua vena ferocemente tribaloide delinea somiglianze con uno dei gruppi preferiti di Gira, i Circle X.

Composte da un trio formato da Miller, Andrew Baumer (basso, sax) e Lliam Hart (batteria), con in aggiunta una serie di altri musicisti - tra cui spiccava Steven Brown dei Tuxedomoon (al sax) - le tredici tracce di The Shroud Of sprigionano lo stesso puzzo di cadavere putrefatto emesso da Scheintot dei Factrix. Qui il post-punk dei Minimal Man si ferma un attimo prima di sfociare nel noise puro, pur contemplando chiare venature industrial nei ritmi e soprattutto nei processi compositivi.
The Shroud Of
è Burroughs sintetizzato in orrendi montaggi di rumori malsani, suoni che evocano immagini disturbate e discariche radioattive. La voce di Miller risuona sorda, come fosse stata registrata in una stanza imbottita d'ovatta. Le sua urla marziali e sconnesse rendono l'atmosfera ancor più alienante, mentre le scudisciate di synth - per quanto orrendamente deturpate - costituiscono tra i pochi elementi in grado di tratteggiare un abbozzo di linea melodica.
Minimale e volutamente lo-fi, il suono di The Shroud Of si mostra angosciosamente ripetitivo, ossia costruito su pattern di rumore replicati con cadenza ossessiva. In quest'abisso di mediata furia primitivista si distinguono almeno un paio di pezzi dalle ombreggiature vagamente pop: "Now I Want It All" e l'iniziale "Loneliness" non avrebbero sfigurato nel repertorio dei Warsaw. L'inquietante copertina venne disegnata dallo stesso Miller.

"Per qualche ragione medici, farmacologi e infermieri sono attratti dalla mia musica"

Le nebbie impenetrabili di The Shroud Of iniziano a sbiadire con il secondo album, anticipato dal sette pollici Two Little Skeletons / Tired Death. Per quanto normalizzato nella produzione, meno estremo nell'approccio rumorista, e maggiormente votato alla forma canzone, l'ancora ottimo Safari mostra una carica di negatività e di cattiveria da far spavento. I pezzi si susseguono uno dopo l'altro come fossero un'unica marcia militaresca. Si tratta purtuttavia di canzoni, per quanto grezze e involute, con brandelli di ritornello e accenni di linee melodiche. La melma noise di The Shroud Of diviene elemento di contorno. Miller si serve di una vera e propria band, così la batteria entra decisa a scandire i ritmi, i riff di chitarra si fanno intellegibili, esibendo vaghi accenti funk che conferiscono alle composizioni un senso di ancora maggiore ritmicità. Il latrato involuto di Miller rimane invece intriso di noia e cattiveria.
È ancora un disco di puro disagio mentale e atmosfere plumbee, Safari, aggressivo e pesante. Nei pezzi punk-oriented ("You! You!", "Shadows Pay A Visit") i Minimal Man sembrano un ideale anello di congiunzione tra i Crisis di Douglas P. e Tony Wakeford e gli Swans. Sono ancora gli Swans - quelli del dopo "Children Of God" - a poter essere chiamati in causa laddove l'utilizzo espressionista delle tastiere ("Show Time", "2 Little Skeletons", "Pull Back The Bolt") rende il suono una sorta di carro armato dall'andatura ebbra.

Il 1985 è l'anno del cambiamento. Seguendo l'esempio dei concittadini Tuxedomoon, Miller si trasferisce in Belgio, ed entra in contatto con la fervente scena del luogo. Una scena parecchio attiva, animata da etichette come Crepuscule, Crammed, Antler, KK, Play It Again Sam, che avevano modo di ospitare protagonisti e seconde linee del post-punk britannico e americano. Anticipato dall'Ep Sex Teacher, Sex With God lascia trasparire un chiaro mutamento di prospettiva, evidentemente dovuto alla nuova atmosfera respirata in terra europea.
Il nuovo sguardo dei Minimal Man contempla rassegnazione più che aggressività e cattiveria. Il suono di Sex With God risente del post-punk di marca britannica e della coldwave belga e olandese. Le modulazioni sintetiche di "I Can See" e di "A Better World" sono in linea con quanto partorito da Cabaret Voltaire, Minny Pops, Klinik, mentre "To Hold You" lascia addirittura intravedere tentazioni ebm, genere molto apprezzato (e suonato) in terra belga, in quel periodo. Pulito per quanto impregnato di una tensione e di un'inquietudine subliminale, il suono di Sex With God apre a tratti squarci atmosferici di grande suggestione. Pare di ascoltare dei Minimal Compact appena appena più devianti nella bellissima e lancinante "He/She", dove la carica emozionale di Miller tracima da ogni singolo vocalizzo, nonostante l'apparente imperturbabilità del canto. Sulla medesima lunghezza d'onda "Sex Teacher", che recupera tuttavia l'andamento marziale dei primi Minimal Man. Detto senza mezzi termini, l'album è un gioiellino.

Pubblicato su Play It Again Sam nel 1986, Slave Lullabyes vede la partecipazione di Peter Principle e Luc Van Lieshout, dei Tuxedomoon. Il disco prosegue sui percorsi tracciati da Sex With God, anzi ne estremizza alcuni tratti. Se la meccanicità delle ritmiche tenta di recuperare l'approccio rumorista degli esordi, il canto perde di marzialità. A tratti compaiono archi e suoni sintetici sin troppo levigati. Pur presentando qualche buon pezzo, l'album si dimostra troppo eterogeneo, anzi tutt'altro che coeso. Senza trovare la quadra del discorso convivono insieme coldwave, minimal synth, industrial noise e post-punk più generico. Senza contare che la componente gotica prende pericolosamente il sopravvento in alcuni frangenti ("I Wish", "War At Nite").
Miller sembra confuso sulla direzione da intraprendere. La sensazione trova conferma nel successivo Hunger Is All She Has Ever Known. Se nel complesso il disco veleggia  nella mediocrità di un post-punk asfittico senza arte né parte, le aperture ambientali di alcune composizioni aprono la strada alle novità di Pure.

Pubblicato nel 1988, Pure lascia aperto più di qualche interrogativo sulla carriera di Miller, dimostrando come il signor Minimal Man si sia spesso trovato in perfetta sintonia con trend e tempi, talvolta giocando perfino d'anticipo. Glaciale e dal retrogusto metallico, Pure è né più né meno un album di isolazionismo così come sarà codificato negli anni 90 dai Lull di Mick Harris e dai Final di Justin Broadrick. Preveggenza? Coincidenza? Influenza? Difficile dirlo, fatto sta che le dieci tracce di Pure suonano così distaccate da gelare il sangue nelle vene. Il freddo entra nelle ossa e sembra non abbandonarti più. L'angoscia e l'alienazione lasciano spazio a una sensazione di isolamento.
Il disco è più che discreto magari non del tutto compiuto, ma in grado di guardare più avanti del tempo in cui fu concepito. Se vi capita di trovarlo non lasciatevelo scappare.

All'inizio degli anni 90 Miller torna in California. Abbandona il progetto Minimal Man e inizia a lavorare come arredatore. Dilaniato dai fantasmi personali e dall'abuso di droga, muore nel 2003 dopo aver contratto l'epatite c. Nel 2004 la Ltm ristampa The Shroud Of. Con un articolo sul New York Times Mr Neil "The Game" Strass ne commemora le gesta.

Minimal Man

Discografia

She Was A Visitor / He Who Falls 7"

The Shroud Of(Subterranean Records, 1981)

Two Little Skeletons / Two tired Death7" (Subterranean Records, 1988)

Safari (Cd Presents Ltd., 1984)

Sex TeacherEp (Fundamental, 1985)

Sex With God(Dossier, 1985)

Slave Lullabyes (Play It Again Sam, 1986)

Mock Honeymoon Ep (Play It Again Sam, 1987)
Hunger Is All She Has Ever Known (Play It Again Sam, 1988)
Pure (Ld Records, 1988)
Pietra miliare
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