Raggiungiamo la band campana in occasione di "Liburia Trip", album che trae linfa tanto dalle tradizioni della cosiddetta Terra Felix casertana, nota anche come Liburia o Terra di lavoro, quanto dall'elettronica, dalle musiche celtiche, armene e dal canto tradizionale di Torgeir Vassvik, il maggior ambasciatore della cultura Sami. Un disco unico nel suo genere, per un gruppo in costante viaggio.
Da dove nasce la suggestione di cantare e musicare la vita nelle campagne del casertano?
“Liburia Trip” è frutto di questi ultimi anni di lavoro e ricerca verso un linguaggio, sia sonoro che narrativo, sempre più ibrido. A partire dal 2009 i nostri dischi hanno cercato di avere un filo conduttore: quello dell’incontro tra culture, suoni e lingue diverse. Dopo aver toccato gran parte delle musiche e dei repertori dell’area celtica, e in particolar modo della penisola iberica, “Liburia Trip” segna un ritorno a casa, alla nostra terra e alle nostre radici, con una prospettiva e uno sguardo personali, senza alcuna pretesa di carattere filologico ed etnomusicologico. Non è musica tradizionale del Casertano e nemmeno una riproposizione: è semplicemente l’esigenza di esprimere la nostra visione attuale di questo territorio e di chi lo abita, non tralasciando il nostro background culturale/musicale sia individuale che di gruppo.
Paganesimo e arabismo quanto hanno influenzato la vostra musica?
Inevitabilmente le radici, la storia e le diverse declinazioni culturali del nostro territorio hanno influenzato in maniera netta l’aspetto compositivo, soprattutto narrativo, dell’intero disco. Il nostro sguardo sul passato, che è defluito in “Liburia Trip”, non è di tipo nostalgico, ma è semplicemente un osservare e testimoniare un processo inevitabile e continuo.
Per "Liburia Trip" avete usato registrazioni e interviste sul campo, sia d’archivio sia svolte in prima persona. Ci raccontate un aneddoto legato a questa esperienza che restituisca in qualche modo la vostra cifra emotiva?
Nell’intero lavoro compositivo, l’aspetto legato al racconto trova grande spazio. La narrazione che abbiamo cercato di strutturare ha avuto grande stimolo dai vari materiali raccolti sul campo, sia in prima persona che d’archivio. Il tutto ha trovato coesione con quelli che erano i racconti di infanzia, che la nostra memoria ha conservato sia dai nostri nonni sia da diversi anziani del paese. Nella traccia “E dopp’ n’anno” abbiamo deciso di inserire una testimonianza che più di tutte ci ha emozionato: la voce della memoria di Gennaro Montesano, che abbiamo avuto modo di conoscere qualche anno fa e che con le sue semplici e toccanti parole racconta con grande malinconia di un tempo ormai perduto in cui il verde, la natura e i campi di canapa hanno ceduto spazio e terreno al grande manto di cemento e calce che sempre di più invade i nostri paesi.
Non solo tradizione, popolare, ma tanta elettronica. Quando e come è venuta l’idea di fondere tutto?
Dopo un lunghissimo periodo in cui il nostro sound è stato principalmente legato a strumenti acustici, è nata negli ultimi anni la voglia di allargare le possibilità sonore abbracciando l’uso di nuovi media e nuove tecnologie. L’incontro con Andrea Laudante è stato fondamentale per iniziare questo lungo processo di sperimentazione. Il nostro continuare a ibridare linguaggi musicali che fino a qualche anno fa erano prettamente legati all’incontro di repertori diversi trova spazio in “Liburia Trip” soprattutto a livello sonoro e compositivo. L’idea iniziale è stata quella di avviare un processo di creazione e un sound completamente borderline in cui la linea espressiva oscillasse tra tradizione e attualità senza cadere troppo nell’uno o nell’altro.
"’A terra d’ ‘e mazzune" è dedicato alla fertilità e alla figura femminile della bufala. È un modo per esorcizzare la sempre meno fertile e martoriata Terra Felix, oggi, ahinoi, anche Terra dei fuochi?
Sì. Per noi questo brano rappresenta una sorta di inno al nostro animale totemico e femminile che più di tutti rappresenta la fertilità di questa terra. È sicuramente un modo per esorcizzare la devastata Terra Felix, che da decenni subisce il martirio legato alle questioni definite “terra dei fuochi” e dalla crescente cementificazione selvaggia che ogni anno rende sempre meno verde e vivibile questo territorio. Nell’ideazione e nella realizzazione dell’intero album abbiamo cercato di mettere da parte le complessità e le difficoltà del vivere tra periferia e degrado, focalizzando il messaggio sul ridare luce alla bellezza, storia e fertilità di questa terra: il tutto non in maniera museale e da riproposizione della tradizione ma creando, a partire dal passato e dalle radici, un nuovo universo narrativo e sonoro, in cui rituali, simboli e personaggi convivono con il presente, i nuovi media e l’elettronica. Con "Liburia Trip" proviamo a far nascere qualche fiore dal cemento, attraverso una resistenza culturale che portiamo avanti da diversi anni con la nostra musica e il nostro modo di vedere il mondo.
Dischi, libri, poesie, suggestioni che vi hanno accompagnato nei vostri viaggi.
La lista sarebbe molto lunga, soprattutto perché siamo tre musicisti provenienti da estrazioni musicali e culturali completamente diverse. Sicuramente le fonti comuni da cui abbiamo attinto per la realizzazione di questo progetto ricalcano diversi linguaggi, epoche ed esperienze diverse. Senza dubbio nel nostro background di gruppo emerge la passione e lo studio dei grandi pilastri dell'etnomusicologia italiana: da De Martino a De Simone, passando per la poesia dialettale - non per forza campana - come ad esempio le opere di Rocco Scotellaro, fino al cinema di Pier Paolo Pasolini, con il suo sguardo tagliente sulle periferie, sul mondo antico e sugli emarginati.
Quali sono i vostri riferimenti musicali
Musicalmente le influenze che abbiamo riversato in "Liburia Trip" provengono da diverse matrici, anche molto distanti tra loro: dalla musica elettroacustica e sperimentale fino alle varie ramificazioni della world music. Tra i riferimenti principali, sono da citare sicuramente personalità che vanno da Antonio Infantino a Rodrigo Cuevas, passando per i Csi, Brian Eno e Sakamoto.
“Essere di casa tra le cose e nel mondo che vivi. Questo è 'patria'”, le parole di Mario Rigoni Stern. Un patriottismo inedito, genuino. Ebbene, qual è la vostra idea di “patria”?
Per noi il senso di patria è legato inevitabilmente a quelle che sono le nostre radici culturali, linguistiche e alle dinamiche sociali che ci circondano. Allo stesso modo è anche un profondo senso di appartenenza alle memorie e ai luoghi in cui siamo nati e cresciuti e nei quali, nonostante le difficoltà legate alle numerose problematiche del territorio, crediamo di poter continuare a creare e seminare positività, anche e soprattutto attraverso l’arte e la musica.
So che avete viaggiato moltissimo e incontrato musicisti spesso negli angoli più remoti o dimenticati. Raccontateci uno di questi vostri contatti artistici/umani, magari quello che vi ha colpito di più.
In tutta la nostra produzione musicale l’aspetto legato al viaggio e alle collaborazioni con musicisti stranieri è stato sempre al centro della nostra attenzione ed è da sempre grande stimolo per conoscere e avvicinarci a tradizioni musicali diverse dalla nostra. In “Liburia Trip” abbiamo avuto il piacere di coinvolgere tra gli ospiti due grandi esponenti di tradizioni lontane e molto radicate che hanno accolto con gioia la nostra proposta e la nostra visione di musica. Checchinella, che ha interpretato la tradizionale “Chiagnuta ‘e Carnavale”, è una delle ultime voci della tradizione del basso casertano mentre nella traccia “Mater Matuta” è stato un profondo privilegio ricevere in dono un canto tradizionale eseguito da Torgeir Vassvik, il maggior ambasciatore della cultura Sami, antica tradizione musicale del nord della Norvegia. Da un lato, la scelta di Cecchinella è stata quella di portare una voce identitaria della nostra tradizione e rileggerla alla nostra maniera, mentre con Vassvik, che abbiamo conosciuto in occasione del Womex 2021 e con il quale è nata da subito una forte amicizia, abbiamo trovato un terreno comune sul modo di fare ricerca e sul modo di ricreare nel presente mondi e tradizioni che stanno cadendo nell’oblio.
Qual è il vostro approccio alla contemporaneità musicale e in generale, se c’è, anche alla musica mainstream?
Brigan è sinonimo di apertura totale senza alcun tipo di pregiudizio. Sicuramente quello che ci lega come gruppo è la costante curiosità nell’ascoltare qualsiasi cosa, cercando di assorbire il meglio da tutte le esperienze possibili. Per noi, l’ascolto è una fase fondamentale, un punto di partenza nel lungo processo di creazione di un proprio linguaggio e di una propria identità musicale.
Dove suonerete prossimamente?
Sabato 17 giugno abbiamo presentato il nostro disco a Napoli con un live all’ex Asilo Filangieri e nelle prossime settimane sui nostri canali social saranno comunicate le varie date dei successivi mesi.
(Foto di Riccardo Piccirillo)
Chiagnuta 'e Carnevale (feat. Cecchinella) (da Liburia Trip, 2023) |
Sito ufficiale | |