Brigan

Liburia Trip

2023 (Liburia)
electro-folk, global

Era ora di tornare a casa. Di togliere la polvere di dosso, lasciar sedimentare esperienze e anni di lavoro, respirare di nuovo aria familiare. E cominciare di nuovo a osservare, con maggiore acutezza, con tutta la sottigliezza che il contesto merita. D'altronde questo è suolo calpestato da millenni, la Terra Felix di latina memoria, meglio nota successivamente come Liburia o Terra del Lavoro, un suolo segnato da genti, simboli e tradizioni, in cui la memoria ha avuto gioco facile a tracciare collegamenti e riportare il passato al presente. Che quest'osservazione diventi studio, viaggio, è una conclusione ovvia; decisamente meno ovvia è la forma che questo esercizio assume.
Da Sant'Arpino, e quindi in lungo e in largo per il basso casertano, "Liburia Trip" è la più audace manifestazione creativa dei Brigan, terzetto dedito sin dal 2009 alla ricerca ed elaborazione dei più disparati linguaggi tradizionali. Qui però la tradizione è più lo spunto, la nota di diapason necessaria ad accordare un immaginario che si muove tra sogno ed eredità, antichità e stretta contemporaneità, in cui il tempo quasi si trasforma in variabile dispensabile. La prospettiva contadina, la canapa e la bufala, le occasioni di festa e le orazioni mariane: nel fornire una nuova collocazione a uno scrigno culturale millenario, l'operazione dell'ensemble trova nuovi significati, una dimensione tutta propria da cui raccontare, e quindi immaginare.

Immaginazione, sta qui il fulcro dell'intera collezione. Per quanto la storia e il racconto facciano valere il loro peso in ogni occasione possibile, arricchendo il viaggio di splendidi dettagli, Francesco Di Cristofaro, Andrea Laudante e Gabriele Tinto si sintonizzano su frequenze che rispondono a coordinate diverse, a raffigurare la rinascita elettrificata di un contesto che la crescente urbanizzazione del territorio ha progressivamente cancellato. Ben vengano i flauti, la tammorra, le gaite e il baglamas, è nello sposalizio con l'elettronica, però, che il Brigan-sound trae il suo vero nutrimento. Nessun riferimento alla folktronica di una ventina d'anni fa, nessun facile schema modernizzante applicato alla canzone popolare; l'intelligenza del quartetto fa sì che espedienti troppo scontati vengano prontamente accantonati, che a filtrare sia la natura purissima di un suono primigenio e presente allo stesso tempo, capace della più profonda contemplazione quanto di un'eccezionale carica fisica.

In questo viaggio, che sa accorpare sotto un unico tetto la Grecia e l'India, la Galizia e l'Armenia, passando per le interrogazioni arcane di Torgeir Vassvik (suo il joik che accoglie l'arrivo dell'alba nella cinematica "Mater Matuta") e il vivido celebrare di Cecchinella, tra le ultime voci rimaste della tradizione canora casertana (eccola, intensissima e divertita, sopra l'acuto droneggiare di "Chiagnuta 'e Carnavale", che invita il popolo per officiare i riti di passaggio da inverno a primavera) la Terra del Lavoro si presenta a noi anima e corpo, rinfoltisce i pascoli di un verde da tempo dimenticato, dona nuovamente i suoi frutti a chiunque li sappia ricevere.
La fatica e le ricompense della vita agreste vengono quindi illustrate con eccellente varietà d'approccio. Commovente è la testimonianza di Gennaro Montesanto, il ricordo di un territorio pre-miracolo economico e delle copiose coltivazioni di canapa, a introduzione delle lente scansioni bucoliche di "'E dopp' 'n anno", increspate di sofisticati aromi levantini. L'oro bianco, il latte della bufala diventato tutt'uno con il basso casertano, è il motore di "'A terra de mazzune", ode e danza di un animale dagli attributi sacri, immortalato con un inno che è allo stesso tempo liturgia pagana e dedica emozionata. La vite di Asprinio, la vite maritata su alberate di pioppo alte venti metri, apre e sublima una trilogia naturale di grande potenza, facendosi in "Alborada/ Asprinio" fuga strumentale, battito terrestre, e quindi canto di vita.

In questo lungo peregrinare, in questo ricreare un universo di valori e rituali oramai assorbiti dalla contemporaneità, ha perfettamente senso che la chiusura sia di carattere devozionale. Col tarhu di Peppe Frana ad accompagnare la melodia, "A Maria" è il segno del profondo legame della Terra del Lavoro col culto mariano, l'articolata semplicità di un rapporto col divino che in esso trova ascolto e comprensione. Solo così, con la dimostrazione dell'insondabile, poteva chiudersi un viaggio simile, la perfetta attestazione del potere dell'arte di muoversi a piacimento nel tempo e nello spazio, di dare nuova vita a quanto invece pareva averla persa. Si dice che la tradizione sia una novità che ha avuto successo. Chi lo dice che in questo mare di cemento il successo non possa risiedere altrove?

29/05/2023

Tracklist

  1. La scure
  2. Gira
  3. Alborada / Asprinio
  4. 'A terra de mazzune
  5. 'E dopp' 'n anno
  6. Mater Matuta (ft. Torgeir Vassvik)
  7. Magna
  8. Chiagnuta 'e Carnavale (ft. Cecchinella)
  9. Primavera
  10. A Maria (ft. Peppe Frana)


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