In occasione della pubblicazione di “Phonetics On And On”, atteso sophomore delle Horsegirl, abbiamo avuto il piacere di fare due chiacchiere con la batterista Gigi Reece, intenta a fare il bucato, chiedendole qualche curiosità sul cambio di sonorità intrapreso dal gruppo e sulla loro collaborazione con Cate Le Bon, produttrice dell’opera. A fronte di tutto questo, purtroppo i tempi non sembrano ancora maturi per riuscire a vedere a breve il trio su un palco italiano.
Ciao Gigi, rompo il ghiaccio chiedendoti come stai e come sta andando l’attesa della release di “Phonetics On And On”.
Grazie per avermelo chiesto, sto semplicemente passando una bella giornata facendo il bucato e l'attesa per “Phonetics On And On” è stata piuttosto intensa. Voglio dire, c’è molto da fare con la stampa, ma in realtà il mondo non ha ancora ascoltato il nostro disco e ci siamo fermate per più di un anno ormai, quindi sono davvero entusiasta che finalmente tutti possano sentirlo e che sarà accessibile a chiunque voglia ascoltarlo.
“Versions Of Modern Performance” era più orientato verso il noise di Sonic Youth e Yo La Tengo, nel nuovo lavoro prevalgono invece le influenze slacker e pop. Cosa vi ha fatto cambiare passo?
Penso che ciò che ci ha condotte lì sia stato il cambiamento naturale delle nostre vite, e che le canzoni del nostro primo disco fossero come una raccolta di tutto ciò che avevamo fatto nei nostri anni al liceo e come band al tempo. Credo che queste tracce siano state tutte scritte con l'intenzione di fare il nostro secondo album seguendo la scia del primo, e che sia stato davvero motivante avere in mente questa immagine finale.
Ascoltavate qualcosa in particolare durante la composizione dell’album?
Sì, ritengo che i nostri gusti musicali si siano espansi oltre quello che ascoltavamo al liceo, che in realtà era molto vicino al rock alternativo e all'indie-rock degli anni Novanta, che ovviamente amiamo da sempre. Credo che abbiamo esplorato nuovi territori, personalmente ho approfondito molto di più periodi simili prima di allora, ovvero musica degli anni Sessanta e Settanta; ascoltavo molto i Kinks, i Beatles e Bob Dylan, un grande per tutte e tre noi, in seguito anche indie-rock degli anni Duemila e del decennio scorso per riconoscere cosa abbia costruito quella scena musicale così com’è adesso. Come se non potessimo negare che facciamo parte dell'indie-rock contemporaneo, come se potessimo fare un disco che suoni come la musica degli anni Novanta, ma non lo pubblicheremo negli anni Novanta. Abbiamo avuto tutte una visione più ampia sulla musica rispetto a prima, dove eravamo molto concentrate ad apprezzare scene particolari da cui eravamo ossessionate, e credo che questo abbia davvero influenzato il modo in cui ci stavamo avvicinando alle canzoni di questo disco.
Alla produzione spicca il nome di Cate Le Bon. Come siete arrivate a questa collaborazione e com’è stato lavorare con lei?
Cate era qualcuno con cui volevamo lavorare, come se fosse il nostro sogno supremo; se poteva esserci qualcuno in grado di produrre il nostro disco, Cate Le Bon era la persona più giusta. Abbiamo fatto una manciata di demo, stavamo scrivendo queste canzoni, lavorando sui suoni per il disco, e il nostro manager ci ha suggerito: “Ehi, cosa ne pensereste della possibilità che Cate Le Bon possa produrre il vostro sophomore?”, ed è stato strabiliante per noi che quella fosse anche solo un'opzione. Poi abbiamo fatto una call su Zoom con lei: era interessata alle nostre demo e chiaramente avevamo punti di riferimento molto simili su ciò che volevamo realizzare. È stata una collaborazione molto bella, credo che non avessimo mai permesso a qualcuno di entrare nel nostro processo creativo nella maniera in cui abbiamo lasciato entrare lei. Credo abbia cambiato il modo in cui faremo musica, la registreremo e penseremo a scrivere canzoni per il resto della nostra vita. Perché Cate alla fine è una grande fonte di ispirazione e sa realmente di cosa parla quando parla di musica, segue le sue intuizioni in un modo che è davvero stimolante.
Le vostre canzoni hanno testi molto semplici e suonano come filastrocche incentrate sulla vita di tutti i giorni e sul cambiamento. Da questo punto di vista, sono curiosa riguardo l’origine di una traccia come “Sport Meets Sound”.
Interessante. Voglio dire, stavamo sicuramente cercando di incanalare la bellezza di una filastrocca e un songwriting rudimentale, perché le canzoni e la musica sono qualcosa che può connettere chiunque oltre il linguaggio, come quando un bambino non sa ancora parlare, ma gli piace ballare a ritmo proprio come a noi. Stavamo studiando e pensando a questi suoni infantili, e credo che questo sia ciò che ci ha portato a suonare con chitarre molto più pulite piuttosto che con quelle rumorose e distorte. “Sport Meets Sound” penso sia stata davvero la prima canzone che abbiamo scritto per questo disco e la prima che abbiamo iniziato a suonare dal vivo per quest’opera. E quello è stato il nostro primo momento in cui abbiamo detto: "Ehi, e se usassimo dei suoni di chitarra puliti?". Il ritornello è orecchiabile, anche il modo in cui si muove la traccia è davvero intuitivo. Credo che stessimo usando quel brano cercando di seguire le nostre intuizioni: la parte di chitarra qui brilla, quella di basso la tiene ben salda, la parte di batteria cambia, ed è anche molto divertente da suonare. Uno strumento cede all’altro, nel senso che è come un ritmo in cui possiamo davvero entrare, e la propulsione di quel pezzo sembra arrivare al pari dei principi di come la musica è in grado di emozionarti.
Parlando di sperimentazione, mi ha colpito il cambio repentino al termine di “Rock City”. Com’è nata questa canzone?
Quella canzone è stata una delle prime di cui abbiamo realizzato una demo, quindi una delle prime quattro che avevamo scritto per il nuovo album, e avevamo già questa idea di una sorta di what if, come se la traccia alla fine dovesse cambiare, diventare molto più propulsiva e ti dovesse portare da qualche altra parte per un secondo per poi concludersi. Giusto per dimostrare come un brano possa in un attimo abbandonare tutto ciò che aveva prima e avere questo momento emozionante, anche se è solo per un secondo. Penso che fossimo davvero attratte da questo elemento, come dal suonare quella canzone dal vivo, perché ha così tanto spazio al suo interno che riesce a trasportare come se fosse ancora ballabile, ma è più una canzone rilassata mentre è ancora propulsiva. Quel momento finale in un certo senso ti conduce alla vera energia da cui tutto proviene ed è divertente per noi avere quell’attimo proprio alla fine, dove le persone possono essere davvero entusiaste; e poi stacchiamo subito.
“Julie” rappresenta probabilmente uno dei punti focali di “Phonetics On And On”, ed è accompagnata da un bel video di Daphne Awedish-Golan, che ha avuto un processo di animazione piuttosto lungo. Come si è sviluppata questa idea?
Avevamo la sensazione che hai citato prima riguardo alle filastrocche e a tutto il resto. Siamo state ispirate dalle immagini infantili e penso che le animazioni di Daphne ricordino un libro per bambini molto ben illustrato; siamo state subito attratte dalla maniera in cui le ha animate. Sembrava tutto davvero fisico e tattile, come se potessi vedere il modo in cui stava disegnando e tutte le trame in esso contenute. È molto bello quando le band hanno video animati, ed è bello per noi non essere presenti in ognuno di essi, quindi penso che avesse senso con la canzone, perché è così meditativa e droney che è stato perfetto avere solo immagini dolci, molto artistiche e creative che la accompagnassero. Daphne ha davvero incanalato la solitudine e la meditazione che esprime quella traccia.
Un altro tema peculiare dell'album è l'amore, e l'ultimo brano “I Can't Stand To See You” termina con una nota che si riferisce a un modo di pensare troppo sentimentale. È più forte il senso di nostalgia o la voglia di guardare al futuro?
In un certo senso, penso che dialoghino l'uno con l'altra. Credo che un senso di nostalgia sia sempre stato qualcosa che ha motivato me e noi tutti come artisti e musicisti, perché crei qualcosa, quando invecchi puoi guardarti indietro e questo dettaglio può dirti esattamente dove ti trovavi nel momento in cui l'hai realizzato. Ma penso anche che per avere nostalgia, per creare cose, devi pensare al futuro e realizzare qualcosa in modo che possa essere visto nel futuro. Con questo disco abbiamo fatto molto, nei testi e nella scrittura delle canzoni, abbiamo fatto molta riflessione introspettiva e parlato delle nostre vite e delle cose che sono successe. Come hai detto tu, riflettendo sull'amore, penso che con questo arrivi la nostalgia di pensare a potenziali storie d'amore passate, e poi anche vedere i modi in cui porti quei sentimenti nel tuo futuro, anche se non fanno più parte della tua vita.
C’è qualche artista o band con cui ti piacerebbe collaborare in futuro?
Questa è un’ottima domanda. Dovrei parlare con le mie compagne di band ovviamente, ma credo che qualcuno che sta facendo musica davvero interessante in questo periodo sia Cindy Lee. Non so se potrebbe necessariamente essere una collaborazione con le Horsegirl o meno, ma è semplicemente una delle mie persone preferite che fa musica in questo momento.
Non credo abbiate mai suonato in Italia, giusto?
No, non l'abbiamo fatto, ma lo vorremmo davvero tanto.
Quando potremo sentirvi dal vivo?
Ancora non lo so. Non abbiamo ancora pianificato di venire in Italia, andremo in Europa e suoneremo al Primavera Sound in Spagna, che ovviamente non è la stessa cosa, ma è più o meno nella stessa area. Spero che un giorno riusciremo a passare dall’Italia, perché anch'io vorrei davvero andarci.
Grazie mille per il tuo tempo Gigi, in bocca al lupo per il nuovo album!
Grazie mille a te, buona serata!
(2 marzo 2025)
Ballroom Dance Scene et cetera (Best Of Horsegirl) (EP, 2020) | ||
Versions Of Modern Performance (Matador, 2022) | ||
Phonetics On And On (Matador, 2025) |
Ballroom Dance Scene (da Ballroom Dance Scene et cetera (Best of Horsegirl), 2020) | |
Billy (da Versions Of Modern Performance, 2022) | |
World Of Pots And Pans (da Versions Of Modern Performance, 2022) | |
Dirtbag Transformation (Still Dirty) (da Versions Of Modern Performance, 2022) | |
2468 (da Phonetics On And On, 2025) | |
Julie (da Phonetics On And On, 2025) | |
Switch Over (da Phonetics On And On, 2025) | |
Frontrunner (da Phonetics On And On, 2025) |
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