Sodastream

Chamber-pop in miniatura

Prima di tutto, grazie per il vostro tempo e per la vostra musica. Allora, sono stato probabilmente un po’ affrettato a scrivere che, se qualcuno invertisse cronologicamente la vostra discografia, in pochi se ne accorgerebbero. Ammetto che prima di “Little By Little” conoscevo soprattutto “A Minor Revival”, quindi ho dovuto recuperare un po’ la vostra discografia. Alla fine sono rimasto sorpreso dall’intensità, dalla passione e dall’urgenza che emanano da “Little By Little”, e così mi è venuta in mente quella considerazione, mentre scrivevo. Sto straparlando (è possibile) o vi riconoscete, almeno un po’, in questa valutazione del nuovo disco?
Karl Smith: [ride] Sì. Non seguiamo le mode, per niente, per cui immagino che potresti facilmente invertire l’ordine dei dischi senza che nessuno se ne accorga. Quando facciamo un album, cerchiamo solo di seguire le canzoni, piuttosto che un nuovo concetto o un nuovo stile di arrangiamento. Una cosa sulla quale siamo sempre andati d’accordo è di concedere alle canzoni abbastanza spazio da lasciare che possano parlare da sole. Hanno bisogno di spazio per respirare, così che possano lavorare insieme per creare qualcosa di unico. I miei dischi preferiti sono ancora quelli che si concentrano sulle canzoni, invece che su un nuovo sound, una nuova trama musicale. Sono i dischi ai quali ritorno più volentieri – “Nebraska”, “Blonde On Blonde”, "Our Mother the Mountain",“Songs Of Love And Hate”, “Pink Moon”, “Bakesale”, “Comes A Time”… La lista va avanti.
E, sì. Vedo quel che dici nell’album. In effetti, intensità e urgenza sono due parole che molti giornalisti hanno usato nel descrivere l’album. Gli ultimi anni sono stati un periodo molto intenso per me e Pete, quindi non mi sorprende che si rifletta nella musica.
Le storie delle nostre canzoni sono sempre influenzate e derivate da quanto stiamo vivendo personalmente. Invecchiare non è facile e la vita famiglia non porta solo gioie ma anche un nuovo livello di complessità nella tua vita quotidiana. Questo, insieme alla precaria situazione politica che stiamo vivendo a livello globale, significa che c’è molta energia ed emozione che si aggira intorno a noi che suoniamo.

Una domanda ovvia deve essere, dopo tanti progetti collaterali, un album solista: cosa ha causato la reunion e questo nuovo disco, dopo uno iato di sei anni e più di dieci dall’ultima vostra pubblicazione come Sodastream?
È stata una cosa piuttosto strana, in effetti… Io e Pete abbiamo iniziato a suonare insieme di nuovo nel 2010, credo, ma per un’altra band – un quintetto chiamato Lee Memorial. Stavamo lavorando al nostro secondo disco, ma gli altri membri continuavano a essere troppo occupati per farsi vedere alle prove, così alla fine eravamo solo io e Pete a suonare. Abbiamo pensato: “Questo non è normale, sicuramente è più simile ai Sodastream che ai Lee Memorial”, così abbiamo messo giù gli strumenti elettrici e abbiamo ripreso quelli acustici. Abbiamo suonato le canzoni dal nostro disco non ancora finito ed è iniziato tutto da lì. Scorri avanti per tre anni e mezzo, e finalmente condividiamo il nostro nuovo lavoro con il mondo.

Come è stato tornare in studio insieme? Si avverte un’energia speciale nel disco.
È stata una bellissima sensazione, tornare in studio con Pete e il nostro collaboratore di sempre Marty Brown, che ha prodotto il disco. Quando fai della musica con degli amici per molto tempo c’è una totale assenza di sforzo nel procedere che non hai nei nuovi progetti. Non devi parlare di ogni piccolo dettaglio… Sapete tutti quando le cose stanno funzionando e quando no. Non voglio dire che non ci siano giorni difficili ma c’è una vera gioia nel processo creativo anche quando affronti delle sfide.
Penso anche che invecchiare ti faccia apprezzare di più il processo stesso. Non è solo un altro disco. È un momento per fermarsi e abbracciare una comune visione creativa. Lasci andare la quotidianità così da concentrarti sulle storie nelle canzoni e, insieme, portarle alla vita al meglio che puoi.

Le canzoni sono state scritte specificamente per un disco dei Sodastream? È stato interessante vedere come hai studiato un sound, uno stile completamente diversi per il tuo album solista, mentre questo suona totalmente Sodastream.
Tutte le canzoni sono state scritte con i Sodastream in mente e, dato che io e Pete abbiamo una relazione lavorativa consolidata, posso portargli idee anche quando sono in fase molto embrionale. A volte iniziamo con la struttura completa di una canzone, ma più spesso lavoriamo insieme alla canzone. E, mentre gli arrangiamenti si sviluppano, continuo ad affinare i testi e le melodie vocali.
Penso anche che limitarsi a chitarra acustica e contrabbasso (o a volte al pianoforte) durante la fase di scrittura ti assicura che la base del brano sia forte abbastanza da tenersi in piedi da sola, senza gli extra. In quel modo, quando aggiungiamo degli strumenti, tutto è costruito su fondamenta solide, piuttosto che creato per coprire difetti e inconsistenze.

Ci sono almeno due strizzate d’occhio alla tradizione europea, le sfumature latine di “On The Stage” e le vibrazioni Est-europee di “Habits”. Si tratta di una combinazione?
Non è stato del tutto intenzionale, ma tutti i suoni della nostra vita si insinuano nei nostri brani. Non abbiamo passato molto tempo nell’Est Europa, ma amiamo entrambi le loro tradizioni folk, così come quelle del Sud Italia e della Spagna. “Habits” è in parte gitana, in parte folk americano, mentre “On The Stage” parla di viaggiare, per cui aveva senso avere qualche suono in più… Marty suona una marimba, che qui è soprattutto associata con la musica isolana. Quindi gioca a tutto a favore dell’idea che, se lasci abbastanza spazio alle canzoni per respirare, le persone possono connettervi i propri significati, le proprie storie.

Cosa, secondo te, rende così riconoscibile la scena di Melbourne e che rapporto avete con la nuova generazione di band?
Melbourne da sempre ha molte grandi band. È uno dei pochi posti in Australia che ha una forte cultura musicale, con abbondanza di locali di musica dal vivo. Al tempo stesso, è un circolo molto ampio e variegato e i nostri pari musicali costituiscono solo una sezione marginale della scena. Quindi non direi che esiste un sound di Melbourne. Vediamo solo persone con la stessa attitudine, e a volte facciamo concerti insieme.
E per quanto riguarda le band più giovani, che dire? Mi piace quello che fanno. È bello avere nuove idee e una reinvenzione delle vecchie tradizioni. Piuttosto, stranamente, c’è un buon numero di band che suona con uno stile che io ricordo degli anni Novanta, ma con un’angolazione più fresca. Per esempio, i Finks stanno facendo dei gran dischi. Il modo in cui combinano il quotidiano con il poetico è davvero accattivante.

C’è, indubbiamente, un rapporto vicino tra i Sodastream e il pubblico italiano. Avete annunciato l’uscita del disco anche in italiano e avete pubblicato un album live di un concerto al Barchessone Vecchio, un locale piuttosto particolare nella Pianura Padana. Cosa vi ricordate del concerto? Come è nato questo rapporto?
Wow... è successo tanto tempo fa. Siamo arrivati a fare quell’album attraverso alcuni nuovi amici che ci eravamo fatti durante il tour, sembrava un progetto eccitante e divertente, quando l’avevano suggerito. Eravamo contenti di esserne parte. Si trattò di un concerto molto piccolo in una stalla convertita, in campagna, un ambiente molto bello. Abbiamo sempre tentato di rendere i nostri concerti memorabili, in qualche modo, e questo fu uno di quelli; un grande momento che ancora ricordo con affetto.
Abbiamo sempre sentito un’affinità particolare con l’Italia, fin dal primo momento in cui abbiamo suonato nel vostro paese. La famiglia materna di Pete è di Randazzo, in Sicilia, quindi c’è una forte connessione, e i ragazzi di Locusta Booking sono come fratelli per noi. Credo che il nostro primo concerto si sia tenuto a Gorizia, nel Nord più remoto, e da quel momento ogni volta siamo stati i benvenuti e ci siamo fatti dei grandi amici. Abbiamo suonato dappertutto, da Torino e Milano al Nord fino a Catania e Lecce a Sud, quindi abbiamo passato parecchio tempo negli Autogrill.

Cosa possiamo aspettarci dalle vostre performance live? Sentite di essere cambiati dal vostro ultimo tour, nel modo in cui suonate insieme e vi sentite sul palco in generale?
Non vediamo l’ora di suonare in Italia. Faremo tanti pezzi del nuovo disco, così come una selezione del nostro repertorio… e forse una cover o due. Vedremo. Stiamo ancora lavorando sulla scaletta. Dopo una pausa così lunga, torneremo con un bel po’ di energia fresca da mettere nei concerti.

Nell’intervista precedente sul nostro sito, si legge la frustrazione per non riuscire a rendere la musica un lavoro a tempo pieno. Credete che sia cambiato qualcosa, oggi, per le band più giovani?
Abbiamo fatto fatica ad accettarlo, per un po’. È sempre stato difficile guadagnare abbastanza soldi da sopravvivere, da musicista indipendente. Ma almeno potevi sempre vendere i dischi. Non so come facciano i ragazzi, oggi. Non fai granché con lo streaming e ormai una piccolissima percentuale di persone pagano per gli Lp o i cd.
Non so come sia in Italia, ma in Australia stanno venendo fuori sempre meno ragazzi dalle classi svantaggiate. Il genere di supporto per attraversare gli anni di spettacoli non pagati e di pratica che sono richiesti per farcela non c’è, così c’è una sempre maggiore percentuale di ragazzi di classe medio-alta, anche nella musica indipendente. È un vero peccato, perché c’è un intero settore della società di cui sappiamo sempre meno. E con l’ignoranza cresce la paura e il giudizio. Si aggiunge tutto all’instabile clima politico che viviamo oggi.

Come riuscite, oggi, a conciliare gli impegni di famiglia e la vostra passione? Come vedete il futuro dei Sodastream?
La vita è sempre un circo e, per quanto a volte vorrei poter suonare a tempo pieno, sono davvero molto contento per come vanno le cose. La musica è un riflesso della vita e credo che, se non vivi al di fuori della musica, non avrai mai niente di molto reale da esprimere. Se ti ritiri troppo a fondo nella musica, diventa tutto sempre più insulare e meno connesso col mondo. E naturalmente, su un piano pratico, se non devo basarmi sulla mia musica per mettere del cibo sul tavolo, posso essere completamente onesto con la mia musica e con me stesso.

***


Intervista dello 01/10/2012

Gli australiani Sodastream sono un duo, artefice di una musica tenera, fragile, dal retrogusto indefinibile, a volte dolce, a volte un po' amaro. I loro suoni acustici ed emozionanti si sono sviluppati su quattro prove sulla lunga distanza ed una buona manciata di Ep, e hanno spesso ammaliato il pubblico italiano con performance oneste e coinvolgenti. Abbiamo incontrato Pete Choen (contrabbassista del duo) nell'imminenza dell'uscita della loro quarta fatica e la lunga chiacchierata, seppur virtuale, ci ha spalancato le porte di un universo dove la musica è vista ancora come passione assoluta e totalizzante, anche se, purtroppo deve spesso fare i conti con la realtà e le logiche del mercato.

Prima di tutto mi piacerebbe sapere qualcosa sul nuovo album...
Mi fa piacere annunciare che il nuovo album è stato terminato. L'abbiamo registrato per conto nostro e, nonostante numerosi problemi con i computer, che ci hanno fatto perdere quasi tutto il materiale, alla fine ce l'abbiamo fatta e il risultato sono le dieci canzoni che verranno raccolte sotto il titolo di " Reservations ", che è anche il nome di uno dei brani. Uscirà a maggio in Australia e poco dopo anche in Europa (in Italia è uscito a ottobre per l'etichetta Homesleep).

L'Ep "Take Me With You When You Go" denota una maggiore spensieratezza nel piglio delle vostre composizioni e, forse, un po' più di allegria. L'album seguirà questo mood o sarà molto diverso?
In effetti il nostro ultimo Ep era più spensierato e allegro. Molte delle canzoni sono state scritte durante la nostra permanenza negli Usa e poi registrare un Ep è una buona occasione per sperimentare nuovi suoni e soluzioni. Il nuovo album, comunque, non porterà cambiamenti radicali ma, se non altro, credo che sarà il nostro album più tranquillo. Ci sono alcune canzoni scritte molto tempo fa e che aspettavano solo il disco giusto per la pubblicazione.

La scelta di far uscire l'Ep solo in Australia è stata dettata da ragioni precise, oppure solo da motivi contingenti?
L'Ep non è stato ancora realizzato in Europa perché, al momento, è un formato difficile sul quale lavorare per le etichette che devono venderlo a un prezzo ridotto e non possono investire nella pubblicità. Comunque siamo in contatto con varie label per l'album e mi auguro che chi lo pubblicherà in Europa farà lo stesso con l'Ep.

L'uscita dell'album sarà supportata da un tour? Verrete anche in Italia? La sensazione, vedendovi suonare dal vivo, è che il contatto con il pubblico sia per voi fondamentale. E' vero?
Suonare dal vivo è una parte fondamentale di ciò che facciamo. Personalmente l'esperienza di suonare di fronte a chi si interessa veramente alla nostra musica è qualcosa di molto più profondo rispetto al semplice salire sul palco e cantare o suonare. Qualche volta è come se, per un'ora, chiudessi gli occhi e non pensassi ad altro che alle canzoni cui diamo vita quella notte. E' difficile esprimere ciò che sento senza sembrare un esaltato, ma spero tu abbia capito ciò che intendo.
Mi aspetto che per il nuovo album ci sarà un tour ma, a essere onesti, è sempre più difficile organizzarne uno. I prezzi aumentano e i soldi sono sempre di meno. Per il tour precedente abbiamo passato 13 mesi "on the road" ed è stato grande, ma, alla fine, la mancanza di denaro diventa estenuante e noi stiamo invecchiando e cominciamo a preoccuparci di cose alle quali prima non pensavamo affatto. Sono sicuro comunque che riusciremo a trovare una soluzione e, tra tutti i posti, quello per cui faremo uno sforzo organizzativo maggiore è sicuramente l'Italia.

Dal vivo le vostre composizioni acquistano maggiore immediatezza e la resa ne guadagna. Ci sono pezzi che preferite suonare live?
Non credo di avere dei preferiti. Ci sono pezzi che amo per ragioni differenti. Canzoni pop come "Blinky" possono essere divertenti, se il pubblico è dell'umore adatto. Mi ricordo con piacere un concerto in un centro sociale a Milano dove la gente impazzì e cominciò a ballare e a battere le mani quando suonammo "Meals" dal nostro primo album. E' molto raro per noi avere queste reazioni e fu una grande sensazione. Ma, in ogni caso, forse preferisco suonare le canzoni con una maggior dinamica musicale, come "Wedding Day", "Horses" o "Constant ships", dove posso davvero dimostrare ciò che può fare il contrabbasso, da strumento quieto e gentile, che sostiene la melodia e il ritmo, a strumento che può urlare e stridere per il dolore e il dispiacere. E' proprio ciò che amo del mio strumento.

Con il tempo la vostra tecnica e la vostra abilità nel comporre e nel suonare si è sicuramente affinata. Ritieni che ciò influenzi la vostra musica? Avete un background classico?
La nostra musica è fatta di strutture semplici e non è mai complicata o contorta. Ma chiaramente più ci si sente sicuri con uno strumento, più le idee arrivano. E questo è il problema con il lavoro e con il diventare vecchi e l'essere sempre più impegnati: c'è sempre meno tempo per suonare e far sì che le idee arrivino. Come in tutti i campi, c'è sempre bisogno del tempo per prepararsi a creare, prima del tempo di creare. Naturalmente c'è anche maggior maturità che si acquista con il tempo e anche questo influenza la musica che scriviamo. Lo notiamo particolarmente in studio, dove abbiamo prodotto da soli gli ultimi due album: non è un caso che registrare la musica si dica "engineering", è davvero una scienza e c'è molto da conoscere e imparare.
Personalmente ho iniziato a suonare il contrabbasso a undici anni e ho studiato musica classica fino ai 17. Poi sono passato a suonare hard-rock con un basso elettrico fino a quando non ho cominciato con il folk-pop. Mi piaceva tanto suonare in un'orchestra e mi manca molto, ma non sono abbastanza bravo per farlo.

Come nascono le vostre composizioni? Entrate in studio con le idee già chiare oppure con pochi accordi e qualche pezzo abbozzato?
Di solito scriviamo le canzoni e le suoniamo dal vivo per un po', prima di registrarle. Raramente andiamo in studio per sviluppare le idee, anche perché non possiamo permetterci questo lusso. Ma il motivo è anche che non vogliamo che ci sia troppa differenza tra il suono dal vivo e quello registrato. Secondo me, la nostra forza sta nel fatto che le canzoni nascono con due strumenti e, benché nella fase di registrazione se ne possano aggiungere altri, la base è sempre quella. In ogni caso, qualche volta è eccitante lasciare che le canzoni vadano in una direzione che non ti aspetti. Ci piace anche che i nostri collaboratori abbiano libertà di agire quando vengono in studio e portino una prospettiva fresca. Canzoni come "Heaven On The Round" erano molto diverse prima che venisse aggiunta la batteria.

Avete mai pensato a collaborazioni illustri?
Naturalmente. Avere Thalia Zedek sul nostro ultimo Ep è stato un grande onore. Ci piacerebbe lavorare di più con lei in futuro. Sarebbe bello poter collaborare con i Lambchop e con i Godspeed You! Black Emperor. E ci piacerebbe anche avere degli ingegneri del suono come Mark Nevers (Lambchop) o Paul Oldham (Palace Brothers) o il grande Steve Albini. Magari un giorno…

Ascolti molta musica? E la musica è ancora una passione o è solo il vostro lavoro? Ami qualche band o artista in particolare? E segui la musica australiana?
Non sento tutta la musica che vorrei ascoltare, ma credo di seguire ancora molto il panorama musicale. In ogni caso, la musica non è affatto un lavoro, anzi, al momento, non lo è affatto. Al momento mi piacciono molto Herman Dune, Okkervil River, The Strugglers. E Bonnie "Prince" Billy, naturalmente. Non posso fare a meno di seguire la "scena" australiana, ma non ci sono molte band interessanti al momento. Per la maggior parte inutile punk-rock. Dovresti però ascoltare Grand Salvo, Deloris Art of Fighting e Machine Translations.

Nonostante la vostra carriera sia ormai piuttosto lunga e costellata di successi, sia di pubblico che di critica, quello di musicista non è, quindi, il vostro unico lavoro. E' una scelta ponderata, oppure la musica non vi permette di tirare avanti?
E' una storia triste. La musica non ci dà affatto i soldi per sopravvivere, tantomeno per crearci un futuro. Chiaramente ci permette esperienze entusiasmati, è molto appagante e ci dà l'opportunità di conoscere persone di tutto il mondo. Ma il lato finanziario ci distrugge. E vivere in Australia e tentare di sostenere tour internazionali è difficilissimo. I costi del viaggio sono altissimi e dobbiamo fare tour molto lunghi per ripagarli, ma stare tanto tempo lontano da casa non ci permette di mantenere un lavoro stabile. Tutto è così difficile. A essere onesti, credo che che sappiamo che questa è la realtà, ma non vogliamo accettarla e speriamo ancora in un miracolo.

A ogni recensione, forse per pigrizia, o per rendere le cose più comprensibili ai lettori, vengono citate influenze e similitudini con altre band. Sentite affinità con altri gruppi? C'è qualcuno che vi ha influenzato?
Sicuramente deve essere difficile fare il giornalista musicale e trovare ogni volta cose nuove e interessanti da dire su una band. Ma trovo frustrante questo "giornalismo pigro" La musica che scriviamo viene da un posto che non so descrivere e certamente non stiamo a prendere appunti ogni volta che sentiamo musica per poter rubare idee agli altri musicisti. Quantomeno, però, ascoltiamo lo stile di registrazione o il suono della chitarra su un certo album, o la batteria o la viola. E prendiamo coraggio da artisti come Will Oldham nel fare ciò che ci sembra giusto e vero e non preoccuparci delle recensioni o dei passaggi radio, o di sembrare più carini nelle fotografie.
Le similitudini possono essere utili, se questo aiuta l'ascoltatore a scegliere, anche perché è difficile tradurre i suoni in parole. Ormai, però, è sempre più facile ascoltare musica e, grazie a internet, l'ascoltatore può fare le proprie scelte più consapevolmente.

Le notizie di attualità sono piuttosto preoccupanti; la situazione mondiale si fa sempre più complicata e non c'è molto da stare allegri, né molta speranza più da nutrire. Secondo te, la musica può solo servire a distrarci e a non farci pensare alle brutture che dobbiamo affrontare quotidianamente, oppure è possibile che, anche solo migliorando il nostro umore e la nostra predisposizione d'animo, possa far sì che le cose migliorino e che i rapporti umani, almeno a livello individuale, possano essere più distesi? Da quando avete iniziato a fare musica ti sei mai chiesto il perché? Vi siete mai posti una meta?
Questa è una domanda molto profonda e complicata e, naturalmente, la situazione mondiale è preoccupante e triste. In ogni caso, capisco quello che vuoi dire con la tua domanda ed è un pensiero che mi perseguita e confonde ogni giorno: fare musica che le persone apprezzano dovrebbe essere una delle migliori esperienze possibili. E la possibilità di suonare dal vivo e di viaggiare incontrando persone e portar loro un po' di gioia è semplicemente la sensazione più bella. Mettere nella testa delle persone storie, immagini e sentimenti che non si riescono a descrivere a parole e far sì che le persone sappiano che non sono sole nella loro gioia, nel dispiacere o nel dolore, è un lavoro importante.
Queste sono alcune delle ragioni, egoistiche e non, per le quali facciamo musica e abbiamo impegnato una parte significativa della nostra vita a farlo seriamente. Il conflitto al momento è che non posso permettermi di farlo a tempo pieno, così come accade a gran parte dei musicisti. Una delle cose che più apprezzo dell'Europa e dell'Italia, in particolare, è il modo in cui i musicisti e le band vengono rispettate. Da nessun'altra parte del mondo siamo stati pagati e abbiamo ricevuto ospitalità come lì. Se solo nel resto del mondo le cose fossero uguali, allora ci sarebbero più possibilità.

Discografia

Enjoy (Ep, Aquamudvuv, 1997)
Practical Footwear (Ep, Aquamudvuv, Trifekta, Drive-In Records, Tugboat Records, 1998)
Turnstyle CDS (Ep, Pickled Egg, 1999)
Looks Like A Russian (Tugboat Records, 1999)
In Between Times (Ep, Acuarela, Candle Records, 2001)
The Hill For Company (Trifekta, Tugboat Records, P-Vine, 2001)
A Minor Revival (Trifekta, 2003)
Homesleep Singles Club 6 CDS (Homesleep, 2003)
Concerto Al Barchessone Vecchio (Fooltribe, 2004)
Take Me With You When You Go (Ep, Trifekta, 2005)
Reservations (Trifekta, Homesleep, 2006)
Little By Little (Self-released, 2017)
Pietra miliare
Consigliato da OR

Streaming

Constant Ships
(da A Minor Revival, 2003)

Twin Lakes
(da Reservations, 2006)

Three Sins
(da Little By Little, 2017)

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