“Brubeck fu il maggior responsabile della moda di impiegare nel jazz fughe, rondò e altri ostentati prestiti della musica europea. Tutto ciò incontrava il favore del pubblico universitario, che apprezzava un pizzico di cultura sparso sulla musica di consumo. E Brubeck entrò a far parte ufficialmente della cultura americana quando la sua fotografia giunse alla copertina del 'Time'" - LeRoi Jones
Dave Brubeck e Paul Desmond: semplicemente uno dei connubi più riusciti dell’intera storia del jazz. “Time Out” è il lavoro emblematico di quella corrente che nel 1957 fu denominata "Third Stream" e che unisce in una sintesi perfetta la tradizione classica e l’improvvisazione jazz.
Prescindere da un’opera del genere sarebbe un insulto alla musica tutta.
Brubeck, grande sperimentatore ed esploratore di politonalità e poliritmi, inserì nelle incredibili composizioni contenute in questo album il risultato dei suoi più riusciti esperimenti: la più grande innovazione apportata dal pianista di San Francisco sta nel fatto di aver introdotto nel jazz i tempi dispari, di certo non comuni in quel genere durante gli anni Cinquanta e inizio Sessanta. Non è un caso, infatti, che la prima traccia - che simboleggia in pieno questa rivoluzione stilistica - sia un pezzo come "Blue Rondo a la Turk", un 9/8 che procede raggruppando cluster di quattro battute, dove le prime tre sono nella inusuale struttura 2-2-2-3, mentre la quarta nella più canonica 3-3-3. Questa ritmica eterodossa e apparentemente inestricabile viene magicamente dissolta dal solo del sax contralto di Desmond che, quasi a voler rincuorare le mentalità più conservatrici, riordina tutto quanto in un confortante 4/4 - decisamente più "jazz".
"Strange Meadow Lark" apre e chiude con Brubeck che suona in rubato, donando al pezzo splendidi accenti romantici e dimostrando palesemente che nel suo pianismo risiede l’influenza di Chopin; la parte centrale è invece dedicata all’improvvisazione vera e propria e, al solito, è il sax di Desmond a farla da padrone.
"Take Five", scritta dallo stesso Desmond, è uno degli standard più famosi di sempre; concepita in 5/4 riesce a creare un’incredibile tensione swing, al contrario di quello che potremmo aspettarci. Notevole anche lo splendido solo di batteria di Morello, avviluppato in un contrappunto raffinatissimo che va a incastrarsi perfettamente con l’ostinato del piano di Brubeck.
La genialità vera e propria, però, viene allo scoperto con "Three To Get Ready", dove un valzer rigorosamente in 3/4 si alterna a uno swing fluido e trascinante.
Le restanti composizioni sono anch’esse tributi ai tempi composti, come ben testimonia lo scandito 6/4 di "Pick Up Stick".
Con “Time Out”, Brubeck si prepone l'obiettivo di sovvertire le strutture stereotipate del jazz. C’è tuttavia chi continua a considerarlo soltanto come un abile creatore di musiche ammiccanti e gradevoli, operanti nel solo compromesso dell’orecchiabilità e della commerciabilità, senza comprendere l’enorme carica rivoluzionaria contenuta nella sua musica.
In un’intervista avvenuta nel 1943, Paul Desmond commentò così il suo primo incontro con Brubeck: “Iniziammo a provare, ma dopo un quarto d'ora ero a pezzi: avevamo prescelto un blues in si bemolle, ma al primo chorus lui prese un sol maggiore. Dato che io non conoscevo nulla della politonalità, pensai in realtà che lui fosse solo un pazzo da legare, impressione assolutamente confermata dal suo aspetto: aveva i capelli arruffati e picchiava sui tasti del pianoforte come un sioux inferocito. Mi ci volle molta pazienza e un lungo ascolto prima che iniziassi a comprendere che cosa intendesse fare”. Può bastare.
23/01/2008