06/05/2013

Motorpsycho

Circolo degli Artisti, Roma


Ne abbiamo visti di concerti dei Motorpsycho, e potevamo ragionevolmente ritenere di aver assistito nel tempo al massimo che la band potesse esprimere.
Dagli arrembaggi ipersonici della prima metà degli anni 90 ad oggi il trio norvegese ha attraversato stili e generazioni, mantenendo sempre ben radicato un certo atteggiamento tipicamente psych rock che si è fatto ora più hard, ora più easy, ora più raffinato, persino jazzy. 
Ed invece questi ragazzoni del Nord Europa non smettono ancora di stupire: nel 2013 hanno licenziato l’ennesimo album di gran qualità, e di nuovo eccoli in giro per l’Europa a proporre un set, che (come loro solito) muta radicalmente di sera in sera, senza mai lesinare sorprese e colpi di scena.
Ma nella serata romana, andata in scena lunedì 6 maggio in un Circolo degli Artisti sold out, hanno proposto qualcosa di più che un semplice concerto: hanno generato una vera e propria catarsi collettiva.

Non tanto per come hanno condotto la prima parte del set: un’ineccepibile alternanza di cavalcate elettriche (“The Ocean In Her Eye” dall’irripetibile “Trust Us” è stata una scelta apprezzata), dilatazioni psichedeliche (“Uberwagner” che diventa mega jam miscelata con “Pilgrim” dei Wishbone Ash) e momenti più sprint (“Walking On The Water” ha scatenato il pogo più sfrenato). Non tanto per aver sapientemente alternato alcuni classici del passato (stavolta la scelta è caduta sulle prevalentemente acustiche “Feel” e “Watersound”, entrambe riprese dal monumentale “Timothy’s Monster”) con i riusciti affreschi del nuovo “Still Life With Eggplant”: l’instant classic “Hell, Part 1-3”, superbo mix di hard rock, stoner e psichedelia, la personalissima cover dei Love “August”, con tanto di tripudio noise finale, la più composita “Barleycorn (Let It Come/ Let It Be)”.

Non tanto per aver sorpreso e travolto tutti dalle prime note del portentoso crescendo di “Year Zero” agli ultimi movimenti della conclusiva “The Bomb-Proof Roll And Beyond”.
Quanto per ciò che è accaduto durante il bis: dopo la meritata pausa sigaretta, la band (rinforzata dallo svedese Reine Fiske dei Dungen, che si è ben districato fra chitarre, synth e cori) ha riaperto le danze con la mazzata vincente “Sinful, Wind-Borne”/“Drug Thing”, seguite dall’onda lunga di “Greener”, e soltanto in quel momento i presenti hanno compreso che stavano assistendo alla sequenza integrale di “Blissard”, uno dei dischi cardine della discografia dei Motorpsycho, nonché uno dei lavori più amati e coccolati dai fan.

Un omaggio di inestimabile valore ai fan romani, visto che in nessun’altra data del tour i norvegesi hanno proposto una sequenza del genere, anzi i bis si limitavano al massimo a tre/quattro esecuzioni, anche se spesso di lunga durata. Ed invece il set capitolino è proseguito con “’s Numbness”, “The Nerve Tattoo”, “True Middle”, l’acclamato capolavoro “Sonic Teenage Guinevere”, e poi ancora, nel rispetto della tracklist originale, anche le ballate “Manmower” e “Fool's Gold” opportunamente diluite con digressioni ad altissimo contenuto psicotropo. Facilmente immaginabile il delirio che ha colpito la folla incredula, ritrovatasi catapultata indietro nel passato di quasi vent’anni in un trip inimmaginabile.

Serata quindi che ha superato qualsiasi ragionevole aspettativa, esemplare sintesi di potenza e delicatezza, classe e prepotenza, arrangiamenti di fine grana ed ispide distorsioni , tutto giocato sul filo di un equilibrio alchemico che raramente si riesce a raggiunge in un live act. Fuoriclasse assoluti, esibizione impeccabile, tutte le tracce eseguite con perizia magistrale per due ore e quaranta micidiali, e questa volta sarà dura riuscire a fare di meglio. Monumentali e definitivi.