
Al termine della performance di Anika la sala del Casalone è gremita e l'attesa per gli headliner si fa sentire in maniera pressante. Il quartetto si schiera sul palco alle 22.40, dando inizio alle danze con uno dei pezzi forti della precedente opera "Every Bad", "Give/Take", traccia che appare molto fedele alla sua versione in studio, così come le successive novità appartenenti all'ultimo lavoro, la cullante "End Of Last Year" e le melodie sintetiche di "Splintered". Nel corso di questa prima parte, la frontwoman Dana Margolin si vede costretta a ricominciare daccapo ben tre pezzi, a causa di un problema con l'amplificatore, cosa che la spazientirà non poco (comprensibilmente) e la vedrà celare una moderata irritazione quasi fino alla fine della performance.
A sorprendere di più sono le tracce che nella dimensione live sfoderano una maggiore grinta, in particolare "Good For You", che perde buona parte della componente sintetica in favore di ritmi di batteria più veloci e potenti, ad opera di Sam Yardley, con un risultato molto più tagliente e in direzione post-hc, rimarcato anche dal modo di cantare di Dana, tanto da portare la gente ad accennare dei piccoli poghi inaspettati.
Superati i problemi tecnici, si riscontra una crescita graduale fino alla dinamica "U Can Be Happy If U Want To", che si attesta a mani basse come uno dei momenti migliori della performance, nel quale la band si mostra più coesa, sia a livello strumentale, sia visivo. Da qui in poi il gruppo mette il turbo e si sveglia con l'ottimo trittico "Long"-"The Rip"-"Back To The Radio", ponendo in luce finalmente le proprie capacità. La tornata finale vede una versione scarna di "You Are A Runner And I Am My Father's Son" dei Wolf Parade, con Yardley nel ruolo di chitarrista, e la bomba "Sweet", classico del quartetto ancor più abrasivo nella sua esecuzione dal vivo.
Su disco i Porridge Radio sono e restano la band del cuore di molti, ma in scena la reazione suscitata a pelle non è probabilmente uguale per tutti, e in qualche caso il gruppo può sollevare qualche perplessità. Tale dubbio può essere legato all'eccessiva deriva Margolin-centrica, che sul palco (come nell'album) domina incontrastata la scena, facendo sparire a tratti gli altri componenti, sebbene a livello di qualità corale dei brani eseguiti non ci sia assolutamente nulla da dire. O forse è proprio quest'ultimo il problema: una velata freddezza percepita qua e là, a causa di una ricerca fin troppo eccessiva di perfezione. Inutile, quando ci si accorge che la gente li apprezza nel momento in cui tirano fuori le unghie e il carattere.