"We've been here eleven years ago, and you look just that young", ironizza un ragazzo con i capelli candidi da cui l'ironia è l'ultima qualità che ti aspetteresti. Mi tocca però contraddirlo su almeno due punti: undici anni fa ero decisamente diversa da adesso e, soprattutto, sotto quel palco non c'ero. Ricordo bene quei giorni, in cui tra l'altro cadeva il mio compleanno: abitavo ancora a Roma, e un tipo con cui volevo metter su una band slowcore (tutto vero) mi propose la trasferta bolognese. Pur con tutta l'adorazione che nutrivo per Stephen, John e Chris, rifiutai: troppi pensieri ad affollarmi la testa, in quel periodo. A ripensarci tempo dopo mi morsi la lingua, più che altro perché pareva implausibile che una band sparita dai radar potesse ricomparire dopo quell'estemporanea reunion. Per fortuna, a volte ci è concessa una seconda occasione, e stavolta non me la sono lasciata sfuggire. Di sicuro, data la mia seconda vita emiliana, a questo giro decade la scusa del viaggio da affrontare.
Ho fatto bene ad affrettarmi: questa unica data italiana è andata prevedibilmente sold out. A dispetto di tanta venerazione, i Codeine si presentano con l'atteggiamento dimesso che ci si aspetta da loro, timidi come quelle "stelle frigide" che decoravano il loro capolavoro d'esordio. "Good evening, we're Codeine from New York City", è tutto quello che riesce a dire Stephen Immerwahr, quasi chiedendo il permesso, aspettando educatamente che il pubblico interrompa l'applauso fragoroso che li ha accolti. La musica, però, non si dilunga in altrettante esitazioni: lo strappo di "D" è un corpo che precipita a peso morto da un grattacielo, scandito da colpi di piatto che somigliano a sassi scagliati in uno stagno. La platea asseconda con un grottesco headbanging al rallentatore, complemento opportuno per una formazione che pare una goffa parodia dei power trio metallici. Ho sempre creduto che ci volesse un gran coraggio per aprire un disco con un brano tanto lacerante, figuriamoci un concerto.
Estratta la lama dalla nostra carne già esanime, Stephen si sfila gli occhiali, il massimo della trasgressione concessa a questo inguaribile nerd. C'è poco da stare col fiato sospeso per il dispiegarsi della scaletta: il repertorio dei Codeine consta di una trentina di canzoni o poco più, cosa vuoi che suonino? Beninteso, non potrebbe andarci meglio, se la seconda portata è avvolta nel ghiaccio secco di "Cigarette Machine", un passo da thriller a cadenzare il suo sommesso spoken word, tra le carezze di John Engle e gli schiaffi di Chris Brokaw (che sfoggia una pettinatura out of character da delinquente psychobilly).
"Barely Real", title track di quel memorabile Ep di cui troppo spesso ci si dimentica, addolcisce la tensione con il suo canto infantile e la suo nitida grana, troppo ben impastata per polverizzarsi nelle esplosioni di cui sopra. A seguire, "a song about bands in the Nineties, but not us", che invece non si fa scrupoli a sollevarci da terra: "Loss Leader" è lo scroscio di una cascata, la cui spuma è però tutt'altro che rinfrescante. E non scherza neppure "Median", con il suo basso cavernoso e le sue sillabe trascinate per i capelli. Più cristallina "Washed Up" che, come da titolo, ci sciacqua la fronte prima di un tristissima "Tom". "This is about a friend of mine who attended an all-women school, the same one of Linda Eastman and Yoko Ono. And you'll never know who I'm talking about". Meglio così: certe cose è più bello fantasticarle, magari colorandole con le nostre personali esperienze.
Occhio però a trastullarsi troppo in simili svolazzi mentali, o è un attimo a finire al tappeto per colpa di "Jr", una scarica di cannonate nella pancia, con la miccia incendiata dal sempre potentissimo Chris. "Thank you for lettin' us rock out!", scherza Stephen, ma stavolta non ha tutti i torti. E "Sea" non è da meno: l'incipit in punta di piedi è solo un depistaggio, tranciato di netto da una carica di guerra che sfocia in un'apertura galattica, prosciugata quando meno te l'aspetti. L'autunnale "Pickup Song" si muove su quella falsariga: melanconico l'attacco, detonante lo svolgimento, assecondando l'amarezza del testo (intensità del ricordo o rabbia per l'amnesia?). Alla maniera di un Mark Sandman astemio, Stephen pettina il basso con uno sgusciante slide.
E a proposito di paragoni impegnativi, difficile tirarsi indietro di fronte al momento più emozionante della serata: tanto era solenne l'originale, tanto è adamantina la codeinizzazione di "Atmosphere", in una resa quantomai d'atmosfera. Tutta la sala canta all'unisono e giusto che c'è il coro prosegue anche su "Pea", nenia inquieta con Chris ricollocato al basso. "This is the end of the traditional part of our show", annuncia Stephen lasciando presagire un seguito. Prima di ritirarsi dietro le quinte, lui e Chris si scambiano un'amorevole pacca sulla spalla, segno di una complicità a prova di bomba dopo tanti anni.
Il ritorno in pista è sancito da un regalo inatteso: "Realize" è una chicca per fan, profonda e d'impatto come un tuffo da un'altura. Viene concesso spazio alle richieste, e le prime file sono unanimi nel reclamare una "Cave-In" che in effetti mancava all'appello, tutta a base di ripartenze a tradimento precise come rivoltellate. Chiude la "extra credit portion" del concerto un'altra spaesata ninna nanna, "a song to send you home", ovvero la Lou Reed-iana "Broken-Hearted Wine", serena e bucolica, che pure strappa a John una discreta lacrimuccia.
Sperando di accaparrarsi "Frigid Stars" o "The White Birch", il pubblico si riversa in massa al banchetto del merch, rimanendo però deluso: in vendita ci sono solo le ultime ristampe, quasi per costringerci a considerare quelle gemme trascurate anziché continuare a rotolarci nei classici. Una piccola grande rivincita per questi eterni antidivi.
Dall'epoca l'ho perso di vista quel ragazzo simpatico e volenteroso con cui non ho mai messo su il gruppo dei nostri sogni. Non saprò mai cosa ne sarebbe venuto fuori, ma posso consolarmi con il rituale analgesico dei nostri ispiratori, ancora splendente come un frigido cielo stellato.
D
Cigarette Machine
Barely Real
Loss Leader
Median
Washed Up
Tom
Jr
Sea
Pickup Song
Atmosphere [Joy Division cover]
Pea
Encore
Realize
Cave-In
Broken-Hearted Wine