Chi scrive è leggermente di parte, per la band di cui si parla, ma anche (e soprattutto) per il contesto nel quale ha scelto di esibirsi. La premessa per correttezza pareva doverosa, ma non è un segreto che la cornice del Barezzi Festival affascini gli spettatori da ormai sedici anni, snodandosi tra alcuni dei teatri più suggestivi di Parma e provincia, e con una mirata ricerca tra artisti storici e nuovi ad ogni edizione. Dopo la preview allargata a Reggio Emilia con il ritorno dei Calexico, e conclusasi alla Sala Ipogea dell'Auditorium Paganini di Parma alla presenza di Daniela Pes, Gigi Testa e Sadar Bahar, il festival ha preso ufficialmente il via dal Teatro Magnani di Fidenza con il progetto di Will Sheff, Okkervil River, perfetta anticamera alla prima serata tra le ricche pareti del Regio, tutta per i Jesus And Mary Chain.
Il gruppo scozzese fondato a metà degli anni Ottanta dai fratelli Reid, che con il suo mix noise-pop e alt-rock ha ufficialmente gettato le fondamenta per la scena shoegaze, mette a segno il primo colpo con il drumming e le saettate di chitarra di “Blues From A Gun”, ammantata da nebulosi giochi di luce blu. L'acustica del teatro parmigiano fa ribalzare i riff sui ritmi languidi e ballerini di “Head On” e “April Skies”, sulle quali è quasi impossibile rimanere seduti. Aumentano ulteriormente la velocità del passo le distorsioni armoniche di “Between Planets”, dove il frontman Jim Reid dà insistentemente le spalle al pubblico, sua piccola provocazione abituale.
Le sonorità si fanno più irregolari, contorte e ovattate su “Amputation” e con l'abrasiva “Cracking Up”. Nel corso dell'esibizione dal pubblico si leva un grido scherzoso: “You're too quiet!”, Jim sorridendo accoglie pacatamente la sfida: “Oh, are we quiet? We will get noisier…”, e i successivi wall of sound e il guitar solo di William Reid su “Snakedriver”, così come la storica “Taste Of Cindy”, sembrano assecondare la richiesta.
Uno dei punti più alti viene sfiorato con “Happy When It Rains”, per poi adagiarsi di nuovo sulla decadente “Half Way To Crazy” e sulle esplosioni improvvise di “Some Candy Talking”. I ritmi si fanno più incalzanti (e la voglia di saltare e urlare pure) tra i fari accecanti di “All Things Pass”, arrestandosi di colpo sui sospiri e le melodie scure da pelle d’oca di “Nine Million Rainy Days”. Jim incita il pubblico ad alzarsi in piedi sulla soffice “Darklands”, con il grande pentimento da parte dell'autrice di non averlo fatto di propria iniziativa fin da subito, annunciando la successiva e consueta breve uscita di scena.
Si prosegue con l’encore, dove i Nostri vengono raggiunti da una visibilmente emozionata Marta Del Grandi, ospite incaricata di fare le veci dell'eterea Hope Sandoval sulle note della trasognata “Sometimes Always", riuscendovi in maniera egregia, e sostenere i cori finali in coda all’immortale “Just Like Honey”; un buon modo di festeggiare un mese esatto dall'uscita del suo ambizioso lavoro “Selva”.
La chiusura include la psichedelia aspra della potente “I Hate Rock ‘N’ Roll”, raggiungendo l’apice noisy con la lunga intro e i passaggi strumentali di “Reverence”, planata diretta in direzione degli Stone Roses di “One Love”.
Impregnate le mura del Regio e travolto il pubblico con il loro irresistibile fragore agrodolce, i Jesus And Mary Chain registrano un meritato sold-out in cassa e scrosci di plausi, dando il benvenuto alla lunga settimana del Barezzi.
Blues From A Gun
Head On
April Skies
Between Planets
Amputation
Cracking Up
Snakedriver
Taste Of Cindy
Happy When It Rains
Half Way To Crazy
Some Candy Talking
All Things Pass
Nine Million Rainy Days
Darklands
Encore
Sometimes Always (with Marta Del Grandi)
Just Like Honey (with Marta Del Grandi)
I Hate Rock ‘N’ Roll
Reverence