12/08/2023

La Niña

Piazza Plebiscito, Napoli


Quest’anno il ricco palinsesto musicale estivo di Piazza Plebiscito ha visto salire sul palco due artiste di casa che comunicano sonorità ricercate e a tratti internazionali e che fanno parte del nuovo substrato musicale che nasce e si fa strada su Internet, raccogliendo follower, diventando così parte della contemporaneità e della sempre più fervida scena urban (e non solo) partenopea: La Niña e Altea. Apre il concerto la seconda, all'anagrafe Altea Memmi, cantautrice salentina di stanza a Napoli, una delle voci del collettivo napoletano Thru Collected: artisti visuali, musicisti, produttori, cantanti, ragazzi ispirati dalla musica suonata degli anni 80/90, ma anche drum'n'bass, electro e ambient. Il loro album “Discomoneta”, in cui si passano il microfono sei musicisti, è stato salutato da buona parte della critica come uno dei dischi più creativi del 2021.

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Alla rassegna Altea presenta il suo Ep: “Non ti scordar di me”. E lì sul palco, delicata ed elegante, è un tutt’uno col microfono e la sua tastiera, accompagnata da basso e chitarra. Inizia e scuote subito dal profondo: le sonorità dub, indie ed electro, che evocano atmosfere dilatate, i testi celati da una voce intima, il tutto assorbito, rielaborato e proposto in maniera da esplodere sulla pelle e nel cuore.
C’è poco da fare: la ragazza è sicura, potente nella sua delicatezza ed emoziona. E probabilmente il pubblico di Piazza del Plebiscito non si aspettava tali sonorità, ma sicuramente la proposta di un diverso tessuto musicale napoletano che esiste, si sta facendo strada e supera i limiti e la piattezza della trap, non può che far bene. E stavolta bisogna ringraziare il direttore artistico della rassegna, Lello Arena, per la sua sensibilità alla bellezza.

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Pochi minuti ed è la volta della cantautrice e chitarrista Carola Moccia, aka La Niña. Carola buca il palco sin dal primo pezzo. La sua presenza è forte, ma ciò che più colpisce è la miscelazione dei testi in dialetto con la potenza delle basi musicali: sul palco assieme ad Alfredo Maddaluno, poli-strumentista napoletano, producer e art director del progetto, mette in scena una rielaborazione della lingua napoletana e delle sonorità tradizionali proprie degli strumenti antichi processati con gli elementi del sound contemporaneo, e ciò che ne esce è forte. La Niña ammalia il pubblico grazie alla sua presenza scenica, e ai suoi movimenti che accompagnano i testi di rabbia e rivalsa sostenuti dal ritmo battente.
Ma quello che più colpisce è la forza nel gruppo che scaturisce dalle singole energie e la vedi tutta. La Niña parla di teste cadute in “Salomè”, perché, come dice lei, “ogni tanto qualche testa deve cadere”: “Fernesce malamente chi 'a vo' fa' cuntenta. 'O sanghe 'a fa ascì pazza manco fosse argiento. Ce sta chi pe' 'na notte l'ha creduto ammore. E s'è truvato c' 'a capa int' a 'nu piatto d'oro. Parla di esperienze di vita, in “Respira”, portandoci indietro nel tempo con l’utilizzo della voce che un po' ci ricorda Teresa De Sio.
Duetta con BigMama e Clementino, affascina con l’interpretazione gestuale in “Notte”. Continua con un paio di pezzi del repertorio classico napoletano e poi è la volta della commozione con “Fortuna”: “‘Nfonno ‘o specchio se vere ‘o futuro, t’è vestuto e dimane staje annuro. Alluccàmme e nun ce sente nisciuno e si arrivamme po’ ‘a chiammamme Fortuna”. Il pubblico è lì per lei, canta ed è entusiasta di ascoltare l’artista che ha saputo raccogliere tutte le opportunità che il mondo digitale offre sia per la produzione musicale che per la creazione dell’immagine.

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Quella di Altea e de La Niña è una nuova autonomia, sostenuta dagli strumenti della rete: il DIY (Do it yourself), una volontà di indipendenza giustificata dall’urgenza di comunicare la propria creatività senza sottostare a condizioni imposte dall’esterno. Con testi necessariamente intimi, perché è una generazione che è stata bloccata dalla pandemia. Che rimangano o meno nella “storia e negli annali” della musica, che lascino un segno, questo non lo sappiamo ancora ma, per dirla con Zygmunt Bauman, "la liquid generation è così: approfitta delle occasioni godendone nell'immediato, finché durano, non considerandole come capitolo introduttivo a un progetto di vita".

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Foto di Riccardo Piccirillo