Pochi ne parlano, tutti li ascoltano. Ogni concerto dei Nu Genea è un’esplosione di colori, di allegria e soprattutto di gente. Tantissima gente che si raduna festosa, occupando un’arena stracolma presso l’Ippodromo delle Capannelle per seguire l’attesissima tappa romana del loro tour estivo. Camicie sgargianti e look da spiaggia sono la divisa ufficiale di chi ama questo supergruppo, creato dai producer napoletani Massimo Di Lena e Lucio Aquilina. Ad accompagnarli sul palco vi è un’ancora più variopinta band, composta da musicisti eccezionali. La cantante Fabiana Martone ruba la scena con il suo abito sfarzoso e naturalmente con le sue indiscutibili doti vocali. Quando attacca l’inconfondibile incipit di “Vesuvio” (storico brano degli E’ Zezi ripreso e reinterpretato nel loro ultimo album), inizia una festa che durerà quasi due ore senza interruzioni.
Le canzoni sono in dialetto ma non serve comprendere le parole per lasciarsi trasportare dalle atmosfere jazz-funk del gruppo napoletano che difatti nei prossimi mesi si appresta a calcare i palchi di moltissime città europee (e non solo). La sua musica nasce dalle viscere di una ricchissima tradizione di blues e fusion partenopei, che ha avuto come alfieri più conosciuti Tullio De Piscopo, Pino Daniele e naturalmente i Napoli Centrale di James Senese e Franco Del Prete. I Nu Genea, però, non si limitano a seguire le orme di chi li ha preceduti ma propongono una musica fresca, attuale e aperta a molte influenze internazionali.
I brani sono ovviamente estratti in gran parte dai loro due Lp. Le loro due hit più famose, “Marechià” e “Tienatè”, sono suonate in maniera abbastanza fedele con il pubblico che le intona all’unisono. Le altre canzoni offrono solo uno spunto per squadernare delle lunghe jam session capaci di mettere in risalto le capacità di tutti i membri della band.
Il labirintico groove di “Nuova Napoli” è il punto nevralgico della sezione centrale del concerto, attraverso cui i Nu Genea innestano infinite divagazioni e assoli impossibili. L’applauso più lungo del pubblico è dedicato in questo caso alle incredibili capacità di resistenza al sassofono di Santangelo, ma anche il chitarrista Giannini e il batterista De Fazio hanno i loro momenti in cui mettersi in mostra.
“Nuova Napoli”, title track del primo lavoro, è di poco preceduta da “Bar Mediterraneo”, che dà il nome non solo al secondo album ma anche all’intero tour. Rappresenta infatti una sorta di manifesto di intenti attraverso cui i Nu Genea fanno irrompere i suoni caldi mediterranei nel loro sound. Ambasciatore d'eccezione è in questo caso il musicista Marzouk Mejri che, affiancato dal maestro delle percussioni Bianconcini, aiuta la band a portare un po’ di afrobeat nella sua babele di colori.
Nella parte conclusiva del concerto c’è spazio per due brani proposti frequentemente nei loro tour ma non inseriti nei già citati album. Si tratta di “Obsession” e “I Will Say It, I Will Do It”. Quest’ultima, che ha nel coinvolgente giro di basso di Petrella il suo punto di forza, è una scintillante vetrina attraverso cui tutti I musicisti salutano il pubblico e si prendono il meritato applauso. Il gran finale è riservato agli incantevoli arabeschi fusion di “Je Vulesse”, che chiude una caldissima serata capitolina all’insegna della buona musica.