In questi giorni a Roma l’argomento più gettonato è il Concerto di Capodanno, previsto nell’area del Circo Massimo. Massime autorità e opinione pubblica disquisiscono senza sosta circa l’opportunità di far partecipare Tony Effe alla serata. La censura imposta dall’amministrazione comunale, che prima ha inserito il rapper nel cartellone e poi lo ha depennato a causa dei testi definiti inappropriati per l’occasione, con conseguente solidale rinuncia da parte di altri artisti, sposta l’attenzione da quello che dovrebbe essere il vero punto focale della questione: come si organizza una Festa che abbia al centro la musica, in modo che possa risultare un evento memorabile?
Per informazioni pregasi rivolgersi a Vinicio Capossela, che proprio a Roma, dentro il redivivo Atlantico, ha messo in scena la più travolgente e pirotecnica delle Feste di Natale possibili. Parliamo di un artista che ha fatto del trasformismo la propria ragione di vita: ogni tour è completamente diverso dai precedenti, e anche all’interno dello stesso spettacolo il Maestro cambia maschera (e copricapi) continuamente. Per questa occasione Capossela propone un repertorio pensato per fra ballare il pubblico, affinato in anni e anni di Concerti per le Feste. La spina dorsale è fornita dalle canzoni contenute nel recente “Sciusten Feste N. 1965”, composte e registrate durante la pandemia, prodotte da Capossela insieme ad Alessandro “Asso” Stefana, oggi sul palco, all’opera fra chitarre e pianoforte.
“Conciati per le Feste” è il nome assegnato a questo giro di date, e secondo dove si lascia cadere l’accento, il significato cambia diametralmente. Dopo averle prese per bene, fra lockdown, crisi energetica, guerre e stravolgimenti politici, per qualche giorno Capossela invita tutti ad agghindarsi per trascorrere qualche giornata un pochino più “leggera”. E lui è il primo a dare l’esempio, insieme alla coloratissima band che lo accompagna, mettendo in scena uno spumeggiante spettacolo che attinge a diverse fonti e tradizioni, miscelando mazurche e swing, folklore italo-americano e ritmi caraibici, senza dimenticare le vere canzoncine natalizie, da “White Christmas” a “Jingle Bells” a “Santa Claus Is Coming To Town”, tutte riviste e corrette secondo il piglio del Maestro. Che poi di tanto in tanto non perde occasione per lanciare qualche proclama socio-politico, sempre centratissimo.
In gran spolvero anche qualche classico di Capossela, fra una iper-scatenata “Marajà” e una dolcissima “Ovunque proteggi” posta a chiusura del set. Tanti gli imprevedibili momenti di sana ilarità, come quando Vinicio invia in platea la ragazza-lampada per dar vita con tutti i presenti al tipico trenino di Capodanno sulle note di “Tico Tico”, pezzo un po’ kitsch ma sempre divertente da suonare, che poi si trasforma in “Che coss’è l’amor”, altro super-classico del repertorio del Maestro. Appena prima Capossela presenta la band in modo assolutamente personale, sfruttando la filastrocca “Il friscaletto”, che in pratica diviene la sua personale e gioiosa “Alla fiera dell’est”. Sul palco non solo i musicisti (in realtà una vera e propria ricchissima banda musicale) ma anche un folle circo con acrobati, illusionisti, coriandoli, stelle filanti, campanelle, strumenti di tutti i tipi, per una festa che rende labile per quasi due ore il confine fra realtà e sogno. E anche stavolta il Maestro è riuscito a sorprenderci.
(Credit foto: Salvatore Maranda)