14/02/2018

Belle And Sebastian

Estragon, Bologna


È un mercoledì sera davvero speciale, quello che va in scena a Bologna. Ci sono i Metallica a Casalecchio, gli Algiers al Locomotiv e i Belle and Sebastian all'Estragon: una proposta per ogni palato, e per molti l'imbarazzo della scelta. Il locale di via Stalingrado non è sold-out, ma la cornice è comunque importante e l'entusiasmo alle stelle: vuoi perché Stuart Murdoch e soci mancano in città da una vita e mezzo, vuoi perché gli scozzesi possono vantare un significativo seguito in Italia più o meno da sempre, vuoi perché è San Valentino e, a ben vedere, dei tre concerti in programma nel capoluogo emiliano, quello dei Belle and Sebastian è in un certo senso quello più in tema.

Per i Belle and Sebastian si tratta della seconda e ultima data in Italia dopo il concerto della notte precedente al Fabrique di Milano. La formazione di Glasgow sta promuovendo il trittico di Ep licenziato tra la fine del 2017 e l'inizio del 2018 e raggruppato sotto il nome di “How To Solve Our Human Problems”, ma è ben consapevole di come l'attesa del pubblico italiano sia soprattutto rivolta alle hit del passato. Il set si snoda quindi attraverso una continua alternanza di nuovi e vecchi brani, con i secondi in particolare che vengono accompagnati dai cori compatti del pubblico dell'Estragon. L'inizio del concerto ricalca quello di Milano: si parte sulle note di pianoforte di “Nobody's Empire”, uno dei cavalli di battaglia del recente “Girls In Peacetime Want To Dance”, si prosegue con “I'm a Cuckoo” e si torna all'attualità con una “We Were Beautiful” che tutto sommato riesce a convincere anche in sede live.

Dal repertorio nuovo di zecca vengono estratte anche “The Same Star” - poca cosa anche dal vivo, a essere sinceri - e una “Sweet Dew Lee” cantata da Stevie Jackson che viceversa riesce a strappare il gradimento della platea bolognese, anche e soprattutto per un certo allineamento con le sonorità del passato. Quando partono “Another Sunny Day” e “I Want The World To Stop” è il segnale che l'evento sta davvero entrando nel vivo. Le teste e i piedi si muovono all'unisono mentre Murdoch, maglietta a righe e aria da eterno giovane, si prende tutta la scena: interagisce con le prime file, si mette a fare quiz in italiano e mostra orgoglioso il video del suo viaggio in treno dal capoluogo lombardo a quello felsineo, attraverso paesaggi padano-emiliani ben noti a tutti i presenti.
Dopo una splendida versione di “Piazza, New York Catcher”, con il Nostro seduto sul bordo del palco, è la volta del primo estratto da “If You're Feeling Sinister”, una “Like Dylan In The Movies” che arriva a bruciapelo e fa cantare all'unisono i fan della prima e dell'ultima ora.

In scaletta c'è spazio anche per un estratto dal mitologico esordio “Tigermilk”, nella fattispecie “Expectations”, un piccolo-grande inno per una generazione cresciuta senza certezze, se non quella di una strada già segnata. Nel frattempo il concerto si è trasformato in una vera e propria festa e Murdoch chiama sul palco una nutrita rappresentanza del pubblico delle prime file il cui compito sarà quello di ballare in mezzo ai membri della band. Cosa che puntualmente accade con “The Boy With The Arab Strap” e una improvvisata cover di “Love Is In The Air” di John Paul Jones, alla quale partecipano pure i Pictish Trail, la band scozzese che apre le date del tour. È l'omaggio dei Belle and Sebastian alla notte di San Valentino, e il regalo è apprezzato in particolar modo dalle numerose coppie presenti in sala.

Il set si chiude sulle dolci note di “Judy And The Dream of Horses”, ninna-nanna pop recapitata dritta dritta dalle prime, inarrivabili prove discografiche della formazione di Glasgow. L'encore riparte sempre da “If You're Feeling...”, con una versione di “The Fox In The Snow” da brividi. Il finale è però ancora una volta all'insegna della festa: le metriche ballabili di “The Party Line” chiudono con un'ultima dose di buonumore una serata davvero difficile da dimenticare: come recitava un vecchio titolo, there's too much love...