Per ricordare Steve Albini, morto ieri a 61 anni, la rivista Rolling Stone ha selezionato “17 album essenziali” realizzati dal grande artista americano, con la sua diretta partecipazione come musicista o in veste di produttore. “Steve Albini – scrive la testata statunitense - ha lasciato il segno nella musica in più modi di quanti si possano contare. Ha realizzato un indie rock dirompente con Big Black e Shellac, è stato un esplicito oppositore dell’oppressione sugli artisti esercitata dal business discografico e ha espresso questi sentimenti in saggi come l'influente ‘The Problem With Music’ del 1993 e altri, che hanno narrato il lato oscuro del settore”. Come produttore - o ingegnere, come preferiva farsi chiamare – Albini – ricorda ancora Rolling Stone - era attivo quando l’indie rock iniziò a prendere forma negli anni Ottanta. Poi, “la musica si trasformò nel grande alt-rock degli anni Novanta, con le major che si resero conto che c'erano un sacco di soldi da guadagnare, Albini si fece davvero avanti” e “con ogni artista o band con cui ha lavorato, si è assicurato che il genere che difendeva non perdesse mai il suo carattere corrosivo e che i musicisti suonassero il più fedeli possibile a se stessi, ignorando il più possibile gli aspetti commerciali”.
Ecco la sua eredità musicale nei 17 dischi selezionati da Rolling Stone, cui aggiungiamo noi idealmente il capolavoro dei Dirty Three "Ocean Songs" (qui il servizio completo con i commenti per ogni album):