"Alcuni ragazzi in Italia mi chiamano Mamma Jazz. Mi fa molto piacere.
Almeno finché non mi chiameranno Nonna Jazz"
(Ella Fitzgerald)
Timbro purissimo; dizione, fraseggio e intonazione impeccabili; estensione di tre ottave: una voce che val bene un assolo della tromba di Louis Armstrong, una voce che sa essere uno strumento. Una voce, una leggenda.
Sono gli anni 30, è l'era delle Big Bands, a New York: ecco un doppio disco che racconta, a posteriori, come la First Lady Of Singing incantò il pubblico dello storico Savoy Ballroom, a Harlem, e divenne una star.
Ella Fitzgerald, insieme a
Billie Holiday e Sarah Vaughan, è tra i pilastri della storia del jazz e del canto
scat. Nata a Newport, in Virginia, da una famiglia difficile, si sposta ben presto a New York. Dopo la morte della madre, la giovanissima Ella conosce la strada, la malavita, e persino il vagabondaggio. Viene notata per puro caso, dal trombettista della band del famigerato Chick Webb, a uno spettacolo amatoriale. Si racconta che nelle sue prime collaborazioni la futura diva fosse così rude da doverle insegnare l'uso di acqua e sapone. Da lì, pian piano, inizia una carriera prolifica e irrefrenabile, con uno stile ironico, virtuoso ed esplosivo, attraverso lo swing, il bebop, il gospel, il blues, la samba, fino alla indimenticabile rilettura dei grandi classici del jazz d'oltre oceano.
Questa raccolta di sedici brani, uscita nel 1999 insieme a un documentario omonimo sulla vita della star, è un ottimo ritratto, forse il migliore, della sensazionale storia dell'interprete americana. In particolare, per la prima volta vengono unite, in un'unica compilation, le registrazioni per la casa discografica "Decca" (1935 - 1955) e quelle per la "Verve" (1956-1966).
"A-tisket, A-tasket", del '38, è il primo singolo della Fitzgerald, un brano commerciale e orecchiabile, riadattato da una vecchia filastrocca: il pezzo si muta ben presto in una hit, e porta alla notorietà la vispa cantante, in un look solare e sbarazzino. Negli anni "Decca" abbiamo anche, tra le altre, "How High The Moon", con un'improvvisazione di classe, e"But Not For Me", direttamente da quella gemma per piano e corde vocali che è l'album "Ella Sings Gershwish".
Gli anni con la
label Verve includono: "Ridin' High" e altre canzoni scelte dal celebre "Ella Fitzgerald Sings The Cole Porter Song Book"; le favolose versioni
live di "Armail Special", capolavoro del canto
scat, registrata al Newport Jazz Festival del '57, e della memorabile "Mack The Knife", del '60, a Berlino, quando Ella dimenticò le parole e iniziò a inventare il testo e a improvvisare; "Bill Bailey", dove la cantante, famosa per le imitazioni dei suoi colleghi, si esibisce in un mimo di Della Reese e Pearl Bailey; la meravigliosa ballata di "Angel Eyes", acustica, con la sola chitarra del portentoso Barney Kessel a fare da accompagnamento.
Si parte, dunque, da un talento adolescente,
vocalist nell'orchestra del batterista Chick Webb, e si arriva a una donna matura, capace di trasformare in leggende planetarie i brani dei primi compositori jazz, come "Summertime" di Gershwin o "Misty", ma si ascolta anche la deliziosa e volubile interprete di "Ella's Contribution To The Blues", "Lady Is A Tramp" e "(You'll Have To Swing It) Mr Paganini".
Questo doppio disco è quindi un buon modo di conoscere una grande artista, di avvicinarsi al jazz, tra note che parlano del sole, della domenica, del riposo, del lavoro, della leggerezza, dell'allegria, dell'amore e del dolore. Note cantate dalla maestria, sincera e benevola, di una delle più grandi voci di tutti i tempi: una voce che è anche un emblema sociale, un emblema nero, nero e rivoluzionario. Una voce che nella musica scova, appunto, "Something to live for": qualcosa per cui vivere.
13/03/2012