I suoni hanno un'attitudine semi-acustica e melodica, in cui si alternano “noir” acidi e digressioni romantiche. Si passa così dallo spleen dolente dell’iniziale “Shiny Days” all’energia quasi garage-rock di “Way Of The Hobo”, dalle ballate più struggenti (“Unkind”, “Don’t Shot On Me”) all’aspro alternative-rock di “Don't Forget Me”, dal pezzo intitolato a Sam Peckimpah, vero manifesto del loro ebbro “western-rock”, agli echi psichedelici della conclusiva “Sunset”. La voce di Manuel Lieta sa essere molto “calda” ed evocativa, trasmettendo quel senso di malinconia che traspare dall’intero lavoro.
Non sempre tuttavia l’interpretazione riesce ad essere all’altezza delle intenzioni, e qualche volta trapela anche un certo manierismo. La loro, comunque, è musica di confine, che sembra oscillare tra un’anima più tradizionalmente "root-rock" e una più “alternative”; e tutto sommato è proprio la prima a farsi preferire, in forza di un sound che, a tratti, riesce davvero a trasportare nelle valli più desolate della Frontiera, tra foreste e canyon. Un risultato che vanta ben pochi precedenti nella tradizione italiana.
(25/10/2006)