Nel 1994 i polistrumentisti londinesi John Coxon ed Ashley Wales costituirono gli Spring Heel Jack, contribuendo attivamente a foggiare la struttura del "drum'n'bass"; giunti al nono lavoro, dimostrano di possedere una vena più che mai ispirata ed originale, affrancandosi dal genere che li aveva svezzati per incedere nel territorio del jazz. L'album, interamente strumentale, non vanta certo la caratteristica dell'immediatezza: le otto perle in esso contenute ripagheranno tuttavia la dedizione dell’ascoltatore con una varietà di emozioni che raramente un singolo disco può suscitare. I musicisti affrescano nebbiose atmosfere con intensi acquerelli e utilizzano, dove occorre, drammatiche e nervose pennellate rumoriste senza mai trascurare una sobria e sincera dolcezza di esecuzione.
Coxon e Whales, qui in veste di musicisti e produttori, utilizzano con parsimonia la propria strumentazione elettronica, permettendo agli strumenti degli illustri ospiti di tessere trame celestiali nelle quali ciascun musicista sembra operare una meticolosa selezione di suoni e segnali: Han Bennink (batteria), John Edwards (basso), Ed Coxon (violino), Evan Parker (saxofono soprano e tenore), J Spaceman (chitarra elettrica), Paul Rutherford (trombone), Matthew Shipp (Fender Rhodes, nonché direttore artistico del progetto "Blue Series", di cui l'album fa parte), George Trebar (doppio basso elettrico ed acustico) e Kenny Wheeler (tromba e "flugalhorn") contribuiscono equamente al fluire di queste sensazioni in musica.
"Amassed", autentico e per nulla derivativo, ammicca alle sonorità dolcemente acide e distorte del Miles Davis "elettrico" della fine dei 60, sfiora candidamente le partiture cerebrali ma commoventi dell'Howard Riley di "The Day Will Come", si serve delle sperimentazioni della Danza Moderna per giungere alle incessanti reiterazioni degli Spaceman 3 e degli Spiritualized. E' un disco fondamentale per chiunque avverta la necessità di capire quale direzione abbia già intrapreso la musica della nuova generazione.
06/11/2006