Una banana sbucciata di velvettiana memoria campeggia sulla copertina di "Welcome To The Monkey House", quarto album dei Dandy Warhols. Ma i paragoni con la band di Lou Reed e John Cale finiscono qui. Additati dai media specializzati sin dagli esordi come una delle band più cool del pianeta (sarà forse per quel nome?), negli anni passati la loro proposta si era caratterizzata come una sorta di garage-rock molto hype , perfettamente rappresentato dalle hit "Last Junkie On Earth" e "Bohemian Like You", famoso jingle della Vodafone (nonché spoof di "Brown Sugar"...). Dall'ascolto di questo nuovo disco, sembra ci sia stata una virata verso sonorità più synth-pop anni 80 (probabilmente in virtù della produzione del redivivo Nick Rhodes dei Duran Duran), anche se l'impianto delle canzoni resta prevalentemente lo stesso, con la voce del narcotico cantante Courtney Taylor a biascicare indolente su un pop-rock che vorrebbe tanto essere "indie" ma non ne possiede i giusti requisiti, in primis l'onestà.
Quella dei Dandy Warhols è infatti una proposta musicale furba, talmente furba che è riuscita a far drizzare le orecchie di uno dei "volponi" del rock, David Bowie, che li ha astutamente voluti come opening act del suo ultimo tour mondiale. Ma non basta ostentare coolness citando i Velvet Underground (e i Rolling Stones di "Sticky Fingers", guarda caso altra celebre cover warholiana) e riprendendo certe atmosfere anni 80 che fanno tanto trendy in questi tempi di revival. "Welcome To The Monkey House", che si avvale tra l'altro del contributo di Simon LeBon (sic!) alla voce in "Plan A" e di Evan Dando alla co-scrittura in "You Were The Last High", è un album di cui è difficile parlare. Sono veramente pochi gli episodi per cui vale spendere qualche parola: l'apertura di "We Used To Be Friends", che ricalca le atmosfere degli U2 più modaioli di metà anni 90; l'eterea "Insincere Because I" (forse uno dei momenti da salvare); la già citata "You Were The Last High", che vorrebbe richiamare "Ashes To Ashes" ma si rivela solo una pop-song tanto ballabile quanto banale; "Heavenly", che ricorda maggiormente i trascorsi musicali del gruppo, con l'aprirsi di chitarre alla Stones (ancora?) nel ritornello.
Non manca una lunga e psichedelica chiusura con "You Come In Burned", che nella sua pretenziosità non riesce a elevare lo scarso potenziale artistico del disco. Se questa (come sostiene certa stampa) è davvero una delle band più cool del momento, allora faremmo meglio a tenerci stretti gli Strokes.
27/10/2006