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Madchester, atto secondo. Correva l'anno 2004. Gli Oasis, ormai diventati una cover band di sé stessi, erano combattuti tra il desiderio di cambiare un po' le carte in tavola (produzione del nuovo disco affidata ai Death in Vegas) e la paura di farla fuori dal boccale (Death in Vegas mandati a casa dopo poche settimane); nel frattempo, Ian Brown riproponeva i vecchi brani degli Stone Roses dal vivo e osservava invidioso i
Pixies, immaginando quanti soldi avessero fatto con la loro eclatante reunion. Peccato che gli altri ex membri della sua vecchia band non volessero saperne e il povero Ian si ritrovò quindi costretto a far uscire l'ennesimo insulso album solista della sua carriera. Altre band, come
Inspiral Carpets o i più recenti Rain Band, sembravano più che altro promesse mai mantenute. Di fronte a questo scenario apocalittico (o giù di lì, dai), una Manchester sull'orlo del baratro musicale necessitava come il pane di forze fresche, di qualcuno in grado di rivitalizzare quel sound che, a cavallo tra anni 80 e 90, l'aveva trasformata nella capitale mondiale del rock. Qualcuno in grado di rinverdire i gloriosi fasti della leggendaria Madchester.
Ecco, questa introduzione sarebbe stata perfetta, per presentare l'omonimo album di debutto dei
Kasabian. E invece mi tocca cancellare tutto, perchè i Kasabian sono di Leicester. Di Leicester! Ma robe da matti! E' come se una band di Reggio Emilia si mettesse a suonare canzoni napoletane. E sì che ero strasicuro che venissero proprio da lì. Perchè questi Kasabian sono semplicemente la miglior band di Manchester non di Manchester sbucata fuori da parecchio tempo a questa parte. Era tutto perfetto, avrei chiuso il cerchio meravigliosamente e ora mi tocca rivedere i piani. Chessò, magari potrei iniziare a parlare del disco?
Il disco è arrogante. Avete capito bene, arrogante. Perché si diverte a bullarsi di fronte a tutte quelle band che nel recente passato si sono avvicinate al sound mancuniano: "Club Foot" ridicolizza tutto ciò che i The Music abbiano mai fatto, "Reason Is Treason" è il pezzo che i Black Rebel Motorcycle Club non riescono (più) a scrivere, e i Cooper Temple Clause venderebbero un rene per avere una "LSF" nel loro pur ottimo repertorio.
In mezzo a tutto questo, reminiscenze sia dei già citati
Oasis e
Stone Roses che di Happy Mondays (altro gruppo chiave della Manchester che fu) e soprattutto
Primal Scream nei momenti in cui strizzano l'occhio all'elettronica. I Kasabian, nonostante qualche perdonabile sbavatura soprattutto nel finale, ci propongono un'opera tosta, energica e massì, cazzona al punto giusto.
Al di là delle frasi di circostanza, delle influenze e dei propositi per il futuro, è importante sottolineare come a convincere siano prima di tutto le canzoni: solide, ben suonate e dotate di quel tipico piglio autoritario, quell'atteggiamento da band che non deve chiedere mai che tanti fan aveva fatto guadagnare ai fratelli Gallagher una decina d'anni fa. L'impressione è che Tom Meighan e soci abbiano ancora molte cartucce da sparare: se riusciranno a non perdersi per strada come molti altri prima di loro, chissà che nel 2014 non esca un dvd commemorativo di questo brillante debutto.
19/12/2006