All'appello mancava però Roma, con la sua tradizione di stornelli, di storie d'amore e di coltelli, di popolane sanguigne e figli di buona donna. Roba per palati forti, buona al massimo per intrattenere i turisti nei ristoranti di Trastevere o intenerire i nostalgici del "reuccio" Claudio Villa. E' quasi titanica, quindi, l'impresa compiuta dagli Ardecore: riesumare quel patrimonio senza tradirne lo spirito, ma attualizzandolo con arrangiamenti moderni. A leggere i nomi dei componenti del gruppo, si scopre però che l'impresa non è stata casuale: dietro al geniale moniker Ardecore (che gioca anche sul termine "hardcore" storpiato in romanesco) si cela infatti un supergruppo comprendente il trio nu-jazz degli Zu, il cantautore folk-blues Giampaolo Felici, il fisarmonicista Luca Venitucci (jazzista, nell'entourage di Lou Reed), il vibrafonista Valerio Borgianelli (pupillo di Steve Reich) e - udite udite - Geoff Farina, chitarrista di un'eminente ex-band post-rock di Chicago, i Karate.
Il progetto nasce nel 2002, quando Zu e Karate dividono il palco della loro tournée europea con Blind Loving Power, la creatura blues-gospel di Felici: all'inzio e alla fine di quelle serate vengono riproposti vecchi stornelli romani. Da qui l'idea di unire le forze per un'operazione di archeologia ed etnologia musicale: riportare alla luce e "sdoganare" i brani più noir della discografia capitolina. Ne è scaturita una raccolta di dieci murder ballads, che tratteggiano una Roma a tinte fosche, più vicina all'immaginario pasoliniano dei "Ragazzi di vita" che ai cliché della "città solare" e del "volemose bene". Narrativa "blues" che parla il gergo universale delle vite al margine, del loro carico di miseria e disperazione.
L'album è diviso in tre "tavole", come nella tradizione dei cantastorie. Nella prima l'ambientazione è quella delle carceri e del malaffare, del dramma, della vendetta e di una religiosità a sfondo pagano. La seconda è dominata dalla morte, che scorre sulle acque limacciose del Tevere. Il terzo trittico è dedicato alla "serenata", nucleo melodico della canzone romana (e italiana in genere). Oscure trame folk-blues pervadono l'iniziale "Come te posso ama' ", lamento di un prigioniero politico per l'amata e la libertà perduta. "Madonna dell'Urione" e "Madonna dell'Angeli" sono due invocazioni dell'aiuto divino. La prima avvolge in languori alla Calexico una scenata di gelosia e di tradimenti. La seconda è la parabola straziante di un uomo che perde la sua bella e il figlioletto, e supplica il cielo di restituirglieli: una magnifica folk-song di oltre sette minuti, tra stacchi di fiati, contrappunti di fisarmonica e una coda free.
Nel secondo capitolo entra in scena il Tevere, divinità pagana e altare di vite a perdere, come quella del "Lupo de fiume" che segue il destino der "…pupo verso la corente un tonfo, in fonno e poi nulla più…" (vibrante interpretazione di Felici, su un arrangiamento reso post dal tocco di Farina e dai luccichii del piano), o del classicissimo "Barcarolo Romano", qui virato verso il blues balcanico. E pare quasi di vedere una Madonna pasoliniana nell'eroica "Popolana" che salva i pupi dalle acque del fiume. A chiudere l'album, il tris di serenate. "L'eco der core" riluce di sonorità tex-mex e culmina in un bella chiosa strumentale. Il "Fiore de gioventù" è un vecchio tango di Petrolini che sboccia in un folk-blues al ralenti, tra Nick Cave e i Black Heart Procession.
La commossa "Serenata de paradiso" affoga la malinconia in un clima jazzy, che prelude alla ghost-track conclusiva (un sonetto del XIII secolo). Sorprende l'equilibrio tra il rispetto dell'austerità degli originali e la loro rilettura "bandistica", che fa leva su esplosioni di fiati à-la Bregovic, paesaggi post-morriconiani di scuola Calexico e ritmi sghembi d'impronta free-jazz. Motore di questi arrangiamenti è l'indiavolato trio Zu, che fraseggia con la fisarmonica e il piano Fender Rhodes di Venitucci e con il vibrafono, il glockenspiel e le percussioni di Borgianelli, lasciando alla chitarra elettrica di Farina un certosino lavoro di contrappunto.
Degne di nota anche le interpretazioni vocali di Felici, che centrifuga passione e rabbia con piglio degno della compianta Gabriella Ferri.
A rendere ancor più allettante l'opera, il ricco booklet di Alessandro "Scarful" Maida, ispirato all'estetica carceraria dei tatuaggi, e il prezzo, 8 euro, come da (meritoria) politica della collana de "Il Manifesto". "Ardecore" è musica vecchia tre secoli, ma che pare composta l'altroieri. Poesia di strada, non ethno-chic. Er core de Roma che sobbalza. E seduce ancora.
(20/04/2005)