Probabilmente lo avete già ascoltato da qualche parte, ma non lo sapete. Jamie Lidell, infatti, è noto soprattutto per essere (stato?) la voce dei Super Collider, dinamico duo formato insieme a Cristian Vogel, che univa la sua attitudine soul con i beat colti e sofisticati del musicista anglo-cileno.
Ha anche esordito come solista con "Muddlin Gear", un disco quasi glitch in gran prevalenza strumentale, un album che aveva spiazzato un po' tutti.
Ha fatto anche da cantante per la Matthew Herbert Big Band, prestando la sua voce a due brani di "Goodbye Swingtime", fra cui la deliziosa "Everything's Changed".
In giro per il mondo, poi, si è fatto notare per i suoi live act di sola voce. Faceva tutto lui: si registrava in versione human beatbox o campionava brevi stralci di vocals per poi reimprovvisare sopra o seguire vaghi canovacci. Avete potuto vederlo sia da solo che nelle serate Warp della London Sinfonietta.
Con il nuovo album, Lidell, sorprendendo ancora una volta, si concede un'operazione revivalista in stile Prince di "Parade". Se però nella sua uscita del 1986 il principe di Minneapolis si era concentrato sul rhythm'n'blues d'annata e la sua personale interpretazione della chanson francese, Lidell si dedica soprattutto al soul degli anni 60 e 70. Ripesca e riproduce, così, lo Stevie Wonder dei tempi d'oro, affondando il colpo addirittura fino ai Platters o al blue eyed soul alla Frank Sinatra, passando però anche per Prince (che in questi venti anni è diventato una macchina da standard come gli altri nomi citati) e non dimenticando che sempre nel 2005 siamo. "Multiply", infatti, non suona come un disco vecchio o datato. Lo dicono i suoni e una produzione ben piantata nel nostro tempo, scintillante sebbene tutt'altro che leccata.
A fare da legame fra la produzione precedente e questo nuovo disco, comunque, c'è "The City", brano già noto a chi ha comprato "WarpVisions", il Dvd dei video Warp che ne mostrava il clip in anteprima. E' solo qui, infatti, che si ritrova lo sporchissimo soul del terzo millennio che Lidell aveva disegnato nei due album dei Super Collider e soprattutto in quella canzone-capolavoro che è "Daddy's Car", perla del suo esordio solista. "The City", infatti, è una sorta di inquietante blues (anti)metropolitano, con tanto di basso motoristico rubato al John Paul Jones di "The Sporting Life" ad accompagnare una interpretazione nervosa e paranoica.
Poi per il resto, come già detto, si passa a un gioioso revival, che funziona soprattutto per la capacità del nostro di azzeccare buonissime melodie e ritornelli killer. E' il caso del singolo "When I Come Back Around", che inizia con un attacco che più princeiano c'è solo Prince e un cantato puro ruggito alla Stevie Wonder, per poi calarsi in suoni inequivocabilmente del ventunesimo secolo. Il tutto mantenendo un'atmosfera sospesa fra i secondi 70 e gli 80 a Minneapolis (ascoltare l'assolo di tastiera per credere).
Il bel bridge della title track si concede, sull'accenno alla "people on the moon", un suono di astronave come quello di "She Wants To Move" dei N*E*R*D: segno che a ispiratori simili corrispondono ispirazioni simili?
Si segnala anche l'ottimismo dolceamaro di "What's The Use?", mentre la swingante "Music Will Not Last" ci porta dritti dritti a una festa di fine anno di un liceo americano del 1960.
Si chiude con l'ammaliante "Game For Fools". Avete ancora in mente il ballo di fine anno della riga sopra? Ecco, questo è il lento che seduce. Se non vi fate prendere dai dubbi del testo potete provare a baciare la vostra lady.
Prima di chiudere, però, cerchiamo di essere chiari: questo "Multiply" è il tipico disco che qualcuno potrebbe adorare e qualcun altro detestare con tutto se stesso, ma avrebbe tutto per sfondare. Tutto tranne video accattivanti per il grande pubblico, un cantante dall'immagine forte e una promozione aggressiva. Per questo arriverà ai soliti pochi. Almeno voi ascoltatelo.
17/07/2015