I Marlene Kuntz tornano con il loro sesto lavoro (esclusi Ep e live), intitolato "Bianco Sporco", riprendendo in parte il discorso lasciato aperto due anni fa con "Senza peso", dopo aver subito profondi mutamenti all'interno della loro stessa line-up .
Un cambio di notevole importanza ha, infatti, caratterizzato il periodo di transizione da "Senza peso" a "Bianco sporco", e cioè l'abbandono tutt'altro che pacifico da parte di Daniele Ambrosoli, sostituito al basso da Gianni Maroccolo pochi mesi prima della uscita del disco stesso. Il celebre bassista ex Litfiba e Csi ha così preso parte alle registrazioni dell'album affiancando Riccardo Tesio, Cristiano Godano e Luca Bergia, con il supporto di Rob Ellis per quanto concerne gli arrangiamenti di tastiere e archi.
La produzione, invece, questa volta è a cura dei Marlene stessi.
"Bianco sporco" era sicuramente uno dei dischi più attesi dell'anno nel panorama italiano, vista anche la fama ormai acquisita dalla formazione torinese negli ultimi anni.
Un successo propiziato da un nuovo corso più accessibile, che ha però alienato alla band le simpatie di parte della critica. E l'ascolto di questo nuovo album conferma che i Marlene degli esordi sono definitivamente scomparsi.
Godano e compagni appaiono vicini a quel cantautorato raffinato già lambito nel precedente "Senza peso", anche se il loro stile non rinuncia a impennate di rock più viscerale, che forse hanno perso l'impurità rabbiosa e l'ingenuità primigenia di "Catartica".
Sembra che il gruppo di Cuneo ancora non voglia decidere la strada da intraprendere, se rinunciare definitivamente a quei "fragori e schianti" degli esordi per percorrere la strada di un raffinato pop-rock impreziosito dai delicati scambi e fraseggi di Godano e Tesio, oppure ricercare un fragile equilibrio tra le due istanze molto diverse tra loro, accontentando così sia gli estimatori della prima ora sia possibili nuovi ascoltatori.
Curiosamente, il titolo sembra ricalcare questo dualismo insito nell'attuale musica del gruppo: bianca, nitida, pura e cristallina, ma capace ancora di produrre un rock sporco, duro, aggressivo, estremamente distorto. E mai come in questo disco appaiono le due anime di questa band, in perenne lotta tra loro.
L'album si apre con "Mondo cattivo", canzone abbastanza tirata che contiene quasi un avvertimento a chi si accinge ad ascoltare questo cd, un messaggio a "quegli stronzi che non apprezzeranno mai", che non hanno approvato la svolta sonora intrapresa con "Che cosa vedi" e proseguita tra le note del discusso "Senza peso". La voce di Godano trascina il pezzo, uno dei più segnati dall'influenza dei Sonic Youth, verso un finale strumentale in cui emerge il basso di Maroccolo oltre ai consueti dialoghi chitarristici dello stesso Godano e di Tesio.
"A chi succhia" parte come un tranquillo pezzo pop per approdare a un finale inaspettato.
Stesso discorso valga per "Il solitario", che si evolve in un'atmosfera distorta e chiassosa.
I Marlene non rinunciano a essere cattivi, ma ora lo fanno con estrema classe e purezza, mancando però dell'ispirazione, del "fuoco sacro" che animava i loro primi lavori, forse anche perché all'incoscienza della loro giovinezza è subentrata una nuova maturità artistica.
"Bellezza", il singolo che ha anticipato l'uscita dell'album, presenta un violino che rimanda alla musica dei Dirty Three e un ritornello che è quasi un manifesto delle scelte espressive di Godano e soci, caratterizzate da una perenne ricerca della raffinatezza estrema.
"Poeti", forte di un testo notevole, è tra i pezzi migliori dell'album ed è seguita da una infernale "Amen", dotata di un pathos che rimanda con le dovute proporzioni alle atmosfere di "Ape Regina".
"La lira di Narciso" sfugge alla consueta struttura di molte canzoni presenti in questo disco, anche grazie alla presenza di una parte narrata che riporta a brani come "La vampa delle impressioni", e "Vortice", ovvero alcune delle vette "sperimentali" della band.
"L'inganno" richiama nelle parti strumentali trame slocore (Codeine) e post-rock (Mogwai).
Degna di nota anche "La cognizione del dolore", liberamente ispirata all'opera di Gadda, in cui Godano urla con forza le strofe, fino a un finale che ricorda vagamente quello dell'epica "Nuotando nell'aria".
Il disco si chiude con "Nel peggio", brano estremamente tirato, che trova una calma apparente nel finale.
"Bianco sporco" è un buon disco, un lavoro che ci si può aspettare da ragazzi ormai vicini alla maturità e non più a caccia della novità sonora a tutti i costi.
Le canzoni, infatti, tendono ad appiattirsi quasi tutte sulla stessa struttura, rinunciando in buona parte a quelle ambizioni sperimentali che non mancavano neanche in "Senza peso", basti pensare a una traccia come "Spora 101".
Forse tutto ciò è un chiaro indizio di quello che sarà il suono dei prossimi Marlene o forse no.
L'unica cosa chiara, comunque, è che i Marlene Kuntz sono per fortuna ancora capaci di scrivere belle canzoni.