A distanza di tre anni dal fortunato "
Punk... Not Diet!", licenziato dalla bolognese Homesleep, i
Giardini di Mirò, da Cavriago, tornano sulle scene con questo Ep originariamente diviso in due parti (uscito su Lp sempre per 2nd rec.) e qui unito in un solo cd. Tante cose sono successe nel frattempo: il canto di Alessandro Raina è sparito per lasciar posto a quello di Jukka Reverberi e Corrado Nuccini, Luca Di Mira ha pubblicato un disco solista molto buono a nome
Pillow, tra suggestioni glitch e elettronica ambientale, il già citato Corrado Nuccini ha lavorato duro al suo progetto di hip-hop in odor di Anticon (in uscita a breve) e, infine, i Giardini di Mirò sono stati anche impegnati nelle vesti di produttori per il disco dei Zucchini Drive, duo hip-hop belga che si è avvalso dell'aiuto dei cinque di Cavriago, appunto, oltre che di Markus Acher dei
Notwist, Alias,
Populous e altri.
Si parte forte con "Othello", che vede un
beat di matrice sorprendentemente dance fare gli onori di casa per poi trasformarsi in impalcatura per una suggestiva cavalcata carica della malinconia tipica della band: non mancano, infatti, gli intrecci di chitarra che tanto abbiamo amato, così come gli archi strappalacrime e i tappeti di synth che disegnano aperture in luoghi invero claustrofobici e scuri, esaltando la natura inquieta del brano. Novità assoluta: la voce di Jukka Reverberi, tra canto e
spoken word , a recitare versi de "L'Otello" di Shakespeare.
Dicevamo dell'aiuto dato al duo belga Zucchini Drive in fase di produzione, ed ecco "Little Cesar", quasi un favore ricambiato da uno dei due Mc, Tom de Geeter, che riversa rime su un brano che, se vogliamo, ci ripropone i Giardini di Mirò di sempre, tra
Mogwai e
Slowdive: il matrimonio tra alt-hip-hop e post-rock (scusate l'uso di queste inascoltabili e illeggibili etichette) s'ha da fare ancora una volta, dopo aver ascoltato i
cLOUDDEAD sugli
Hood, Alias su
Styrofoam etc.. Invaghitisi della scena elettronica tedesca in tempi non sospetti, i cinque di Cavriago propongono in questo brano la loro versione di uno stile sì inflazionato di questi tempi, ma fascinoso e accattivante; il risultato è buono e lascia sperare in sviluppi futuri interessanti.
Non pensiate però che questo Ep sia solo un salto in un futuro prossimo, perché il passato è dietro la porta e bussa con i rintocchi di "Blood Red Bird" di Bill Callahan aka
Smog, brano che i Giardini di Mirò eseguono da anni durante i loro
live e che si avvale della voce dell'ex Alessandro Raina che, nel finale, azzarda una citazione de "Il cielo in una stanza" di Gino Paoli: due canzoni eccezionali coverizzate in una sola traccia. Olè!
La seconda parte del lavoro è tutta dedicata ai remix di
Apparat, che strazia "Once Again A Fond Farewell" con le sue rasoiate di techno astratta, di Alias, la cui principale "colpa" è quella di trasformare "Given Ground" nel "solito" pezzo di Alias, e degli Hood.
Un remix, quello di questi ultimi, semplicemente meraviglioso: "The Swimming Season", già uno dei brani migliori di "Punk... Not Diet!", esposta a una pioggia di
delay e riverberi e attraversata da parte a parte da reverse incontrollati.
A chiudere, la versione di "Last Act In Baires" ad opera di The Sea, probabilmente il brano più debole del lotto, causa la riproposizione di cliché ormai abusati che lo rendono un buon sottofondo, ma nulla più.
I Giardini di Mirò stanno lavorando al nuovo album proprio in questi periodi; questo Ep apre molte strade di fronte a loro, senza escludere quelle già battute perché, pur cambiando talvolta vestiti, i cinque ragazzi della provincia emiliana mostrano un'attitudine immutata e, perché no, vincente. Non perché nuova o rivoluzionaria, assolutamente, ma perché sincera e intima come un semplice autoscatto.