Il tutto è superiore alla somma delle sue singole parti

Proprio sul finire del 1970, alla nascita anagrafica del trio, i Kraftwerk introducevano ufficialmente la musica pop nell'era delle macchine, con quell'estetica robotica che sarebbe poi stata dominante negli anni della new wave.
After the Wall came down, everywhere in Germany and especially East Germany there was a lot of chaos, anarchy

Per comprendere meglio quale peso culturale abbia avuto la musica elettronica nella storia della Germania contemporanea, basterebbe vedere il documentario del 2009, "Krautrock - The Rebirth of Germany" e dare un'occhiata all'apposita pagina dedicatagli nel nostro sito. Senza considerare queste radici, sarebbe impossibile infatti individuare il motivo per cui Berlino è diventato nel nuovo millennio il principale polo attivo per la scena Idm e le sue varie ramificazioni nella house e nella techno.

La manopola con il quale si gestisce il suono in uscita su nastro ha proprio il nome di Mode selector, così nel 1996, in una Berlino ormai ricostituita e più coesa, che dalla Friedrichstraße converge nella spigolosa modernità architettonica di Potsdamer Platz, i due decidono proprio di chiamarsi Modeselektor.
E nel 1998, proprio nel pieno del fermento della scena berlinese, nasce un altro sodalizio artistico, quello tra Krsn Brasko e Codec Völker, nel progetto Pfadfinderei, uno studio situato nei pressi di Hackescher Markt, diventata ormai un vivace centro culturale della nightlife della capitale, oltre a essere uno snodo cruciale per i trasporti. Nello studio, attivo inizialmente soprattutto per quanto riguarda la grafica e la videoart, passano designer, tipografi, e appunto dj e musicisti attivi nella capitale, tra cui i Modeselektor, che cominciano a prendere parte alle serate di Codec, il quale pubblica flyer e grafiche per gli eventi dei principali club di Berlino. Ben presto Pfadfinderei passa a essere un vero e proprio collettivo, e le serate organizzate dalla comune prendono il nome di Labland, diventando un punto di riferimento per artisti di ogni provenienza.

Inoltre, sempre all'interno del Labland, cominciano a girare anche i dj della BPitch Control, etichetta discografica nascente, frutto dell'esperienza nelle dancefloor degli anni 90 di Ellen Fraatz, meglio conosciuta come Ellen Allien, la quale oltre a far emergere proprio i Modeselektor anche al di fuori della metropoli tedesca, farà conoscere un'altra storia, quella di Paul Kalkbrenner, che diventerà poi noto ai più nel 2008 con il film diretto da Hannes Stöhr, "Berlin Calling", e che per l'etichetta di Ellen Allien pubblicherà insieme a Sasha Funke proprio le musiche del film. Ci troviamo quindi in una dimensione musicale che acquisisce sempre di più l'aspetto di un movimento, coinvolgendo non solo l'elettronica ma tutte le espressioni artistiche, fino al cinema.
Multifunktionsebene, il primo disco pubblicato da Ring nel 2001, ha già nelle sue pulsazioni electro-dub un primo assaggio di quello che poi vedremo in seguito con i Moderat, seppur in un modo naif e molto reiterativo. Non ci troviamo nemmeno molto distanti dai suoni di Autechre, o, sempre rimanendo nei confini tedeschi, di Alva Noto, che proprio in quegli anni pubblica le sue prime perle ambient. Ci vorrà qualche anno per far ispessire la trama musicale di Apparat, che nel 2003, fa uscire il più sostanzioso Duplex.

Sebbene molto acerbo, questo Ep presenta in forma compressa tutte le caratteristiche che ritroveremo nel primo Lp del trio, anche se la mano pesante e iconoclasta dei Modeselektor è decisamente prevalente.
Tracce come "Koxring", "Mode", "Russian Courier", già fanno presagire che quei collage di sample sorretti dal subwoofer battente dei Selektor e l'ariosità melodica e esistenzialista della master keyboard di Apparat possono essere qualcosa di più di una semplice accozzaglia. In "Ramadan" si sente tutto la loro passione per gli Autechre, per le sonorità di "Incunabula" e Anti EP, miglior traccia del vinile, sembra accentuare la loro sostanziale resilienza attraverso la musica, agli albori dell'era digitale. E' un suono marziale e solenne, che sembra costantemente inseguire il bianco fulgore in grado di squarciare il plumbeo cielo teutonico, senza però trovarlo fino in fondo. Il disco, se pur buono, non riesce ad avere seguito commerciale.
Dopo questo primo riuscito esperimento su Ep, le due esperienze si dividono per qualche anno: i Modeselektor, dopo una serie di extended, pubblicano il loro esordio su Lp nel 2005, Hello Mom!, che presenta in copertina lo scimmione dagli occhi rossi che diventerà il loro logo negli anni a venire sino a caratterizzare l'identità della Monkeytown Records, l'etichetta che creeranno in seguito.
Il disco incorpora alla fibra electro elementi derivanti dall'hip-hop e dal reggae, come ad esempio in "Dancing Box", con il rapper TTC, e "Fake Emotion", che vede la collaborazione con il vocalist Paul St. Hilaire, destinata anche questa a durare per tutta la durata della carriera della coppia.
Altri momenti salienti sono "In Loving Memory", traccia già presente nell'omonimo Ep del 2002, "Kill Bill Vol. 4", strafottente electroclash che distingue il suono del duo perlomeno fino all'invasione delle nuove etichette berlinesi fino a disperderne la novità, e "Silikon", con il featuring di Sascha Perera. E' un lavoro fatto per il dancefloor, ma ancora immaturo. Nonostante l'uscita su disco, il duo sembra essere ancora orientato all'intrattenimento nei club piuttosto che alla serietà del long play.
Il cadenzato di "Limelight" sfodera fraseggi decisamente interessanti, così come "Hailing From The Edge" e "Holdon", che oltre a Sascha nei cori presentano alla voce Raz O'Hara. La produzione è più pulita rispetto alle sonorità garage dei Modeselektor e il disco ha inoltre due brani destinati a diventare veri e propri classici del repertorio di Apparat, "You Don't Know Me", che verrà utilizzata nella celebre colonna sonora de "Il giovane favoloso", film sulla vita del poeta recanatese Giacomo Leopardi, e "Arcadia", forse il momento più alto nell'esperienza solista dell'ormai crooner sassone. La lirica è essenziale, ma la qualità non è tanto nel linguaggio spontaneo e semplice che Ring utilizza, quanto nel suo acuto rarefatto velato dalla fioritura dei suoi contrappunti arpeggiati:
What's the point of waiting
For life to come
I could go further
And no one's surprised
Your plans collapse, run off or fall apart
Your plans collapse, run off or fall apart
(Apparat, "Arcadia")
"2000007" e "The Dark Side Of The Sun", con Puppetmastaz, continuano il loro sghembo e bizzarro dancehall in bilico tra Cypress Hill e Daft Punk. Invece tracce come "Godspeed", "The Black Block" e soprattutto "Let Your Love Grow", con St. Hilaire, testimoniano una decisa corposità e sembrano già voler riprendere il discorso aperto proprio con Ring con il primo Ep a nome Moderat.
Happy metal, hard rap, country-ambient, Russian crunk. We don’t like it if people tag us as being a certain style or school or scene or whatever. We don’t really care about all that

Nell'espressionismo minimalista della copertina, una giovane ragazza con un ciondolo dalla forma di cuore sembra purtroppo colpirsi in pieno volto. Parte "New Error", e si viene sommersi da un'incalzante marcia sostenuta dai volteggi sintetici di Ring; una riflessione terapeutica, il punto della situazione sull'esistenza di chi ascolta. Il refrain si espande sempre di più tra compressioni e rilasci fino a deflagrarsi. E' un'ottima introduzione, è gia si intuisce che è un disco piuttosto solido. Il pezzo sarà il loro cavallo di battaglia e sarà utilizzato in spot e quant'altro negli anni a venire. A ruota entra "Rusty Nails", e qui percepiamo ormai che l'amalgama tra la presa dubstep dei "selektor" e Sascha è diventata una e trina.
Il disco sembra una psicanalisi per spiriti inquieti e solitari del nuovo millennio, e riesce a cristallizzare nella bellezza dell'ascolto proprio quella frammentazione critica della gioventù nell'era digitale, che ormai tende a snaturare le esigenze emotive in modo non cosciente, riadattando il proprio sé in una costante riformulazione di ciò che si percepisce e si sente nell'intimità.

"3 Minutes Of Nasty Silence" alza la suspense per la seconda parte del disco. Le successive tracce presentano più i tratti distintivi dei dischi dei Modeselektor, come la paranoide quanto liricamente ispirata da Dellè, "Sick With It", per poi riaffacciare il disco sulle atmosfere di Walls, riuscendo addirittura a incorporare elementi più acidi con "Porc", fino al loro anthem "Les Grandes Marches", altro pezzo notevole, questa volta molto Apparat.
It makes you feel like ice cold winter
In this labyrinth of filth and sin
Some things are sweet and some even sweeter
Link by link the ice is getting thin
On my deadly journey right to the center
This draging twister takes me under
I ´m willing to survive, can´t surrender
To the call of this phony splender"
("Sick With It")

Da qui in poi per i tre la strada è in discesa.
Come Paul Kalkbrenner in "Berlin Calling", Bronsert e Szary presentano sé stessi in un film-documentario di Amy Grill, intitolato "Speaking In Code". Il film narra proprio le vite di musicisti e clubber che hanno scelto la musica elettronica come stile di vita. Nel film compaiono, oltre a Ellen Allien, anche Wolfgang Voigt (GAS) e Robert Henke dei Monolake.

Il disco ha sicuramente una produzione migliore rispetto ai predecessori, e li vede da subito in visibilio con "Blue Clouds", reduci dall'esperienza al fulmicotone della tournée. "Evil Twin", "German Clap" e "Berlin" non fanno altro che riaffermare ulteriormente la pienezza del loro suono, che ormai ha stoffa da vendere, sebbene il disco non presenti novità eclatanti. Il disco vanta ancora la collaborazione di Thom Yorke in "Shipwreck", un altro dei loro successi.
Il gorilla ha ormai preso forma, danza e vibra nelle frequenze della loro musica, come da copertina. Apparat invece dà un ulteriore suggello alla propria carriera solista con The Devil's Walk, ispirato all'opera omonima di Percy Bysshe Shelley, pubblicato stavolta per la Mute e uscito nell'autunno del 2011, ed è un disco che sarà molto ascoltato a posteriori, soprattutto grazie a "Goodbye", con la voce dell'australiana Soap & Skin, che diventerà la soundtrack di film e serie tv.
Il disco vanta pezzi davvero notevoli: il primo singolo estratto è "Ash/Black Veil", a seguire "Black Water" e "Song of Los". Altro brano che lo vede come abile sarto delle armonie è "Candil De La Calle", forse l'episodio migliore dell'intero lavoro.

Stavolta a dare il benvenuto ci pensa un'inquieta "Bad Kingdom", che sembra proprio voler narrare il disagio del personaggio in copertina, attraverso una dubstep cinematografica, che accompagna la distopia fumettistica dei Pfadfinderei, in una sorta di ossessivo complottismo per i dannati dei ceti sociali più sofferenti. "Versions" continua il film mentale con l'incedere dub, illuminandosi nella solare "Let In The Light" che introduce l'utilizzo del vocoder, novità di questo disco, che li caratterizzerà anche negli anni a venire, distinguendoli ulteriormente. Proprio come i Kraftwerk fecero al tempo dei grandi fasti dell'elettronica, ma Gernot Bronsert ne rinnova l'utilizzo in modo del tutto personale, in un'inconsueta tonalità umanoide e molto più grave.
Dalla lineare e emblematica "Therapy", passando per la sinestesia techno di "Milk", l'incursione intima di "Gita" e il soul sintetico di "Damaged Done", con echi addirittura dei Japan di David Sylvian, fino alla conclusiva "This Time", e il crepuscolo di "Last Time", pubblicata come singolo, il disco non presenta pezzi deboli e conferma le qualità del primo Lp, pur non arrivando a essere altrettanto geniale e incisivo. In termini commerciali, è un assoluto successo, e li riporta in tour per tutto il 2014. E' ormai un brand riconoscibile un po' ovunque, e percorre l'Europa dalla Scandinavia alla penisola iberica, passando per la Polonia, la Francia, e l'Italia, questa volta a Milano, ai Magazzini Generali, e in altre regioni del centro.
Mentre i Modeselektor partecipano sornioni alle Boiler Room, Apparat, dopo la notorietà ulteriore che gli concede, soprattutto in Italia, la prestazione per Martone, comincia delle tournée con il proprio gruppo di musicisti, impostazione che manterrà fino al 2021. Con Live Soundtracks, show del 2015, che lo porta a Roma, Napoli, Milano e Torino, Apparat torna a prediligere la colonna sonora, mentre una tantum si concede anche come dj per diversi club; non a caso viene proprio nelle Marche di Leopardi, dove i ragazzi di Harmonized Soundystem e la numerosa crew FATFATFAT sono riusciti a portarlo più volte dal vivo, in un territorio spesso a circuito chiuso e un po' ristretto come quello del maceratese.
Rispetto alla visibilità che riesce ad avere Apparat, i Modeselektor preferiscono rimanere con i piedi a terra nella loro patria, ma d'altronde sono due caratteristiche che li rendono complementari.
In "Finder" la sperimentazione con le voci risulta proprio l'elemento vincente; non male "Reminder", che dà il suo meglio dal vivo, però il disco nel complesso non riesce a bissare il predecessore, ed è molto lontano nell'esito rispetto al primo. La geometria questa volta è isoscele, ed è molto spostata verso il fare melodico e pastellato di Apparat, se non fosse per la sperimentazione vocale di Bronsert (Apparat se ne approprierà nei suoi album solisti).

Proprio nel 2016 pubblicano infatti Live, in cui mettono su long play la tracklist del tour.
Inoltre, Apparat riesce in seconda linea a portare avanti la sua attività nel cinema, componendo le musiche di Capri Revolution, sempre diretto e co-sceneggiato da Mario Martone, che accompagnano le vicende di una giovane isolana e la sua attrazione per una comune di artisti freak provenienti dal Nord Europa, insediatasi proprio a Capri. La colonna sonora viene composta insieme a Philip Thimm e gli vale il David di Donatello.
All movements and gestures are precisely predetermined (…). All that remains is the hope of a world behind mirrors where everything physical transcends. The hope of escaping the relentless spiral at some point

Il 15 ottobre del 2021 i Moderat hanno infatti lanciato una tournée per il 2022 che farà tappa anche in Italia. Il live show è MORE D4TA, e ricomponendo l'anagramma si ottiene proprio Moderat IV.
Che sia forse arrivata l'ora di "riavvolgere il nastro"?
Sembra proprio così, visto che nella primavera del 2022, proprio con il titolo MORE D4TA, vede la luce il quarto lavoro dell'ensemble teutonico. Il periodo pandemico e la stasi artistica imposta hanno portato i tre artisti a riflettere sul vero significato che si cela dietro al continuo flussi di dati che regola la società odierna.
L'album, come accaduto nei celebri predecessori, è in grado di creare emozioni tensive grazie a miscele elettroniche che includono ingredienti techno, IDM, ambient, nonché kraut-rock, dubstep e trip-hop, un composto che ha il pregio di mostrare quali potrebbero essere le prospettive della musica pop del futuro.
La media qualitativa della track list è decisamente alta, pur non annoverando al proprio interno capisaldi al livello di “A New Error”, “Rusty Nails” o “Bad Kingdom”.
Il bouquet di tessiture sperimentali è cesellato dalla voce di Sascha Ring, coautore di tutti i testi con la regista italo-germanica Elisa Mishto.
Con l'eccezione della trascinante "Neon Rats", i pezzi non ammiccano alla dance più spregiudicata: "Soft Edit" scivola dolcemente sulle onde del vocoder, mentre “Copy Copy” s’agghinda del sublime minimalismo à-la Frank Ocean, in attesa che "Easy Prey" porti a un livello successivo la fusione tra l’electro art-rock dei Radiohead periodo “Kid A” / “Amnesiac” e il trip-hop dei Massive Attack.
Tra i passaggi migliori sono da annoverare le assennate misture synth-industrial di “Numb Bell” e il simbolico chiarore emanato da “Fast Land”, una traccia a combustione lenta che cresce alimentandosi di estrose melodie elettroniche.
MORE D4TA non regala solo una nuova testimonianza proveniente da esponenti della più raffinata elite elettronica tedesca, ma impone anche uno spunto di riflessione su quanto accaduto in tempi recenti, dove l'isolamento e l'inondazione mediatica di informazioni sono purtroppo diventati un rumore di fondo permanente, un anfratto dove l’approvvigionamento di dati sugli usi e le consuetudini della popolazione mondiale ha letteralmente sopraffatto arte e cultura.