Non deve essere stato facile per la sedicenne Anja Plaschg abbandonare la quiete pastorale della comunità di Gnas, paesino di seimila anime nella Stiria sud-orientale, per la ben più caotica Vienna. Una scelta frutto della necessità di emanciparsi e realizzare un giorno il sogno di diventare una rispettabile cantautrice. I primi due anni trascorsi dalla giovanissima Anja all’Accademia delle Belle Arti della capitale austriaca sono decisamente intensi, soprattutto grazie a Daniel Richter in un masterclass che si rivelerà fondamentale. Poi però Anja decide di abbandonare tutto e proseguire da auto-didatta.
Nel 2008, appena maggiorenne, la futura promessa del cantautorato austriaco si dedica infatti anima e corpo alla composizione del primo album, Lovetune For Vacuum, che verrà pubblicato appena un anno dopo, nel 2009, per la benemerita Pias. E’ un disco che mette d’accordo tutti (o quasi) fin da subito. E che aggancia in tredici movimenti le inquietudini di Nico, specie nel modo di cantare di Anja che la ricorda a mani basse, e le stravaganze elettroniche dell’epoca, si pensi ad altri coetanei della Plaschg che in quel momento iniziavano ad affacciarsi anche loro sul panorama musicale, su tutti un certo James Blake.
Anja afferma a più riprese di essere stata influenzata, oltre che dalla sopracitata Nico, da un ventaglio molto variegato di musicisti, che unisce Xiu Xiu, Cat Power, Björk, Aphex Twin, ma anche Sergej Rachmaninov e Arvo Pärt, per un esordio che sa di miracolo e che addirittura merita di essere analizzato partendo dalla sua fine, riprendendo le parole scritte nel 2009 da Francesca Garofano: “Un colpo sordo, come uno sparo, chiude l'album e azzera all'istante il cinguettio di un uccello, il ronzio di un insetto, azzera il silenzio. Dopo più niente, se 'niente' si può chiamare la sensazione fortissima di aver provato qualcosa, a suo modo, di unico”. E ancora: “La fine, da cui partiamo, getta in realtà un ponte lungo tre anni tra sé e l'inizio di tutto. Una sensazione chiara e netta, come chiara e netta fu quella di trovarsi di fronte a un talento dopo il primo ascolto, datato ormai 2006, di "Mr. Gaunt Pt 1000" (brano che l'etichetta tedesca Shitkatapult ha pescato nella cesta dei suoi demo e inserito nella compilation "Shitkatapult Empfiehlt!", insieme ad artisti come Apparat, Fenin e altri). La fonte era Myspace, nel player tre tracce che sembravano estratti, ritagli, prove di scena. La pagina aveva uno sfondo bianco e poche informazioni, ma da quel candore di pixel si inchiodava nello sguardo la carcassa di un uccellino, lì disteso ed esanime.
Anja Plaschg aveva sedici anni allora (altro particolare da appuntare) e le idee ben chiare. La speranza era che il tempo la lasciasse intatta e ci consegnasse un primo disco all'altezza di quanto si poteva già intuire, preceduto da un Ep composto da 4 brani (di cui uno, "X-Ray Heartland", remixato da Fennesz)”. Un’analisi avvincente per un’opera altrettanto roboante, tornando di nuovo alle parole della recensione dell'epoca: “La musica di Soap&Skin ha l'essenza di un passo di Pina Bausch, di un dipinto di Käthe Kollwitz, di una fotografia di Francesca Woodman. Riflette qualsiasi espressione artistica si confronti con il tormento interiore, l'angoscia, la violenza, ma, allo stesso modo delle artiste citate, in una maniera peculiarmente femminile.
Lovetune For Vacuum è un album uterino come pochi, potente nel catalizzare un certo tipo di sentimenti, nel non dissimularli, "umorale" nell'esporli. Valga come esempio ciò che viene raccontato tra le righe di "Spiracle" ("When I was a child peers pushed me hard/ in my head, in my neck, in my chest, in my waist, in my butt/ I still beg please help me")”.
Alla scrittura intensa di Anja fa da eco un’elettronica tanto turbata quanto concisa nei suoni, asciutti quanto basta per incendiare l’atmosfera, mentre il canto della Plaschg rimbalza da una parete all’altra come un pipistrello posseduto dal demone dell’ultrasuono. E’ il preludio al primo successo e a una tournée europea fortunata, con esibizioni densissime in cui non mancano cover di Nico (ci risiamo), come l’indimenticabile “Janitor Of Lunacy”. La venerazione totale della Plaschg per Nico comincia a pieno titolo nel 2008, con la partecipazione allo spettacolo "Nico - Sphinx aus Eis" di Werner Fritsch a Berlino e Vienna. Nel 2011, Anja poi realizza il brano “Goodbye” in collaborazione con Apparat, de facto il suo alter ego strumentale, che viene utilizzato prima nell’ultimo episodio della quarta stagione dell’iconica serie tv "Breaking Bad" e poi come sigla di apertura di "Dark", acclamata serie tedesca targata Netflix.
Sono i meravigliosi sintomi dell’inizio di una carriera a metà tra musica e cinema, che porterà Anja anche a recitare nei panni di Carmen, personaggio secondario del film austriaco “Stillleben” (titolo italiano: “Still Life” ) di Sebastian Meise. Mentre in futuro, per l’esattezza nel 2017, altre due sue canzoni, "Italy" e "Safe With Me", verranno utilizzate nella colonna sonora di “Sicilian Ghost Story”, film scritto e diretto da Fabio Grassadonia e Antonio Piazza. Un amore per l’Italia peraltro mai nascosto ma anche non scevro da critiche, in particolare verso la politica italiana nei riguardi degli immigrati che dall’Africa tentano di raggiungere da anni le coste della Sicilia. Durante un’intervista per Musike Express, la musicista austrica ha infatti dichiarato: “Svegliatemi, spero, in Italia. Mi è venuta proprio così. Il mio primo pensiero è stato: tutto questo è completamente stupido. Ma poi dentro di me si sono aperte mille porte. Italia: l’illusione di un posto che dovrebbe essere migliore ma che invece chiude i suoi porti ai rifugiati. È assurdo!”.
Ritornando invece al 2009, per Anja è anche l’anno del dolore, visto che suo padre morirà per un attacco cardiaco, lasciandola nella disperazione, tanto da essere anche ricoverata per depressione nei mesi successivi. La tragedia sarà al centro del secondo disco di Soap&Skin, Narrow, rilasciato nel 2012. La ragazzina dallo sguardo ferito diventa donna, mentre l'esperienza acquisita in giro per l'Europa amplia il talento già di per sé smisurato. In Narrow, Anja appare una leonessa ferita. Nei suoi occhi c'è l'immane sofferenza per un padre scomparso all'improvviso. E nelle sue candide mani c'è tutto il desiderio di sbattere fuori dalla propria anima un'insostenibile angoscia interiore.
Narrow raccoglie dunque i cocci di un'anima sanguinante. La Plaschg tira fuori tutto il suo tormento versando sui tasti del pianoforte lacrime e al contempo una sopita speranza. L'atteso secondo disco dell'introversa compositrice austriaca è in realtà un mini-album, composto perlopiù da tracce già note, suonate a più riprese nell'ultima tournée europea. Otto canzoni a descrivere giorni bui e passioni mai spente. Anja sfoga liberamente le proprie paure in tedesco, francese e inglese. I punti di contatto con l'acclamato debutto sono tanti. E la pianista di Gnas non rinuncia a decadenti folate al piano, spingendosi in crescendo tanto epici, quanto gravi.
Così, la funesta teatralità che pervade l'introduttiva "Vater" - brano interamente dedicato al padre - mette a nudo ogni illusione in un susseguirsi emozionante di ricordi e vuoti interiori. "Voyage Voyage", celebre hit anni 80 della francese Desireless, è interpretata con inaspettata mestizia e conferma l'abilità della Plaschg nel saper magnificamente rivoltare qualsiasi cosa a proprio piacimento. Mentre il trambusto elettronico della successiva "Deathmental" scuote gli animi rievocando il tumulto di "DDMMYYYY", prima che il passo cadenzato e irto di paure palesato nei due minuti di "Cradlesong" riconduca la fantasia a una possibile variante più fumosa della divina Nico (ci risiamo). Ma l'epicentro emozionale risiede sia nell'intima coralità di "Wonder", sensazionale preghiera posta al centro del piatto come una candela in mezzo a una stanza buia, sia nell'urlo di dolore strozzato della fin troppo celere "Boat Turns Toward The Port", modellata qua e là con suoni tipografici.
Con Narrow l'instabilità emotiva della giovane Anja si tramuta in nuda e cruda presa di coscienza. La fanciullezza in oscuro disincanto. Se Lovetune For Vacuum inscenava una caduta nel vuoto, Narrow ne preannuncia dunque il tonfo definitivo.
Il secondo album, però, inaugura anche il primo lunghissimo periodo di pausa della Plaschg, che sale nuovamente in cattedra soltanto nel 2018, ben sei anni dopo, prima di aver di nuovo esibito le sue doti attoriali interpretando la poetessa austriaca Ingeborg Bachmann nella pellicola “Die Geträumten”. Il rientro sulle scene musicali viene percepito dopo l’esibizione con Anna Calvi alla Basilica di Saint-Denis di Parigi, a monte dell’annuncio di un album decisamente più distensivo rispetto ai suoi standard; un’opera nata tra le mura domestiche e frutto di una ritrovata serenità, giunta con la sopraggiunta maternità. E un titolo, From Gas To Solid/You Are My Friend, a racchiudere l’essenza di uno sguardo allargato, non più rivolto prettamente verso sé stessa, bensì espanso ad ampie riflessioni esistenziali sul mondo e sulla materia.
La volatilità e la solidità degli elementi presenti in natura incarnano la metafora con la quale esternare un’insolita apertura esterna, al netto di un'eccessiva permanenza nella propria dimora, luogo in cui sono nate le dodici canzoni del disco. E’ un approccio dunque inatteso, quello della compositrice di Gnas, che da un lato asseconda l’esplorazione elettronica ampiamente condivisa in origine, e dall’altro lato sfrutta una scrittura di certo più corposa e meno spigolosa. Domina così una ritrovata forza d’animo, e la necessità di interrogarsi sulla vita e la creazione, come ben dimostrano le parole dell’introduttiva “This Day”, con il piano e il violino ad accompagnare lemme lemme il canto della Plaschg: “What is in creation? If a god had left us to stay? Show me revelation. Or a thing that's not in the play. A tiny little ration. That is your due”.
La componente glitch dei primi tempi si interseca a meraviglia nel piano crepuscolare della successiva “Athom”, disamina sul tempo e sull’amore che si snoda timidamente fino a sciogliersi nel finale. Mentre il Belpaese funge da approdo sognato nel ticchettio sbarazzino e nel mantra folcloristico della sopracitata “Italy”, tutto prima che il buio e la luce tornino ad alternarsi tra gli spettri della gregoriana e strumentale “(This Is) Water”.
La ricerca “spinoziana” di scovare un’entità superiore nella natura stessa è ben espressa nella dolcissima “Creep”, con tanto di ascesi e canto degli uccelli campionato in coda, a precedere l'insolito e agognato ottimismo che spunta imperioso nel primo singolo del lotto, “Heal”, tra battiti impercettibili e un crescendo melodico sinuoso, irto di speranza.
Meno accattivanti risultano “Foot Chamber”, con il suo afflato balcanico, e la gotica “Falling”, persa così com’è tra divertissement filtrati all’organo e giochini elettronici. Più entusiasmante, ma non per questo totalmente avvincente, l’ennesima ballad pianistica minimale con voce doppia: “Safe With Me”. Al contrario, sorprende la cover personalissima e sentita di “What A Wonderful World”, hit epocale scritta da Bob Thiele e George David Weiss, portata in alto dall’interpretazione di Louis Armstrong nel 1967.
From Gas To Solid/You Are My Friend è un disco ben confezionato, nonostante le quote toccate nel primo disco restino, sostanzialmente, in parte ancora irraggiungibili. Un album comunque riuscito, che svela diversi lati più “nascosti” della cantautrice austriaca.
La seconda lunga pausa della carriera di Soap&Skin va invece dal 2018 al 2024. Sei anni vissuti dedicandosi perlopiù alla famiglia e alla passione parallela per le musiche da cinema, a cominciare dalla bella colonna sonora partorita per "Des Teufels Bad", film horror scritto e diretto da Veronika Franz e Severin Fiala.
Torso (2024) segna un ritorno atteso. Ma è un disco di cover. Una scelta che spiazza, anche se conferma la consuetudine di tante altre colleghe di Anja, su tutte Cat Power, guarda caso omaggiata nel disco in una versione epica di "Maybe Not", una delle meraviglie della "gatta" Chan Marshall, di certo tra le ballate tristi più emozionanti per distacco degli anni Duemila.
La scelta dell'austriaca di mettere in campo delle trasfigurazioni personalissime di canzoni altrui risale in verità al 2011, anno in cui registra una sua versione di "Voyage, Voyage", la hit più famosa di Desireless, per la colonna sonora del film "Stillleben" di Sebastian Meise. Una rivisitazione del tormentone anni 80 elaborata in chiave tenebrosa ed entrata subito a far parte costantemente del suo repertorio dal vivo, che torna a farsi viva e al centro del piatto di un album in buona parte riuscito.
Si comincia con "Mystery Of Love" di Sufjan Stevens, riarrangiata da Anja con il prezioso apporto di corno francese e trombone, la cui versione originale peraltro ha ricevuto una nomination agli Oscar e ai Grammy, in quanto inserita nella colonna sonora del film "Chiamami col tuo nome" di Luca Guadagnino.
"Quando ascolto una canzone, spesso sento che c'è qualcos'altro che vorrei aggiungere. A quel punto lascio perdere l'originale e non l'ascolto più. A volte per anni. Registro le cover quindi dopo molto tempo e perlopiù andando a memoria. Non ho ascoltato, ad esempio, i Doors per più di sette anni. 'The End' è inoltre una delle mie canzoni preferite, una piccola capsula del tempo. Come lo è 'Born To Lose' di Shirley Bassey", spiega la cantautrice.
C'è poi "Girl Loves Me" di David Bowie, tratta da "Blackstar", filtrata per l'occasione in una variante orchestrale cataclismatica, a restituirne il pathos secondo il mondo di Anja, che somiglia ancora una volta tantissimo a una foresta oscura. E c'è "Johnsburg, Illinois" di Tom Waits, arrangiata però con meno sgomento e più "gioia", con tanto di theremin a fungere da usignolo.
In Torso, Anja canta per tutto il tempo come un angelo caduto dal cielo. E non ce ne vogliano i fan di Nada o quelli di Wim Wenders.
"Pale Blue Eyes" dei Velvet Underground è invece spedita delicatamente in orbita, ovviamente di notte e con razzo posizionato da qualche parte tra gli alberi di Bregenz. Mentre fa storia a sé "Gods & Monsters" di Lana Del Rey, visto che Soap&Skin ne stropiccia in parte le parole, alterandole secondo la sua visione da mamma premurosa e donna ormai lontana dai vizi più sommari, soprattutto quando canta: "Fame and liquor? That is nothing holy".
Registrato a Vienna da un ensemble diretto dalla stessa Plaschg, Torso è il classico album di cover di brani rivisti da una musicista ormai matura, piena di sé e dunque aperta al "dialogo", per quanto platonico, con le musiche che più ha amato nella sua vita. "È nel mio stile assemblare la musica in uno spazio sicuro, di conseguenza da sola a casa, pescando campioni precedentemente registrati. Tuttavia, forse ciò che viene creato in modo collaborativo dovrebbe essere anche registrato in modo partecipativo", riflette ancora Anja, a margine di una descrizione atta a definire i motivi di un'operazione nel complesso gradevole e che trova nella pirotecnica "What's Up?", il classicone dei 4 Non Blondes, il suo momento più nostalgico, almeno per chi ha amato tantissimo il suo primo Lp ed è anagraficamente nel mezzo tra i fan dei Doors, presenti in coda con una versione pianistica di "The End", e quelli di Lana Del Rey.
* Si ringrazia Francesca Garofano per i preziosi contributi ("Lovetune For Vacuum")
Lovetune For Vacuum (Pias, 2008) | ||
Narrow (Pias, 2012) | ||
From Gas To Solid/ You Are My Friend (Pias, 2018) | ||
Torso (Pias, 2024) |
Thanatos (da Lovetune for Vacuum, 2009) | |
What A Wonderful World (da From Gas To Solid / you are my friend 2018) | |
Girl Loves Me |
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