Ne è passata di acqua sotto i ponti - una metafora che oggi, vista la tempestività con cui si susseguono le tragedie, assume quasi dei contorni fiabeschi - per Anja Plaschg. Dal 2018 a oggi la cantautrice austriaca ha infatti fatto vagamente perdere le sue tracce, dedicandosi perlopiù alla famiglia e alla passione per il cinema, in quanto anche attrice, a cominciare dalla bella colonna sonora partorita quest'anno per "Des Teufels Bad", film horror scritto e diretto da Veronika Franz e Severin Fiala.
"Torso" segna quindi un ritorno decisamente atteso, per una delle compositrici più oscure e introspettive del panorama europeo, nota ai più per aver realizzato nel 2011 il brano "Goodbye" in collaborazione con Apparat, utilizzato prima nell'ultimo episodio della quarta stagione della serie tv per antonomasia, "Breaking Bad", e poi come sigla di apertura di "Dark", tra le più acclamate degli ultimi anni dello sterminato pacchetto Netflix.
Un disco di cover, dunque. E come da (quasi) consuetudine per tante altre sue colleghe, su tutte Cat Power, guarda caso omaggiata da Soap&Skin in una versione epica di "Maybe Not", una delle meraviglie della "gatta" Chan Marshall, di certo tra le ballate tristi più emozionanti per distacco degli anni Duemila.
La scelta dell'austriaca di mettere in campo delle trasfigurazioni personalissime di canzoni altrui risale al 2011, anno in cui registra una sua versione di "Voyage, Voyage", la hit più famosa di Desireless, per la colonna sonora del film "Stillleben" di Sebastian Meise. Una rivisitazione del tormentone anni 80 elaborata in chiave Nico (anche lei coverizzata in passato con una versione di "Janitor Of Lunacy") ed entrata subito a far parte costantemente del suo repertorio dal vivo, che torna a farsi viva e al centro del piatto di un album in buona parte riuscito.
Si comincia con "Mystery of Love" di Sufjan Stevens, riarrangiata da Anja con il prezioso apporto di corno francese e trombone, la cui versione originale peraltro ha ricevuto una nomination agli Oscar e ai Grammy in quanto inserita nella colonna sonora del film "Chiamami col tuo nome" di Luca Guadagnino.
"Quando ascolto una canzone, spesso sento che c'è qualcos'altro che vorrei aggiungere. A quel punto lascio perdere l'originale e non l'ascolto più. A volte per anni. Registro le cover quindi dopo molto tempo e perlopiù andando a memoria. Non ho ascoltato, ad esempio, i Doors per più di sette anni. 'The End' è inoltre una delle mie canzoni preferite, una piccola capsula del tempo. Come lo è 'Born To Lose' di Shirley Bassey", spiega la cantautrice.
C'è poi "Girl Loves Me" di David Bowie, tratta da "Blackstar", filtrata per l'occasione in una variante orchestrale cataclismatica, a restituirne il pathos secondo il mondo di Anja, che somiglia ancora una volta tantissimo a una foresta oscura. E c'è "Johnsburg, Illinois" di Tom Waits, arrangiata però con meno sgomento e più "gioia", con tanto di theremin a fungere da usignolo.
In "Torso", Anja canta per tutto il tempo come un angelo caduto dal cielo. E non ce ne vogliano i fan di Nada o quelli di Wim Wenders.
"Pale Blue Eyes" dei Velvet Underground è invece spedita delicatamente in orbita, ovviamente di notte e con razzo posizionato da qualche parte tra gli alberi di Bregenz. Mentre fa storia a sé "Gods & Monsters" di Lana Del Rey, visto che Soap&Skin ne stropiccia in parte le parole, alterandole secondo la sua visione da mamma premurosa e donna ormai lontana dai vizi più sommari, soprattutto quando canta: "Fame and liquor? That is nothing holy".
Registrato a Vienna da un ensemble diretto dalla stessa Plaschg, "Torso" è il classico album di cover di brani rivisti da una musicista ormai matura, piena di sé e dunque aperta al "dialogo", per quanto platonico, con le musiche che più ha amato nella sua vita. "È nel mio stile assemblare la musica in uno spazio sicuro, di conseguenza da sola a casa, pescando campioni precedentemente registrati. Tuttavia, forse ciò che viene creato in modo collaborativo dovrebbe essere anche registrato in modo partecipativo", riflette ancora Anja, a margine di una descrizione atta a definire i motivi di un'operazione nel complesso gradevole e che trova nella pirotecnica "What's Up?", il classicone dei 4 Non Blondes, il suo momento più nostalgico, almeno per chi ha amato tantissimo il suo miglior disco (finora) ed è anagraficamente nel mezzo tra i fan dei Doors, presenti in coda con una versione pianistica di "The End", e quelli di Lana Del Rey.
P.S. La copertina si candida a essere una delle più brutte del 2024. Ma questa, per fortuna, è un'altra storia.
18/11/2024