L'appetito vien mangiando: proverbio ben noto agli onnivori e sempre meno incasellabili Gernot Bronsert e Sebastian Szary, figli della scena electro berlinese meglio noti con il nome di Modeselektor. Dalla metà degli anni 90 miscelano dischi creando personali scenari sonori, senza lesinare collaborazioni e conquistando nel tempo il sostegno di importanti nomi del music biz. Il duo tedesco ama deliziare la platea mischiando le carte: "Monkeytown" è la sublimazione di tale atteggiamento, un disco contenente undici tracce rappresentanti altrettante divagazioni sul tema "dove si trova l'elettronica oggi", uno di quei lavori che si lascia apprezzare anche da chi di solito poco bazzica i sentieri che conducono al dancefloor.
Si parte dal dubstep addolcito di "Blue Clouds" e da lì schizzano infinite schegge che si rivolgono verso le direzioni più disparate. La preservazione delle radici è assicurata dalla superba techno espressa prima in "Evil Twin" e più avanti in "German Clap", dove si ibrida con lievi divagazioni funk. Ma l'intero "Monkeytown" è un continuo saltellare fra subgeneri, riservando il giusto spazio anche a quelli black oriented, vedi le derive hip-hop di "Pretentious Friends" e della meno riuscita "Humanized", e l'eccellente fusione con l'r&b di "Berlin" (originale che proprio un brano con questo titolo non abbia nulla da spartire con la techno), arricchita dalla presenza di Miss Platnum.
Meno determinante l'apporto di Apparat, il quale non riesce a far decollare la conclusiva "War Cry", così come girano sostanzialmente a vuoto le consecutive "Grillwalker" e "Green Light Go". Ma l'argomento principe dell'intero album, croce e delizia di questo disco, è la presenza di Thom Yorke che caratterizza cosìtanto di sè "Shipwreck" e "This", da farle sembrare due (pur straordinarie) outtake di "The King Of Limbs". Sono queste le tracce che potrebbero sdoganare il duo teutonico presso il grande pubblico, pur mantenendo ben poco del Modeselektor sound, elemento che potrebbe essere visto come un punto a sfavore dai fan della prima ora della coppia Bronsert-Szary.
La domanda a questo punto è lecita: i due manipolatori sonori sono davvero due geni assoluti? C'è chi li accuserà di essersi svenduti, di puntare troppo su facilonerie di bassa lega o di snaturare il proprio suono per conquistare i favori del pubblico. "Monkeywrench" resta comunque un bel frullato che, senza avere la pretesa di disegnare o proporre scenari futuribili, riassume degnamente lo stato dell'arte di certa musica elettronica, mantenendo sempre un'opportuna coerenza di fondo. Non sono in molti, nella scena electro contemporanea, a potersi permettere un lavoro di questo tipo mantenendo intatta la propria credibilità.
29/11/2011