Continua imperterrito, Joe Pernice, a sfornare lavori di sublime artigianato pop tra Big Star, Rem, Elvis Costello, Del Amitri, e quest’ultimo “Live a Little” non fa eccezione. Difficile trovarlo in cima alle preferenze degli opinion leader musicali più alla moda, ancor più arduo, in verità, seguirne le mille peripezie discografiche, tra album a cadenza “eccessivamente” regolare, e progetti paralleli comunque degni di una certa attenzione. A lui non si chiedono particolari evoluzioni stilistiche o sperimentazioni di sorta, poiché Joe Pernice ha il raro dono di saper scrivere canzoni, grandi canzoni. “Live a Little” si mostra pudico, smanioso di svelare senza voler necessariamente apparire, forte com’è, di una produzione pulita ma non sgradevolmente levigata. I suoni, mai piatti o eccessivamente prevedibili sono compiutamente bilanciati, e la voce di Pernice, così piacevolmente sixties , pur spiccando, non ne occulta la vitalità.
Come? Vi sembra troppo poco e mi chiedete perché dovreste procedere all’acquisto…
Perché se non avete il cuore di pietra non potete non commuovervi ascoltando le morbidezze acustiche di “PCH One“. Perché “How Can I Compare” è la ballata passionale che il Paul Westerberg solista non è mai riuscito a scrivere. Perché “Cruelty To Animals” è l’ennesima canzone dell’anno senza che qualcuno lo sappia, azionate il loop e lasciatevene cullare.
Perché la tenerissima “Grudge F***”, nel buio della cameretta, potrebbe alleviare le vostre pene d’amore: “Tonight I Got Nowhere To Go/ And I Thought That I Would Call You/ And See If You Were Home/ I’m Sorry, But I’m Pretty Stoned/ I Hope I Didn’t Scare You/I Hope To God You Were Alone”.
Destinato al culto più assoluto e a una riscoperta che risulterà, come sempre, tardiva.
(17/12/2006)