Gruppo simpaticamente anomalo gli Alabama 3, basti vedere i soprannomi dei componenti: Larry Love, Reverend D. Wayne Love, Frank Zapatista, The Spirit, The Mountain Of Love… oppure vederli in foto (come dentro il booklet) con i loro occhiali da sole e gli eleganti vestiti da cowboy, e pensare che sono di Brixton!
Quasi mai sulla ribalta mediatica, un po' per scelta ma anche per la difficile classificabilità del genere musicale da loro praticato, e conosciuti spesso come A3 per via di una bega burocratica con il famoso gruppo country-pop anni 70, dal 1997 ad oggi hanno messo in fila cinque album sempre in bilico tra elettronica, acid-house, trip-hop, country, blues e gospel.
Anche per questo loro sesto disco gli Alabama 3 non rinunciano al loro folle e gustoso frullato di stili, in un’amalgama sempre fluida e compatta; basti ascoltare le prime tre tracce, prima l’elettronica registrazione del breve intro “Check In”, poi un tuffo nel soul della blaxploitation alla Shaft di “Fly”, tra sensuali scambi vocali uomo-donna, e per finire un rock che mescola tinte black con tendenze southern.
Nel caleidoscopio di colori dipinto da questi eccentrici personaggi ci si può trovare di tutto; predicatori in mezzo a rap e acid-jazz (“Are You A Souljah?”), stravolti rock-blues alla Captain Beefheart come “Work It (All Night Long)”, elettro-funk del miglior Beck (“Monday Don’t Mean Anything”) e tinti di blues (“Way Beyond The Blues”), bluegrass con piano western e mandolino (“The Klan”) o country-rock con armonica a bocca che diventano quasi rocciosi hard-rock (“Sweet Joy”).
Una delle cose che però attrae di più gli Alabama 3 è il gospel: se ne trovano tracce un po’ ovunque, ma in special modo nel country-rock alla Jackson Browne di “The Middle Of The Road”, nell’inizio di “Hooked” o nella mirabile ballata a due voci e coro di “Holy Blood”.
Nonostante la quantità di generi buttati nel mixer, il gruppo inglese riesce a rendere il tutto estremamente fluente e senza sbalzi che ne rovinino la scorrevolezza, nonché estremamente divertente; il vocalist canta come Tom Waits, le voci femminili di appoggio sono di grande qualità e decisamente provocanti, e la qualità della musica suonata si fonde in modo unitario con le parti elettroniche.
Gli Alabama 3, dopo dieci anni di gavetta, riescono ancora a suonare divertendosi e a fare la “propria cosa” in piena libertà, senza avere mani legate da etichette o doveri di marketing; un gruppo che, se non l’avete ancora fatto, va scoperto e premiato con l’ascolto.
Dopo dieci anni, se lo meritano.
27/10/2007