Il castello delle uova

Appunti sonori per una cosmogonia caotica

2007 (autoprodotto)
progressive

Alcuni generi si conoscono già dai titoli, o dai nomi delle band. Uno è il post-rock cosidetto "emotivo", con quei titoli lunghi così. Un altro è il metal tecnico, col suo lessico da macelleria. Il più plateale però è il progressive nostrano: inutile dunque nascondere l'ascendente dei siciliani Il castello delle uova.
Facile allora indovinare che "Appunti sonori per una cosmogonia caotica" sia un mega-concept ambiziosissimo e intriso di velleità letterarie. Sarà la solita imitazione dell'imitazione: manierista, magniloquente...

Bastano le prime parole - recitate dalla calda voce narrante di Benny Marano - per far pentire del giudizio affrettato:

Non ci reggiamo in piedi alle frenate
dei bus, figurarsi su questa cosa
tonda che gira, che chiamiamo mondo,
o… UNIVERSO (gli ottimisti), diviso,
invece, in duemila parti sonnambule,
tonde e intontite, immonde, vaghe, blandule,
indecise.

Endecasillabi, sì. Ma non quelli accademici, altisonanti e magari un po' ingenui che sarebbe legittimo aspettarsi dagli ennesimi progghettari di terza mano. Già dai primissimi versi, è chiaro che il testo di Pietro Li Causi ha un altro pedigree. Sorta di vorticosa storia cosmica/cosmicomica, è un ciclo continuo di metamorfosi e giochi di parole che non teme di scomodare Ovidio o Queneau, ma soprattutto sa farlo con impagabile leggerezza.

Ridurre "Appunti sonori" al solo aspetto letterario è però un mezzo delitto. L'album è una riuscitissima intersezione tra poesia, musica e teatro, e la combinazione delle componenti supera di gran lunga la loro somma. Non potendo tradurre in parole scritte quello che è pensato per essere assieme parole, note, ritmo e recitazione, è inevitabile commettere anche il rimanente mezzo delitto: trattare separatamente l'aspetto musicale.
Ecco allora emergere un paesaggio jazzato, capace di essere tenue swing piano-basso-tromba o di aprire ad assalti di chitarra freeform. Una fusion mai eccessiva, ma elegante, stralunata, ricca di groove. Spesso vicina al sound dei romani Fonderia, ma - come nel caso del testo - anche qui perdersi nel labirinto dei rimandi/citazioni è gustoso e di dovere. Si potrebbe allora dire che più volte vengono in mente i Nocenzi di "Darwin!", i Pierrot Lunaire, i Picchio dal pozzo, o che la chitarra di Li Causi sarebbe tanto piaciuta al Paolo Tofani dei tempi che furono.

Meglio però lasciare al lettore tutto il piacere di esplorare gli anfratti di quest'opera/rete dai mille livelli, assieme profonda e giocosa, inaudita, futurista, retrò. In una parola, straordinaria.

N.B.  Non troverete questo disco nei negozi. L'intervista alla band riporta tutte le informazioni per acquistarlo.

11/01/2008

Tracklist

  1. Prologo
  2. II
  3. III
  4. IV
  5. V
  6. VI
  7. VII
  8. VIII
  9. Verso il prologo