Follemente lucido come un film di Almodovar, personale e irriverente come un film di Guèdiguian, buffo e gigione come un film di Tatì, profondo come un film di Buñuel: ogni album di Pascal Comelade, genio catalano, aggiunge una tessera al suo puzzle matto e irresistibile al tempo.
Motivetti circensi, organetti da fiera di paese, improbabili balli in bar di periferia dove si fa troppo tardi e il vino non è certo dei migliori. Storie buffe senza parole, racconti di una Francia di periferia in fondo mai perduta, di confini spagnoli lassù sui Pirenei e di sgualcite storie d’amore cantate dall’innocente voce di strumenti giocattolo, plastica e metallo, legno cheap.
Questo nuovo album strumentale vede il polistrumentista talento di Pascal in nuove avventure, diverse ma in fondo uguali a quelle di sempre, ove le sue influenze, dalla musica classica al cabaret, all’avanguardia sdrucciola di "Moondog", i motivetti zappiani (qui omaggiato in "The Indian Of The Group"), le suggestioni di harmonium e corde alla Simon Jeffes & The Penguin Café Orchestra, la randagia anima dei dei buskers, dei giocolieri e persino dei madonnari parlano tante lingue, dialetti.
Il titolo, più che un riferimento a metodi o filologie del rock’n’roll, è un omaggio di Pascal a una collezione di libriccini usciti in Francia a cavallo degli anni 50 e 60, che si chiamava "Marabut Flash Collection" e che si componeva di volumetti che avevano titoli tipo "So come pulire il mio tappeto", o "Educo il mio cane". Insomma, un'atmosfera di pianificazione naïve delle attività quotidiane, specialmente domestiche, che davano un vago senso di sicurezza…
Amore per il gioco di parole furbetto e allusivo, a cominciare dal titolo, ai nomi dei brani, come "Smog On The Vermut", irresistibile inno alla balera cheap.
Assimilata da tempo la lezione dei minimalisti, del kraut-rock, della morbida macchina di Canterbury, Pascal Comelade ha modellato un suo stile per genesi spontanea, un distillato raro, che con sintesi e classe offre piccole musichette di straniante consumo.
Visioni di asfalto. Strade che percorrono d’ogni parte la musica di Pascal dal lontano 1975 dove con innata, urgente grazia acustica autoprodusse quel "Fluences" ancor’oggi preda dei collezionisti di musica nuova. Musica randagia, si diceva, come in "Elvis Loved Dogs" o "Smog On The Vermut" o "Le barman de Satan". Cupe orchestrazioni nel piccolo capolavoro cameristico di "The Halucinogenic Espoontex Sinfonia". Melodie lunari da consumarsi a notte fonda, che chiamano alcool, tabacco gitano e qualche rissa per futili motivi.
Potere sentire un’interessante intervista sul Metodo-Comelade qui.
13/12/2007