D'accordo, lo ammetto, con gli Stooges mi ero lasciato prendere la mano dall'entusiasmo e dalla compassione: la notizia del ritorno di Iggy e degli Asheton mi aveva fatto scappare la lacrimuccia ed esagerare con un sei e mezzo regalato. Con il senno di poi, "The Weirdness" vale al massimo un cinque, è un disco fatto così, tanto per farlo.
A ridimensionare queste paturnie da Grande Ritorno è stato un altro disco, l'oggetto della presente discussione, l'album che sancisce la reunion dei Dinosaur Jr. Scottato dall'approccio morbido alla versione 2007 dei quattro (tre più uno) di Detroit, ero pronto a fare a pezzi "Beyond" senza nemmeno sforzarmi troppo, dal momento che in questi casi la retorica aiuta: non è un disco all'altezza della fama della band, oppure un sei e mezzo di nostalgia, ma i bei tempi sono passati, oppure consigliato ai fan, i neofiti si tengano alla larga e via recensendo.
Invece J, Lou & Murph ti piazzano il disco in cui speravi, perché li hai visti dal vivo nel 2005 ed erano in forma smagliante, perché con il tempo Barlow è diventato un musicista e autore (pure bassista, visto all'opera con i New Folk Implosion) molto più continuo, soprattutto perché Mascis ha pubblicato dischi solisti più che decenti - uno addirittura bello, "Free So Free" del 2002. Per di più, prima di incidere un disco, i tre si sono sottoposti a un lungo rodaggio dal vivo, e si sente: rispetto alle prove soliste di J, ma anche ai dischi dell'ultimo periodo Dinosaur (il mediocre "Without A Sound" e il terribile "Hand it Over") nei brani spiccano una compattezza, una vivacità e un dinamismo "da band" difficilissimi da ottenere sovraincidendosi da sé.
E poi, soprattutto, ci sono i pezzi forti del repertorio Dinosaur a fare bella mostra di sé, tanto da far sembrare "Beyond" la diretta continuazione di "Where You Been", e da cancellare, quasi quasi, tutto ciò che è accaduto al trio e alle sue propaggini negli ultimi quattordici anni: valanghe di chitarre (molto ben amministrate, occorre dirlo: escono dal seminato con riff, power chords o assoli soltanto quando serve, e Mascis è diventato pure più bravo tecnicamente), strutture armoniche che non vanno oltre i tre-quattro accordi ma non per questo non sono efficacissime, ritornelli semplici quanto memorabili, sezione ritmica rude ma instancabile, e la solita, riconoscibilissima voce a metà strada tra il Neil Young frignone e un bambino di dieci anni. I brani sono tutti belli o come minimo piacevoli, due li canta addirittura Barlow. (No, niente roba acustica alla "Poledo": in "Beyond" dominano le chitarre elettriche, fatto salvo un paio di episodi)
Insomma, non ci sentiamo impietositi a tal punto da elemosinare la sufficienza a un disco che ha l'unico difetto di uscire più di un decennio dopo il periodo di massimo splendore del gruppo che l'ha prodotto e di portarsi con sé tutto lo strascico di retorica post-reunion che è d'uopo in questi casi (vedi sopra). Per fortuna "Beyond" è un disco all'altezza della fama della band, i bei tempi saranno anche passati ma oggi non ce la si passa poi male, e lo si può consigliare tanto ai fan rompiscatole - che non rimarranno delusi - quanto ai neofiti, che si faranno un'idea ben precisa di chi sono i Dinosaur prima di passare ai piatti forti del menu. Il voto è ciò che il disco vale (più un mezzo punto obbligatorio a nome dei vecchi fan), senza lacrime sul viso né frasi di circostanza. Ora mi faccio da parte, arriva l'assolo.
28/04/2007