Perturbazione

Pianissimo fortissimo

2007 (Emi)
pop
7.5

Sarò obiettivo: non posso essere obiettivo sui Perturbazione. Dev'essere una sorta di morbo che colpisce chiunque abbia goduto della loro musica dal vivo, chiunque abbia potuto vedere il loro modo di esibirsi in un locale con massimo una cinquantina di persone, chiunque abbia sentito la sinergia e il senso di tranquillità che scorre in questo gruppo. Capita di chiedersi talvolta: perché un gruppo pop così dotato e capace di scrivere brani di alto romanticismo non fa hit single di successo e non suona all'Heineken Jammin' Festival da headliner? Perché un gruppo che sa narrare l'amore come Tommaso, Gigi e soci - argomento enormemente in voga tra la musica e l'arte popolare, quindi commerciale per definizione! - ottiene sì e no qualche passaggio in radio o qualche transito del video su un programma trasmesso a notte tarda?

Ma capita anche di rispondersi da soli. La musica dei Perturbazione, come i loro concerti, è intima: parla a poche persone, lo fa nell'orecchio, in modo sottile e delicato. E' una musica che t'invita a sederti al tavolo di un bar con una pinta di birra di fronte (per Tommaso, il cantante, credo basti molto meno), a discutere dei luoghi visitati, di come sta cambiando il mondo e di come, anche da adulti, si resti sempre quei ragazzini che amano scambiarsi le proprie passioni, i propri racconti di vita e le proprie storielle sentimentali. E' l'atmosfera magica e straordinaria in cui ognuno vuole sentire l'altra persona per condividere e imparare, per poter ritrovare uno spazio di mondo ancora ripulito dallo scorrere vorticoso del tempo.

Il gruppo torinese, ottenuto il contratto da una major, una grossa disponibilità d'arrangiamenti e una produzione eccellente, con "Pianissimo fortissimo" ha finalmente la piena possibilità di ritornare in quei non-luoghi, di iscriversi negli interstizi della vita per recuperare quella dimensione non sempre banalmente visibile che apre istanti d'eternità. Dopo essersi guardati intorno con "In circolo", e aver gettato uno sguardo nostalgico verso l'indietro con "Canzoni allo specchio", i Perturbazione possono finalmente insediarsi in modo deliberato nel tema a cui sembravano tendere spasmodicamente con il penultimo disco: l'amore.
Certo, come premesso, dire questa parola per la musica cosiddetta "popolare" è dire un po' di tutto. Ma se ai Perturbazione è maggiormente concesso di farlo che a Nek, è per la loro capacità di svecchiare l'argomento, fargli percorrere una strada sul filo della pelle; concentrare tristezza e felicità in un unico gesto, e poi gettare via tutto nel vento, come fosse stato un gioco di cui si può solo ridere con gioia. Il loro geniale Witz nello scrivere testi mai banali, corroborati d’un umorismo maturo che usa le parole come semplici mattoncini Lego per edifici colorati, i loro arrangiamenti d'ampio respiro, ma raramente esuberanti, che scorrono come una carezza sui testi, sono un'esperienza veramente giocosa, che libera improvvisamente la realtà dalla sua greve pesantezza per portarti ancora una volta in un mondo dove quelle cose non sono mai accadute.

Per soddisfare l'esigenza di riferimenti precisi: cosa troviamo esattamente nel disco? Ad esclusione di "Casa mia", che per quanto "poetica" è forse condannata da un arrangiamento d'archi pesantuccio e da una melodia eccessivamente ninnanannifica, i riferimenti dei Perturbazione sembrano sempre quelli: gli Rem, i Belle & Sebastian, gli Smiths (“Controfigurine” fa eco alla classica “Cemetry Gates”) e la cultura beat. Il riferimento letterario non è marginale: al tema dei libri prestati, dopo aver aperto la questione nel precedente disco con "Canzone allo specchio" (la mia adolescenza/ l'ho consumata a girare i miei libri/ al contrario, all'ingiù), i Perturbazione dedicano uno dei brani più riusciti dell'intero disco, "Leggere parole", una sorta di quieta bossa nova che cesella la storia di una relazione finita in modo assolutamente privo d'astio, ma anzi con profondo affetto: "E adesso che vai, separi i volumi/ la carta che scivola in cartoni/ e scivola insieme a te/ ma io volevo dirti non m'importa, non importa/ quello che mi prendi, quello che mi lascerai/ solo le parole nostre, non rubarle mai". Ma a volte le relazioni possono non essere terminate anche se lo sembrano: "Io mi dimentico di te/ ma torno a raccontarmi una bugia;/ un anno in più/ non cambia niente", canta Tommaso alla fine del roboante singolo d'apertura al disco, introducendo l'atmosfera fatata che permea i brani di questo album. 

E se “Nel mio scrigno”, interamente costruita in senso metaforico, sposta il baricentro verso la malinconia della constatazione della differenza tra i sentimenti individuali ("E i desideri del mio scrigno/ sai che non sono i tuoi/ ti prego scusami, se puoi"), dobbiamo attendere la seconda metà dell'Lp per giungere al lato opposto. E lì si scopre che l'allegra e adolescenziale "Se mi scrivi" del precedente disco era solo una preparazione, una proposta di lavoro, che in "On/Off" trova il suo compimento a un livello di naturalezza vertiginoso. Introdotta da una di quelle melodie di chitarra che diventano parte del tuo sangue dal primo ascolto, sapientemente colorata dagli arrangiamenti d'archi e dal sempre eccellente basso di Stefano, questa canzone è tra i pezzi più sinceri e intensi mai scritti sull'innamoramento, con la sua forza di far credere nel destino e di far perfezionare allo sguardo ogni cosa. Il testo non è citato perché è impossibile isolarne un solo momento più significativo degli altri. 

Anche gli altri brani, in ogni caso, non scherzano: la quadrata "Qualcuno si dimentica", che sfocia nel brusio disciolto del ritornello, quel folk leggero e paesano di "Battiti per minuto" (incentrata sull'interrogativo "se l'amore è un gioco/ quali regole ti dai?"); la solitaria e metropolitana “Brautigan”, dagli spettrali armonici, che evolve in un climax finale di grande effetto drammatico, e la già citata “Controfigurine”, che fa di un vecchio spot pubblicitario addirittura l'icona della società dei consumi che rende ogni cosa incredibile, ma solo per il tempo che si siano recuperati i soldi per sponsorizzarla ("tra qualcosa che siamo e qualcuno che vende/ che cosa rimane di noi?").

La parte musicale e la parte testuale dei Perturbazione sono integrate in modo talmente intenso da impedire di giudicare questo gruppo considerando solo uno dei due aspetti: i loro testi sono scritti nella lingua del cuore dei musicisti (in questo caso l'italiano) e sono in un'atmosfera intima, da coppia serena e beata, con le note che sono partner allo stesso livello dei primi. Per questo non si può parlare dei Perturbazione senza averceli davanti in carne e ossa ogni volta che li senti, senza essere di nuovo ad ogni ascolto in un pub con loro a parlare di quella tipa che ti piaceva un tempo, che ora è sposata e vive una vita felice, oppure di quell'amico che aveva grandi progetti per una band sperimentale che avrebbe scritto la musica più importante del nuovo millennio, ma che l'ha abbandonata per vivere una vita tranquilla da impiegato con la propria moglie.

Si vorrà dire che si è parlato troppo di un gruppo così frivolo che fa pezzi sentimentali; come se di canzonette non ne avessimo già abbastanza dagli anni 60/70 in poi. Si vorrà anche guardare alla sola musica, leggere l'etichetta appiccicata al gruppo (che io dico sia adeguatamente "post-pop", poi ve la gestite voi con i dubbi di coscienza per l'usare un termine "nuovo") e in base ad esso dare perentoriamente un giudizio mi piace/non mi piace. Oppure si può prendersi del tempo, organizzare un appuntamento intimo a lume di candela e mettersi ad ascoltare "Pianissimo fortissimo", una grande conferma per un gruppo che da anni fa alcuna della musica più intensa e originale della nostra penisola, dove "originale" significa che proviene dall'origine, dal cuore - e anche che, sì, hanno un loro stile marcatamente individuale che ormai risuona in ogni nota.

No, la mia mancanza d'obiettività nei confronti del gruppo piemontese non è dovuta a un eccesso di coinvolgimento: è che su di loro ci sarebbe troppo da dire e troppo poco viene purtroppo detto. Forse perché non serve dire molto. Forse perché i grandi artisti, con le loro opere, parlano da soli. Ma nessuno dei Perturbazione probabilmente ve lo direbbe in questi termini; preferirebbero aspettarti alla fine della loro esibizione per sentire come ti va la vita, farti attendere qualche anno e sentire il tuo respiro, assieme a quello degli altri spettatori, attraversare ogni singola nota della loro musica e premiarti per saper essere ancora vivo.

"C'è un lampione che si accende/ proprio sotto casa tua…"

12/05/2007

Tracklist

1. Un anno in più
2. Nel mio scrigno
3. Leggere parole
4. Battiti per minuto
5. Qualcuno si dimentica
6. Casa mia
7. On/off
8. Brautigan (giorni che finiscono)
9. Controfigurine
10. Giugno, dov’eri?