Il death-metal della terra natìa (la Florida, e scusate se è poco!), il mathcore ultratecnico dei Dillinger Escape Plan, l’ipercinetico metal-jazz dei Behold... The Arctopus e… Godzilla! O, meglio, Gigan, che del fantascientifico mostro giapponese è uno dei nemici più agguerriti.
E’ questa la miscela esplosiva con cui la band di Tampa si presenta al mondo dopo aver solleticato gli appetiti con l’Ep “Footsteps Of Giant”, poco meno di un quarto d’ora per dire al mondo che, sì!, loro c’erano, anche se non ancora al massimo della forma.
Supportato da una tecnica strabiliante, il terzetto formato dai due ex-Hate Eternal Eric Hersemann (chitarra, basso) e Randy Piro (voce, chitarra ritmica, rumori) e completato da Danny Ryan (batteria, percussioni e “iperattività dell’ultramondo”), fa leva su di una scrittura al di sopra della media, potendo, a ragione, essere definito un piccolo ensemble di sci-fi death-metal, in cui la violenza eclettica del sound si sposa con un gusto per la dislocazione fantascientifica tanto eccitante quanto esplosivo.
Guidata dalla micidiale chitarra di Hersemann e dalle portentose pelli di Ryan, la musica dei Gigan è una piccola rivelazione, anche se, più che un punto d’arrivo, ci auguriamo questo possa essere solo l’inizio da un’altra bella favola “metallica”…
Il groove possente ed elastico, il growl carnefice e le maniacali spirali chitarristiche fanno di “Undead Auditory Emanations” un perfetto congegno a orologeria per disinnescare la miccia, per preparare il terreno alle tonitruanti strutturazioni geometriche di “Occult Rites Of The Uumpluuy”. Nonostante la ferocia d’esecuzione, il suono è sempre arioso e pronto a precipitare dentro vertigini melodiche con febbrile verve progressiva (Voivod, sempre loro!), mantenendo il baricentro del sound in equilibrio precario sul caos.
E’ metal per battaglie interstellari, scontri fra titanici difensori di mondi “altri”, di galassie ancora sconosciute (“Chrysalis”, capolavoro di immaginazione letale, un modo davvero inquietante per pensare a un tête-à-tête tra i Gorguts e un battaglione astrale in missione suicida). Lungo i rettilinei spiritati di “Still Image Symphony”, la batteria martella ritmiche caterpillar, la chitarra sparge veleno come un’ossessa, in un crescendo d’abbacinante brutalità che trova rifugio in un assolo al fulmicotone proiettato lungo le pareti invisibili del cosmo…
Altro capolavoro, “Imprisoned Within Duality” vive di gorghi vulcanici su nastro trasportatore, ovvero come ti porto per mano Charles Tolnay (chitarra) e Peter Hill (voce) dei King Snake Roost a comprare un po’ di dischi di Morbid Angel e Death, prima di chiuderli a chiave in un garage, in attesa che ci trasferiscano tutti in una dimensione parallela, dove anche l’ovvio finisce per smarrire la strada di casa. Eccolo, poi, l’incubo spaziale di “Hiding Behind The House Of Mirrors” trasformarsi in un fuoco di fila di estreme visioni metalliche, dentro luminescenze notturne che illuminano angoli desolati e foreste lunari assopite.
Una band che fa letteralmente “male”, ma questo è un dolore che adoriamo, soprattutto perché le fughe soniche di Hersemann (assolutamente da brividi – !!! - la distorsione magniloquente piantata – on the run… - nel bel mezzo della cavalcata isterica di “Interstellar Inversion Of Consciousness”) hanno quel fascino panoramico che lasciano intravedere, oltre la nuda e cruda intensità, la magia del disordine che si lascia dominare.
Aperta da rapidissime polluzioni chitarristiche (Mick Barr è il nome, ragazzi!), anche “Space Coffin Hallucinations” viene rimodellata in corsa, passando attraverso lo specchio mutante di una musica cosmica iniettata di fantascientifico terrore. Un terrore che, da cima a fondo, corre lungo gli oltre ventuno minuti della vetta assoluta del disco, quella “Unnamed” che inscena, in qualche buco nero poco accogliente, una jam galattica, al confine tra il titanismo dissacrante di Helios Creed e il batterismo polimorfo di Rashied Ali.
Godzilla, guardati le spalle!
07/12/2008