"Velocifero" è il nuovo album dei Ladytron, ormai oltre la soglia del “difficult third album". Dall’esordio al successivo “Light & Magic” il gruppo aveva già espresso un mutamento del sound che li distaccava dagli altri revivalisti del pop elettronico, spostando l’asse del loro riferimento sonoro dagli Human League ai Depeche Mode e ai Kraftwerk; la loro volontà di confrontarsi con altri mondi musicali ha impedito al successivo “Witching Hour” di essere inserito nel lungo elenco dei dischi inutili.
A tre anni dal precedente album, Helena, Mira, Daniel ,Reuben, reduci da un lungo tour coi Nine Inch Nails, dimostrano di voler ancora sperimentare, affinando il loro repertorio. "Velocifero" si propone allora come il lavoro più completo e versatile del gruppo.
L’iniziale “Black Cat”, cantata in lingua bulgara, esibisce un suono potente e oscuro, che rende esplicita la padronanza del gruppo non solo con l’elettronica, ma anche col rock più classico. “I’m Not Scared” e “Runaway” ripropongono elementi dell’esordio con rinnovato vigore sonoro e melodie oscure e contagiose.
I Ladytron si tingono di dark ma anche di rock, come nella ottima “Burning Up”, coltivano ambizioni progressive in ”Deep Blue”, esibendo un ottimo arrangiamento d’archi.
“The Lovers” e “Ghosts” vantano i due refrain più immediati, altrove invece si notano elementi di evoluzione interessanti che dimostrano la raggiunta maturità del gruppo: l’atmosfera diventa quasi acustica in "Versus", che chiude con fascino l’album, mentre l’altro brano cantato in bulgaro, “Klevta” (recuperata da un vecchio film bulgaro per bambini), si candida come il pezzo più raffinato del loro repertorio. Chiude il trittico dei brani più innovativi "Predict The Day", dalla robusta veste elettronica minimale e granitica.
I Ladytron hanno realizzato il loro album più completo e vario, palesando una spontanea brama evolutiva che, se non convincerà i denigratori, accrescerà il loro appeal nei confronti di un pubblico a volte devoto e a volte curioso. La loro trasformazione verso un suono più cupo e ricercato potrebbe anche stupirci ed essere foriero di nuove metamorfosi, per ora registriamo la buona prova senza gridare al miracolo: "Velocifero" è un album che merita attenzione e rispetto, che si riascolta con piacere e diverte senza essere mai banale o eccessivo.
P.S. Molto bella la copertina, ad opera dell’artista brasiliano Eli Sudbrack.
30/05/2008