E cavalcarono insieme. “La banda” del Maestro che un tempo “chiamavano Trinità” in sella ai “bianchi cavalli d’agosto”. O a bordo di una moto nella jungla di un città senza legge con Rambo/Tomas Milian. Da Enzo Barboni a Umberto Lenzi, da Bud & Terence a Maurizio Merli e ritorno. Mani in alto: è risorto il grande funk italiano a mano armata.
Strano paese il nostro, dove sublimi artigiani, giustamente tributati di uno sterminato culto internazionale, languono nell’indifferenza della critica sia generalista che specializzata. Poi basta che il solito Tarantino inserisca il tema originale di “Italia a mano armata” nella sequenza finale del suo “Grindhouse – Deathproof”, perché tutti si ricordino di quello che la gente comune, i semplici appassionati, hanno sempre saputo: che la musica di Franco Micalizzi è un patrimonio da tramandare alla posterità e che, a distanza di anni, regge benissimo anche in assenza delle immagini per cui è stata concepita. Anzi: è essa stessa fonte d’ispirazione ed evocatrice di immagini suggestive che, in fasi lunari, influenzano generazioni di nuovi musicisti. Le tournée intraprese a partire dal 2004 da Franco Micalizzi e la sua Big Bubbling Band (a conduzione familiare, con Franco alle tastiere e i figli Alessandro e Cristiano alla sessione ritmica più un parterre di ospiti e collaboratori di cui si dirà) e ora la pubblicazione di questo “Cult & Colt Cinema ’70” ne sono la fulgida conferma.
L’opera condensa dodici temi tratti da alcune delle sue opere più riuscite in una forma canzone virtuosa, palpitante, coinvolgente quanto può esserlo un’esibizione live ma al tempo stesso limpida e rifinita nei raccordi e nei particolari da un ottimo lavoro di studio.
Su tutti spicca ovviamente “Trinity”, il tormentone che accompagna Terence Hill, mezzo addormentato su una lettiga al seguito del suo cavallo, nell’indimenticabile prologo di “Lo Chiamavano Trinità”, commentata dall’epico e scanzonato fischio di Alessandro Alessandroni (altro geniale compositore il cui nome, troppo spesso, è passato sotto silenzio; lui che, peraltro, aveva già messo questa sua “fine art of whistling” al servizio di Ennio Morricone in “Per un pugno di dollari” e “Per qualche dollaro in più”) e rivisitata in chiave soul su misura per le smaglianti doti vocali di Mario Biondi; “Caccia Al Boss”, da “Italia A Mano Armata”, funk-jazz intagliato in quattro quarti dal flow goliardico e mediterraneo del rapper Turi; il funk-prog tumultuoso de “La Banda Del Gobbo” (quello dell’immortale “teoria del buco” di Tomas Milian “nasciamo da un buco, mangiamo da un buco…”); la bossa-jazz di “Crianca” (con Irio De Paula, Giò Marinuzzi e Fabrizio Bosso) da “L’ultima neve di primavera”, lacrima-movie che proiettò Micalizzi in cima alle classifiche nazionali del 1973.
Anche se la cosa più sorprendente dell’album, almeno a giudizio di chi scrive, è la straordinaria trilogia estratta dalla colonna sonora di “Behind The Doors” (ineffabile b-movie italico sul calco dell’”Esorcista”, girato da Ovidio Assonitis e conosciuto anche col titolo italiano “Chi Sei?” e con quello americano “Beyond The Door”), pressoché inedita, finora, al di fuori della cerchia di appassionati del genere: “Dimitry’s Theme” , selvaggia fusion di jazz, funk-rock e psichedelia, la sospensione lounge di “Jessica’s Theme” e lo tsunami power-soul di “Bargain With The Devil” (in cui si segnala la grande prova del sax di Donato Sensini e il recitato black di Mario Biondi, degno d’un Isaac Hayes).
Un'occasione preziosa per riscoprire senza pregiudizi un’epoca d’oro del nostro cinema e della nostra musica.
12/01/2009