Robert Owens

Night Time Stories

2008 (Compost)
house

“Not everyone understands house music, It’s spiritual thing, a body thing, a soul thing…”
Con queste parole Eddie Amador illuminò i nostri cuori. Un lampo vocale a costituire la perfetta analisi del sentimento house, da sputare con classe sul resto del pianeta.

Erano tempi felici, ci si incontrava per le  piste da ballo di mezza Europa: dall’Amnesia di Ibiza al Deep di Marbella, dall’Ennenci partenopeo all’Echoes romagnolo. Un coro di idolatria house investì le coste più calienti del vecchio continente: correva l’anno 1998.
Trascorsa quella mitica annata, tutto subì una leggera flessione. L’incessante declino della sensualità soul e il protrarsi rovente di un’algida miscela techno paralizzarono parzialmente lo spirito dell’amato stile. Anni bui, attraverso i quali l’ammaliante nipotina del battito hayesiano e del canto arethiano non ha mai smesso di rifugiarsi altrove, rimarcando sotto nuove vesti la propria costituzione black.

Eppure, “l’house music vecchia maniera” non è mai sparita dai radar che contano. E’ sempre stata lì, dietro l’angolo, con i vari Quentin Harris e Kenny Dope a indicarne l’imprescindibile presenza.
Poi come un messia tornò sulle scene qualche anno fa Robert Owens, apostolo dei primi raduni house, e lentamente ma inesorabilmente cominciò ad accendere i cuori dei fedeli fino all'uscita di questo album, in cui come un novello Mosè riporta alla luce i "dieci comandamenti" dell'house.

E così, ecco ricomparire la quintessenza canora dell’house, il fondatore della Finger Inc., il pupillo di Larry Levan,  colui che, al grido “Can You Feel It”, spalancò le porte di Chicago al mondo intero.
Ventotto lunghissimi anni separano le sue due uniche produzioni, “Rhythm In Me” (sua prima fatica) e la perla in questione: "Night-Time Stories".
Lontano da Chicago, Owens trova vitale rifugio in una Londra sempre più confusa, recentemente scossa dagli oscuri tormenti dubstep, ovviamente dispersa in un’elettronica minimalista a tratti senza futuro.
La produzione del disco è letteralmente super. Kirk De Giorgio guida un cast stratosferico (Charles Webster, Marc Romboy, Ian Pooley), mentre il nostro rimane fermo sul piedistallo a imbastire sensualismi vocali degni dei più grandi esponenti Motown.

“Who Is Robert Owens?” recita l’open track, prima che il velo cada giù animando il nostro battito con un beat immacolato che sale, spinge fino a sconvolgere l’intero sistema nervoso: “Inside My World”.
Benvenuti nell’universo owensiano.
Attraverso “Only Me” il nostro angelo si lascia trasportare in un delirio di onnipotenza ritmica, una dichiarazione di superiorità: lui sa, lui conosce i segreti del ritmo, non teme la sconfitta, anzi crede di essere "l'unico" oggi a poterci mostrare l'essenza più profonda del groove, lanciandosi in beat assassini, spietati, che si insinuano nelle vene con una violenza quasi ammaliante.
Forse non sarà l'unico, ma lui è uno dei pochi che detiene le chiavi del regno, lui sa come portarci nell'olimpo, farci assaporare per un attimo il tocco di una divinità.

La notte per Owens è una giostra dai colori esotici che gira sfruttando la circolarità del beat (“I’m Chained”), una danza plasticosa da modellare quando l’ugola è calda (“Now I Know”), una chiccosissima house ballad che implode il suo battito nel tintinnio di un metronomo (“Never Give Up”), un’inedita marcia chicagoiana ondulata di positivismo afro, bandita magari sotto palme da cocco (“Merging”).

"Night Time Stories" entra di scatto nella storia. Quindici tracce che ribadiscono l’immortalità dell’house music.
D’altronde, è tutta una questione di spirito, corpo e anima.

21/03/2008

Tracklist

1. Intro 
2. Inside My World 
3. New World 
4. I’m Chained
5. Only Me 
6. Survive
7. Now I Know  
8. Never Give Up
9. Press On
10. Back To You
11. Happiness
12. Happy  
13. Merging
14. No Tomorrow  
15. Listen/ Outro

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