Terzo album in cinque anni per Bibio (ossia Stephen Wilkinson da Wolverhampton), “Vignetting The Compost” è un lavoro melodico elettroacustico, aggraziato ed evocativo. Tutto luce e colore, come gli impressionisti, tra immagini georgiche e toni smorzati, tra voglia di sperimentare suoni e richiamo della tradizione.
Wilkinson è un compositore pluristrumentista con l’hobby delle escursioni e della pesca, la sua musica è la possibile conseguenza. “Vignetting The Compost” sparge un fingerpicking luminoso e palpitante, tutto sensazioni visive e inquiete contemplazioni, rigoroso nella costruzione; che suona a volte come suonerebbero nell’era della folktronica, con inquietudine onirica e capriccio vignettista, i Penguin Cafe Orchestra di Simon Jeffes (pur senza il suo incomparabile genio), oppure i Gastr Del Sol più carnevaleschi e spiritati.
Termine abusato, folktronica, se si vuole, ma calzante per quest’operina che scorre fluida in bagni di luce, come immagine fluviale, che traccia bozzetti leggiadri e calibrati tra vibranti corde acustiche e trasparenze di tastiera. Come a far scivolare o riflettere il chiarore della propria pasta (“Great Are The Piths”, “Torn Under The Window Light” e “Weekend Wildfire” con le sognanti tastiere, le trasfigurazioni e le mimesi, e i vocalizzi eterei, non distano granchè dai Genesis dell’eremo “Wind And Wuthering”), sino a sfarinarsi nell’ambient (“The Garden Shelter”).
“Flesh Rots, Pip Sown” apre coi suoi cocci melodici e il moto ascensionale, è una lettura sintetica dell’arte di Mike Oldfield in un’avvincente processione strumentale di corde in soffice vena folk, tra dittafoni digitali, loop naturalistici e microframmenti ambientali. Formula che poi ritratta, in parte, per volgere negli àmbiti folk-pop-psych anni 60 di “Mr. & Mrs. Compost”, planare nel chitarrismo scintillante e armonico di “Dopplerton” e in un vitale figurativismo alla Leo Kottke di “Odd Paws”, sino alla breve fuga di “Thatched”.
Altrove, “The Ephemeral Bluebell” svela reciprocità in un’apparente tenzone tra strumento acustico e congegno digitale; sampler di chitarra e pennellate di tastiera si confondono levandosi in un solo impasto corale, nell’atmosfera.
Disco personalissimo e avvolgente, quasi una miniatura, cesellata con gusto e puntiglio. “Vignetting The Compost” finisce con l’impossessarsi dell’ascoltatore quanto più incautamente gli mostra il fianco.
12/02/2009