Se si intende analizzare l'evoluzione della musica rock degli ultimi venti anni, i Motorpsycho sono senz'altro una band imprescindibile, ma al tempo stesso una delle più underrated, ingiustamente relegata al ruolo di culto per una manciata di fedelissimi ad oltranza.
Dal 1991 dispensano album con metronomica cadenza annuale, rigorosamente intervallati da tour europei che hanno loro consentito di allargare la cerchia di appassionati.
Nel corso degli anni 90, mentre il grunge dettava legge più del Nuovo Testamento, hanno snocciolato una serie di dischi fondamentali fra i quali merita di essere citata almeno l'irripetibile sequenza "Demon Box" - "Timothy's Monster" - "Blissard" - "Angels And Daemons At Play" - "Trust Us", realizzata a cavallo tra il 1993 e il 1998.
All'interno dei propri album hanno sviluppato tutte le possibili sfaccettature del rock, contaminandolo non di rado con altri generi, muovendosi agilmente fra psichedelia e grunge, fra country e jazz, fra trame acustiche e reminescenze prog, fra aromi sixties e pruriti pop (ma un pop alla loro maniera, tutt'altro che convenzionale), sempre con risultati prossimi all'eccellenza.
Con l'avvento del nuovo millennio i Motorpsycho erano apparsi un tantino più stanchi e appannati, poi la rinascita è passata attraverso le forme più canonicamente alt-rock di "Black Hole / Blank Canvas" e le digressioni space psych di "Little Lucid Moments".
Il 2009 porta con sé un lavoro di difficile e inusualmente (per loro) lunga gestazione, scaturito da alcune registrazioni eseguite con Steve Albini negli studi Electrical Audio di Chicago, completate dopo qualche mese in un piccolo studio in terra norvegese.
"Child Of The Future" è il risultato di questo sforzo, un'opera che torna a mettere in mostra un bel suono granitico e impetuoso, senza lasciare alcuna concessione a facilonerie mainstream.
Ai membri storici Hans Magnus Ryan e Bent Sæther, si affianca ormai in pianta stabile il batterista Kenneth Kapstad, perfettamente innestato nella line-up al posto di Bent, dimissionario a metà 2005.
Sull'album rischia di pesare come un macigno la scelta politica (e apparentemente autolesionista) di immettere sul mercato esclusivamente il formato in vinile (bianco), decisione che potrebbe provocarne una diffusione limitata, anche se con le moderne tecnologie a disposizione non sarà particolarmente difficile rintracciarne in rete versioni digitalizzate.
Fra i solchi (stavolta possiamo dirlo davvero...) di "Child Of The Future" si veleggia sicuri fra divagazioni psichedeliche e muri di riff, con la band alla costante ricerca della melodie e delle armonie giuste, particolarità che ha sempre contraddistinto i Motorpsycho rispetto a gran parte dei protagonisti del rock scandinavo, spesso troppo duro e puro per la nostra sensibilità "mediterranea".
Si tratta di un disco senza sbavature, solido, tutto d'un pezzo, scolpito nella roccia, quasi sobrio, costruito con ordine e disciplina, e identificare al suo interno un brano distintivo è operazione quanto mai ardua. L'iniziale "The Ozzylot" e la title track, posta in chiusura, sono possenti rock da stadio ripieni di riff assassini, ritmiche robuste, bassi granitici e virate melodiche di incommensurabile bellezza. "Riding The Tiger", "Cornucopia" e "Mr. Victim" si caratterizzano come roventi cavalcate elettriche che, pur senza nulla aggiungere a quanto già si conosce della band, colpiscono favorevolmente sin dal primo ascolto.
"Whole Lotta Diana", come si può evincere sin dal titolo, rappresenta invece il consueto viaggio del trio di Trondheim nelle viscere di certo hard-rock molto seventies, basato su strutture complesse, che poche altre band oggi sono in grado di costruire e gestire in maniera altrettanto egregia.
L'unica pausa ci viene concessa con la rilassata "The Waiting Game", riempitivo scaturito probabilmente da tranquille registrazioni casalinghe.
A poche settimane di distanza dalla pubblicazione di "Child" ha fatto seguito un ulteriore nuovo disco del trio, "Heavy Metal Fruit", e l'analisi comparata delle due opere mostra come al solito una band che continua testardamente a rinunciare a qualsiasi tentativo di sintesi.
Prendere il meglio dei due dischi e darne alle stampe uno soltanto avrebbe potuto dar vita a un capolavoro, e invece il fiume in piena dei norvegesi continua a produrre valanghe di note esageratamente incontenibili.
Fra i due lavori, propendiamo per la maggiore fruibilità di "Child Of The Future", il quale per lo meno non si perde in lungaggini esasperanti, contenendo quasi sempre i minutaggi delle canzoni. Un gradito regalo dai magici esponenti di una terra dove per difendersi dal freddo o si bevono ettolitri di birra, oppure si sparano gli amplificatori al massimo.
22/01/2010
Side A
1. The Ozzylot (Hidden In A Girl)
2. Riding The Tiger
3. Whole Lotta Diana
Side B
1. Cornucopia (...Or Satan, Uh... Something)
2. Mr. Victim
3. The Waiting Game
4. Child Of The Future