In contemporanea con l'inaugurazione delle pubblicazioni della sua nuova etichetta personale Auetic, coincisa con il sorprendente "Marit" di Annelies Monseré, David Wenngren dà per la prima volta alle stampe un album firmato col proprio nome di battesimo anziché con uno dei tanti alias che hanno finora contrassegnato i suoi numerosi progetti passati e presenti (Forestflies, Xeltrei, Le Lendemain e quello principale, Library Tapes).
Non sembri tuttavia soltanto un vezzo il mutamento di denominazione posto in atto nel caso di questo "Sleepless Nights", essendo invece emblematico tanto per la coincidenza con l'avvio dell'attività dell'etichetta quanto per la genesi praticamente autobiografica di questo lavoro.
Lo stesso titolo dell'album e molti di quelli dei brani in esso contenuti sono infatti frutto di un'ispirazione dalla genesi del tutto peculiare, poiché "Sleepless Nights" è stato appunto composto in vari momenti tra la notte fonda e i primi bagliori dell'alba nel corso di un periodo di insonnia patito dall'artista svedese. Benché quasi tutte le composizioni non differiscano più di tanto nei loro elementi portanti da quelle delle altre opere di Wenngren, il contesto che le ha ispirate traspare non poco sia dal punto di vista delle immagini evocate, sia da quello delle modalità di utilizzazione degli strumenti impiegati.
Tra le nove tracce non mancano un paio di saggi delle tremule armonie pianistiche ha hanno caratterizzato gran parte dei lavori di Library Tapes, tuttavia qui prevalgono nettamente trame più cupe, incarnate da archi spesso stridenti e inquieti e, soprattutto, da un'elettronica adesso non più limitata al ruolo di complemento in forma di esili rumorismi, bensì elevata a funzione di costante filtro digitale, che in qualche caso trascende in qualcosa di molto prossimo all'ambient-drone.
La sensazione generale risulta quella di un lavoro la cui austerità si traduce in composizioni brevi, che descrivono un'ambience oscura e fortemente evocativa, riassunta in tappeti elettronici sui quali insistono folate di violoncello o note pianistiche sparse, non più intrise di cristallina serenità e quasi mai giustapposte a creare melodie propriamente dette.
L'insonnia di Wenngren raggiunge poi vette allucinate, inarcandosi in modulazioni rallentate di drone claustrofobici, che in "For D.N" si increspano in persistenti distorsioni, mentre "06.08, When Everything Is Quiet" descrivono alla perfezione la spossatezza della veglia notturna, fondendosi a note di piano sorde e quasi immobili. Nemmeno l'esito di questa notte insonne lascia intravedere alcun abbandono liberatorio, poiché persino l'alba che si scorge nei cinque minuti della più lunga e articolata "The Long-Awaited Sleep" rappresenta non altro che una caduta in uno stato di incoscienza ancora popolato da angosce e paure ancestrali.
Cupo, denso e tormentato come mai erano stati i dischi dei vari progetti facenti capo a David Wenngren, "Sleepless Nights" conferma la recente propensione dell'artista svedese verso una forma espressiva ben più articolata rispetto al passato, che si esprima nei più romantici florilegi orchestrali dell'ultimo "A Summer Beneath The Trees", ovvero ripieghi nell'intima e fosca incomunicabilità di molti dei brani qui compresi. A giudicare da questo lavoro e dalle esplicite dediche ad artisti affini, nonché recenti collaboratori Danny Norbury e Peter Broderick ("For D.N" e "For P.B"), si direbbe che l'ambito latamente individuabile come modern classical è in continua evoluzione e non mancherà di regalare altre soddisfazioni alle orecchie che sanno apprezzarlo senza pregiudizi, magari con gli occhi sbarrati nel profondo di una notte inquieta.
14/10/2009