La prima parte è una delle sue più efficaci personificazioni di giullare Wyatt-iano, la più densa d'epitaffi musicali e icone letterarie, in particolare per la classicheggiante "Catino blu" ("Quando il sole si abbassa ho il terrore/ dei piantoni, delle pistole, dei pali", e "Il mondo è annichilito/ forse non ha più nafta/ ed il generatore/ non può che generare", in "Idrocarburi").
Nella seconda parte si sdilinquisce dovizioso in vaudeville più elementari, con un nuovo apice, "2 Cowboy per un parcheggio" ("Ma i tuoi occhietti matti/ mi porteranno nel mainstream dell'amore spettacolare/ lassù nella top-ten/ di cazzi nostri/ senza scalette e cuba libre").
L'ultima parte è quella più psichedelica, ma soprattutto casalinga, con il rarefatto tango-style di "Labbra fredde" sorretto mirabilmente dai comprimari e da sviolinate melanconiche.
Disco di giusto comodo, non è impeccabile nel far corrispondere l'ampio ventaglio di calligrafie ad altrettanti stati d'animo; nella disomogeneità del complessino da camera che lo accompagna ha quasi un disco nel disco: Fiori a piano e violino, "Asso" Stefana a chitarra e basso, Marco Parente alla batteria assieme a Zeno De Rossi, Enrico Gabrielli a fiati e vibrafono, Danilo Gallo al contrabbasso.
(21/05/2010)