Non è semplicemente un disco il quarto lavoro di Antony And The Johnsons, ma un progetto concepito su diverse modalità espressive, delle quali la musica costituisce soltanto una delle parti. "Swanlights" è infatti anche una corposa pubblicazione che raccoglie scritti, fotografie e altre opere visuali realizzate dall'eclettico artista newyorkese; operazione quanto mai interessante, che, considerata nel suo complesso, può senz'altro offrire una prospettiva composita del messaggio ad essa sotteso, che in tal modo può essere meglio compreso e apprezzato.
Attenendoci, in questa sede, alla sola componente musicale, va subito evidenziato come questo nuovo lavoro si presenti più colorato e persino gioioso rispetto al recente e intensissimo "The Crying Light". L'immaterialità della luce resta al centro dell'ispirazione di Antony, ma stavolta si tratta di una luce caleidoscopica e positiva, che si esplica in soluzioni sonore più complesse, che accompagnano a tratti anche armonie vivaci, dal passo svelto e dalle tinte in qualche occasione prossime al soul, come quelle già profilate nel singolo di anticipazione pubblicato in agosto, "Thank You For Your Love".
L'altro elemento costitutivo della poetica di "Swanlights" è l'acqua, la cui immagine ricorre in più di uno dei titoli e dei testi dei brani: "panta rei" sembra voler intendere Antony quando invoca la purificazione elegiaca di "The Spirit Was Gone" (che indaga i misteri della vita e della morte, quasi riecheggiando "Her Eyes Are Underneath The Ground") o quando cerca rifugio nell'elemento primario nella commossa dedica ai genitori di "The Great White Ocean" o ancora nel visionario salmo di una religione surreale di "Salt Silver Oxygen".
A partire da queste tematiche, Antony tratteggia un affresco umano ed emotivo, come sempre fragile e aggraziato, eppure dotato di una varietà di sfumature che spaziano dall'ampiezza di arrangiamenti orchestrali - curati dall'immancabile Nico Muhly - all'essenzialità di solo piano e voce, come tale strettamente correlata con l'impostazione dominante del precedente "The Crying Light".
Tra questi due (relativi) estremi possono collocarsi tutti i quarantasei minuti di "Swanlights", che non mancano di offrire soluzioni più peculiari, esemplificate dagli zufoli orientaleggianti di "I'm In Love", dalla leggiadra danza degli archi di "Salt Silver Oxygen" e dalla persistenza dronica sulla quale si dipana la title track. Analogamente, le espressive interpretazioni di Antony si conformano di volta in volta ai differenti contesti, spaziando da timbriche soul a ieratiche declamazioni, mostrandosi capaci di inarcarsi in torsioni ardite ma anche di limitarsi a semplici vocalizzi e persino di ritrarsi in secondo piano nel duetto con Björk di "Fletta", nel quale l'artista islandese assume il ruolo di guida, se non altro perché il brano è cantato nella sua lingua natale.
Benché l'album risulti appunto assai variegato e presenti Antony alle prese con un impianto sonoro estremamente ricco, denota qualche pecca sotto il profilo della coesione narrativa e, soprattutto, dell'intensità comunicativa, e ciò tanto nelle interpretazioni quanto nell'efficacia melodica. Non mancano brani emotivamente vibranti (in particolare "The Great White Ocean", "Ghost" e "The Spirit Was Gone"), tuttavia troppo spesso durante l'ascolto del lavoro affiora una certa sensazione di incompiutezza, come se molti suoi passaggi fossero bozzetti di canzoni e armonie non del tutto sviluppati; sensazione peraltro confermata dallo stesso andamento del disco, che si chiude svolgendo nella cantata al piano di sette minuti "Christina's Farm" quello che nell'iniziale "Everything Is New" era stato lasciato deliberatamente in forma embrionale.
O forse è solo il ricordo, ancora troppo vicino, di "The Crying Light" a far sorgere il dubbio che "Swanlights" sia un'opera in un certo senso "minore" - per non dire affrettata, se rapportata alle tempistiche abituali - e comunque accessoria rispetto a una proposta artistica che vede Antony protagonista attraverso strumenti diversi da quelli esclusivamente musicali. Ma sia chiaro, pur non trattandosi di un album esaltante, quando si tratta di Antony è sempre un gran bel sentire.
12/10/2010