Due anni esatti dopo “A Due”, il disco che l’ha consacrata agli occhi di critica e pubblico come nuova eroina dell’alternative italico, Beatrice Antolini torna in pista con un nuovo tocco di classe, “BioY”. Alla quasi ovvia maturazione tecnica (specie nella voce, mai così profonda e vellutata), la Antolini fa accompagnare un gusto anche più esotico nella costruzione delle canzoni.
Già l’iniziale “Piece Of Moon”, una novelty spiritosa alla B52's, accorpa matti sovratoni tropicalia, in una generale ricchezza (e forse spreco) di timbri di ogni genere. “Eastern Sun” è il saggio più personale del disco, un’altalena di bossa techno e refrain industrial, con coda ipnotica. La title track è uno ska come potrebbe immaginarlo Tori Amos, con martelletti insistenti di pianoforte che pian piano mutano in elegia industriale su veli orchestrali.
Non mancano gli episodi di difficile collocazione, che di certo non giovano alla compattezza dell’opera, come “We’re Gonna Live”, una specie di omaggio poco convincente all’europop, e “Venetian Hautboy”, l’unico vero aggancio col suo passato prossimo (ma sembra uno scarto di “A Due”).
Un’autrice cristallina emerge finalmente in “Paranormal” (con synth) e “Planet” (con djembè), le novità più autentiche del disco, ballate pianistiche con un sound filamentoso apertamente votato alla tradizione delle chanteuse postmoderne di Kate Bush. Ma poi la genietta camaleontica riprende consistenza in “Mutantsonic”, sorta di rilettura al femminile della “Sledgehammer” di Peter Gabriel, e in una “Night SHD” che tenta di ripetere l’exploit di “Taiga” (la chiusa lunga di “A Due”), come quella una traduzione tecnologica della psichedelia, ma qui in un crescendo anche più assordante.
Curato e rifinito dal mix di Matteo Agosti (fianco a fianco con lei stessa, nel suo personale Big Saloon Studio di Macerata), questo disco - che per certi versi è la conclusione della transizione iniziata da “A Due” e per altri l’inizio di una nuova fase - confuso da turbe misteriose e articolato, ma anche frammentato e irrisolto, con gli schizzi sbarazzini ormai attenuati in gesti da oracolo, non abbandona la pervicacia della ricerca. Specie nel ritmo, la seconda voce della sua voce ha punte di movenze agrodolci, più che negli arrangiamenti (curati e suonati da lei stessa, con il sax di Andy dei Bluvertigo, qua e là). Disponibile anche in deluxe digifile.
28/11/2010