Curioso che, proprio mentre tutt'intorno si fa un gran parlare di rivisitazioni analogiche, nessuna fanfara annunci il ritorno sulle scene degli Isan, band che da oltre un decennio dell'utopia retrofuturista ha fatto la propria ragione sociale.
Nei loro tredici anni di attività, Robin Saville e Antony Ryan hanno condotto l'elettronica da cameretta dalla ricerca ritmica alla costruzione melodica, mantenendo intatta la loro predilezione per sonorità liquide e giocose, debitrici nei confronti dei pionieri cosmici tedeschi degli anni 70, ma sempre sviluppate con un disincanto spaziale assai raro agli inizi della loro attività.
Così, dopo ben quattro anni di silenzio dal precedente "Plans Drawn In Pencil" - intervallati dal solo album di Saville "Peasgood Nonesuch" - il duo inglese torna quasi in sordina con un nuovo disco di ninnananne sintetiche, ritmiche vintage e incastri melodici interstellari.
I cinquanta minuti di "Glow In The Dark Safari Set" tratteggiano infatti nuovamente una dimensione onirica e aliena, sospesa tra tastiere giocattolo, omaggi più o meno espliciti ai Kraftwerk e sapienti artifici idm, il tutto dominato da un'estetica da modernariato niente affatto stucchevole, anzi assai credibile rappresentazione di quella che per gli Isan è tutto fuorché una propensione dettata dal trend del momento.
È un po' il destino degli antesignani quello di non riuscire più a suscitare la dovuta attenzione al momento dell'esplosione del "fenomeno", così come quello di cominciare a disperdere parte della spinta propulsiva iniziale proprio quando se ne potrebbero raccogliere i meritati frutti.
In questo senso, "Glow In The Dark Safari Set" non può certo definirsi un album "che arriva troppo tardi", poiché, ad esempio, quando pigia il piede sull'acceleratore delle avvolgenti derive cosmiche mostra di avere ben poco da invidiare alla celebrata emotività sintetica degli Oneohtrix Point Never; tuttavia, superate le carezze della miriade di suoni sguscianti tra sibili, crepitii e pulsazioni, il disco scorre via ordinato negli accurati ceselli melodici, ma i suoi brani faticano a lasciare un'impronta ulteriore rispetto a quelle delle cangianti modulazioni analogiche o delle saltuarie incursioni ritmiche.
Se infatti l'abbraccio liquido dell'iniziale "Channel Ten" viene tradotto in versione vagamente acida da "The Axle" e i battiti idm di "Grisette" e "Catgot" scompaginano appena un po' le divertite linee guida retrò del lavoro, la sua seconda metà risente di una certa stanchezza, percepibile in particolare lungo gli oltre nove minuti di "64 Fire Damage" e nella iterativa immersione cosmica di "Slurs And Slowly". Unico spunto significativo, in questa parte, restano i vocalizzi della conclusiva "East Side V34", che paiono chiudere il cerchio retrofuturista gettando un ponte verso gli Stereolab più eterei.
Realizzato e compilato con il solito buon mestiere, "Glow In The Dark Safari Set" rappresenta una nuova testimonianza della perdurante vitalità del duo inglese, un disco che certamente appagherà il desiderio di risentirli all'opera di chi li attendeva da quattro anni; peccato che il non amplissimo respiro del lavoro potrà nuovamente precludere agli Isan quelle ribalte per accedere alle quali spesso decisivo risulta cogliere il momento o la definizione giusta.
07/07/2010