Jason Key è tornato, con le sue fiammanti fuoriserie e gli improbabili copricapi da capo tribù. Abbiamo dovuto attendere cinque anni per un suo nuovo lavoro discografico, ma ne è valsa la pena, vista la buona qualità delle canzoni contenute in "Rock Dust Light Star". Certo, i tempi di "Emergency On Planet Earth" (1993), "The Return Of The Space Cowboy" (1994) e "Travelling Without Moving" (1996) appaiono inesorabilmente lontani, ma i Jamiroquai sembrano riprendersi dai troppi lavori interlocutori che si sono succeduti da quegli ottimi primi passi. Già "Dynamite" (2005) dava i premi seri segnali di ripresa, ed oggi possiamo considerare Jason recuperato...uhm...in tutti i sensi, forte peraltro di un'eccellente band al seguito.
In questi cinque anni la band non ha mai smesso di esibirsi, e dopo aver siglato il passaggio dalla Sony alla Mercury ha iniziato a metter da parte le composizioni per il nuovo album, che si lascia apprezzare per un'attitudine "rock" più evidente rispetto al passato, palesata non soltanto nella parola che apre il titolo, ma anche (giusto per fare l'esempio più eclatante) nei riff di "Hurtin'". La matrice resta comunque sempre ben inchiodata su certi suoni dance-funk molto seventies, con qualche chitarrina in più: tutto così retrò ma tutto così dannatamente attuale.
Gli incontentabili saranno pronti a recriminare che in questi solchi non si riesca a trovare assolutamente nulla di nuovo, ma a noi spesso piace vedere il bicchiere mezzo pieno, quindi vi invitiamo a scuotervi un po' al cospetto di questa collezione di dodici nuove songs godibili e solari, ottimamente ideate e prodotte.
In "Rock Dust Light Star" troverete i Jamiroquai più classici (la title track, posta in apertura, l'irresistibile primo singolo "White Knuckle Ride", il funk iperballabile "All Good In The Hood"), quelli dall'impronta più marcatamente jazzy ("Smoke And Mirrors"), quelli che sanno creare groove da perdere il fiato ("She's A Fast Persuader"), quelli in grado di congegnare meravigliose ballad cristalline ("Blue Skies", altro azzeccatissimo singolo) o imperdibili preziosismi pop-soul ("Lifeline").
Verso il finale si affacciano reminescenze acid-jazz ("Two Completely Different Things"), puntatine jamaican style ("Goodbye To My Dancer", alcuni intermezzi nella conclusiva "Hey Floyd") e l'immancabile ballatona da sedile reclinabile ("Never Gonna Be Another").
Esiste anche una raccomandatissima edizione deluxe con una versione meno iperprodotta di "All Good In The Hood", "Rock Dust Light Star" ripresa dal vivo, i remix dei due singoli, e le bonus track "Angelina" e "Hang It Over", quest'ultima quasi un divertissement cabarettistico.
I Jamiroquai di fine 2010 mostrano meno finzioni elettroniche ed un maggior gusto di suonare strumenti "veri" (pare sia stato registrato tutto in presa diretta), per un prodotto che suona frizzante e gradevole.
Sia i puristi del funky che gli indie-snob storceranno il naso, ma son sicuro che la notte di capodanno quattro salti su queste note se li sparerebbero anche loro. "Rock Dust Light Star" è party music disgraziatamente infettiva: il divertimento è assicurato.
28/12/2010